di redazione [user #116] - pubblicato il 12 aprile 2023 ore 14:30
Quando il lockdown ha bloccato la sua attività live, Giacomo Turra ha deciso di mettere su Instagram le sue performance, trasformando prigionia in opportunità. In pochi mesi il canale è esploso fino a quota 400mila follower, in continua crescita. Oggi Giacomo collabora con artisti di fama internazionale e macina concerti in Italia, Stati Uniti, Spagna, Inghilterra, Israele, Francia e Germania.
Ventisei anni, milanese, ma cresciuto a Trento, Giacomo Turra suona la chitarra funk e R&B. Il suo successo, ottenuto in uno dei periodi più bui degli ultimi anni, dimostra che tenacia e qualità sono determinanti per emergere. La sua è una storia che può ispirare chiunque voglia trasformare la passione per la musica in professione.
Domanda: Quando hai cominciato a suonare? Cosa ti ha spinto a prendere in mano la chitarra e che chitarra era?
Risposta: Sono cresciuto in una casa piena di musica. Nessuno dei miei genitori suonava uno strumento, ma mia madre era un’insegnante di danza e mi capitava spesso di ascoltare le playlist di cassette che creava per le sue lezioni, con brani di Stevie Wonder, Jamiroquai, Ben Harper, Nick Drake e classici R&B della Motown come Marvin Gaye e i Jackson Five. Mio padre invece, così come mio nonno, era un grande collezionista di dischi. Da lui ho scoperto il mondo della musica Jazz e Fusion. La sera ci riunivamo tutti in soggiorno e lui ci faceva ascoltare dischi di Miles Davis, Herbie Hancock, Pat Metheny e Thelonious Monk. Mi piaceva molto ascoltare quella musica e con gli anni l’ho assorbita, tanto che oggi la considero parte essenziale delle mie influenze. Da piccolo mi piaceva ascoltare il jazz delle playlist di mia madre, ma non riuscivo a comprenderla, facevo fatica ad afferrarla. Tutto è cambiato quando mio padre ha portato a casa un disco dei Led Zeppelin. Non avevo mai sentito nulla del genere, era un sound completamente nuovo e volevo a tutti costi scoprirne di più. Da lì ho scoperto il mondo del blues e del rock, ho imparato ad amare Muddy Waters, Jimi Hendrix e Freddie King. Ascoltavo i loro brani a ripetizione, ero ossessionato dal suono di quelle chitarre. Così per il mio tredicesimo compleanno mi sono fatto regalare una chitarra elettrica, una Squier Stratocaster, bianca come la chitarra di Jimi a Woodstock.
D: Quali sono state le tue prime fonti di ispirazione? Hai preso lezioni o sei autodidatta?
R: Ho cominciato a suonare la chitarra da autodidatta, seguendo le melodie e jammando a orecchio sui miei dischi preferiti. Quando mio padre ha notato che il mio interesse per la chitarra cresceva mi ha iscritto a delle lezioni private di chitarra. Però facevo fatica, io volevo subito suonare le canzoni, non avevo voglia di imparare gli intervalli o le scale e ho abbandonato dopo poco tempo. A tutt’oggi so ben poco di teoria musicale, non so leggere uno spartito e quando improvviso non penso mai alle scale perché non riesco a visualizzarle sul manico, ho solo l’orecchio a guidarmi. Per questo motivo ascolto e trascrivo tantissimo per imparare nuovi lick da aggiungere al mio vocabolario. Guardo registrazioni di concerti non solo di chitarristi, ma anche sassofonisti, trombettisti, pianisti e bassisti.
D: Quanto tempo dedichi alla musica ogni giorno?
R: La musica è il mio lavoro a tempo pieno, ci dedico tutta la giornata, tra prove con la band, produzione di brani per altri artisti e arrangiamenti originali. Lavoro anche molto sui social come brand ambassador per aziende italiane ed estere del settore chitarre, bassi, pedali, amplificatori, microfoni, schede audio e altri strumenti, creando contenuti per i loro prodotti. Mi diverte molto, è un processo creativo in cui posso gestire ogni aspetto liberamente e guadagno anche bene. E in più ricevi strumenti stupendi senza doverli pagare!
D: Quali sono i tuoi musicisti di riferimento?
R: Per la chitarra solista George Benson, John Scofield, Larry Carlton e Issei Noro della band giapponese Casiopea. Per la chitarra ritmica Prince, Nile Rodgers e David T. Walker.
D: Parlaci dei tuoi strumenti. Quali e quante chitarre hai, quali sono le tue preferite?
R: Lavorando come endorser per molti brand ricevo in media due o tre strumenti a settimana, ormai ho perso il conto. Suono prevalentemente elettriche. Tra i brand con cui lavoro c'è D’Angelico, azienda di New York fondata da un italo americano negli anni 30. Sono chitarre prevalentemente hollow body, molto eleganti, ispirate alle archtop jazz degli anni 50, con un design retrò, colori pastello e linee incredibili. Loro collaborano con Seymour Duncan e creano configurazioni di pickup molto particolari e versatili, ogni volta che ne prendo in mano una mi sento subito ispirato a comporre o a improvvisare su un brano.
Dalla scorsa estate collaboro anche con Kiesel Guitars, chitarre custom prodotte in California di fascia costruttiva più alta, mirate a chitarristi professionisti. Nonostante in passato non fossi mai stato attirato dalle chitarre moderne, quando ho preso in mano il loro modello in stile Stratocaster, la Delos, sono rimasto sbalordito dalla velocità e comodità del manico, mi sembrava di saper suonare meglio. Ho da poco realizzato la mia linea di pickups signature insieme a Mama Pickups, con i quali abbiamo sviluppato un modello con split coil (per avere sia humbucker sia single coil) e un design in gold foil con cui si ottengono un attacco e un colore sulla fasce medio-alte davvero incredibili.
D: Quanto ritieni che influisca la qualità dello strumento sul tuo playing e il tuo suono?
R: Sono un grande fan del suono pulito, utilizzo spesso elementi ritmici e percussivi sulla chitarra e mi piace sentirne la voce organica. Per questo è molto importante che risuoni molto, abbia un bel sustain. È importante anche un manico veloce e maneggevole, visto che ho le mani abbastanza piccole.
D: Racconta il tuo setup in funzione delle diverse situazioni in cui suoni.
R: Per il materiale destinato ai social vado dritto in scheda audio e registro su Logic Pro, utilizzando gli amp simulator della Neural DSP, di cui sono grande fan. Registro il video con l’IPhone, poi una volta che ho la take che mi soddisfa unisco audio e video con Final Cut. Raramente mi capita di microfonare l’amplificatore, ma quando lo faccio uso il mio DV Mark “Raw Dawg” Eric Gales Signature. Per i live giro con una pedaliera abbastanza semplice: Optical Compressor della SourceAudio, il mio Signature SupaFunk Envelope Filter della SolidgoldFX, un Boss Harmonist che uso come octaver, Cornerstone Imperium (stupendo double overdrive italiano), Boss Dimension Chorus, Pigtronix Octave Fuzz, Strymon Blue Sky Reverb e Blackstar Amped 1, che mi consente di avere un amplificatore direttamente in pedaliera ovunque vada.
D: C'è uno strumento dei tuoi sogni? Se sì, qual è?
R: Ho sempre desiderato una Gibson ES-125 TC, prodotta tra il 1960 e il 1970. Era una variante della ES-125 con un solo P90 al manico e il body con il cutaway. Era una serie della Gibson relativamente economica rispetto ad altre serie, ma mi ha sempre affascinato per il suo timbro caldo e il suo design estremamente essenziale. Ho avuto modo di trovarne una e di provarla da un amico ad Austin, Texas, a febbraio del 2022. Era disposto a venderla, ma non potevo portarla con me per tutto il viaggio negli USA.
D: In quale situazione hai più gusto a suonare?
R: Da quanto il mio account Instagram è esploso durante la quarantena ho avuto l'opportunità di suonare insieme alla mia band in festival e club in Olanda, Stati Uniti, Italia Inghilterra e Israele, ritrovandomi a condividere il palco con alcuni dei miei più grandi idoli musicali, tar cui Candy Dulfer, Incognito, Joss Stone, il batterista di Stevie Wonder e Cory Wong. Niente mi appaga di più che suonare davanti ad un pubblico che apprezza la musica e balla.
D: A cosa stai lavorando in questo periodo?
R: Ho in produzione due nuovi brani originali, registrati tra Dallas e Brooklyn nel 2022 con la mia band mentre eravamo negli USA. Inoltre ho pronte due collaborazioni internazionali insieme ad alcuni incredibili artisti. La prima canzone, Closer, in uscita il 21 aprile, è un brano che ho registrato insieme al mio grande amico e bassista milanese Gabriele Costa e al cantante americano Nic Hanson. Il brano ha una direzione più “pop” rispetto ai miei lavori precedenti, più incentrati sulla chitarra e sulla parte strumentale, sono davvero curioso di vedere come il pubblico reagirà a questo cambio di approccio.
D: Il clip che ti rappresenta di più?
R: Il video del riff che ha dato vita al mio primo singolo originale “Get Into The Groove”, che ora conta più di mezzo milione di streams su Spotify e oltre 3 milioni di views su Instagram. Penso che rappresenti molto bene il mio approccio compositivo sulla chitarra, che prende in prestito molte tecniche dal basso come lo slapping e il plucking, applicate ad un contesto nuovo.