Il nuovo arrivo, il più inaspettato. Il più sorprendente e forse il più definitivo. Il tutto nasce da considerazioni che mi hanno fatto attenzionare un annuncio in internet, presso un negozio di zona.
Ero un parziale soddisfatto della Fender Telecaster Professional II Olimpic White, voluta e ambita, provata e acquisita con sacrificio recentemente. Niente da dire sui legni di prima scelta, la sensazione solida, l'ineccepibile sensazione di qualità e l'emozione ad averla in braccio (il chitarrista medio è un malato incosciente di brand e storia, spesso...) , ma i pickup non mi soddisfacevano appieno (e cambiarli su questa caratteristica Telecaster lo consideravo sbagliato), malgrado lo split e la loro ricercatezza, che me l'avevano fatta invece acquisire. Perché la consideravo la chitarra più completa di tutte, per farci praticamente qualunque genere, alla bisogna anche gli estremi. Ma a oggi al secondo posto nella mia personale graduatoria generale.
Così tanto per provare, la mia mente si avvicina all'idea di cederla per quell'annuncio: una Silver Sky colorazione Golden Mesa, che costa praticamente più di una tanto acclamata Gibson Standard, ma meno o la metà dell'importo per una Custom Fender con la stessa qualità, se vogliamo paragonarla.
L'idea della differenza da scucire non mi ha accarezzato fin da subito, e così anche se il radius e l'uscita dei pickup sono diversi, per avvicinarmi all'idea vado a provare la versione SE che trovo qua vicino e ne rimango molto piacevolmente colpito (e consiglio di provare).
Passano così i giorni, e dopo innumerevoli recensioni online e video su YouTube mi decido. Con in macchina gli album Continuum e Paradise Valley del buon Mayer vado da lei con la Telecaster a fianco che dorme nel suo sarcofago, motivato dal fatto che avevano in negozio uno dei pochi Marshall Siver Jubilee 2525h in Italia, testatina che ero intenzionato a prendere a prescindere, poiché cercata da tanto, prima che venga venduta ad altri.
Mi trovo così in campagna, in un Valdarno placido di sabato mattina dal cielo bello chiaro, calmo, e il negozio è praticamente a mia disposizione. Ahi. Perché sulla soglia so già che le considerazioni che ho fatto a casa, la musica che ho ascoltato in macchina e il negozio che mi si apre a braccia aperte mi faranno un brutto/piacevole scherzo.
Alle 12:00 sono già a casa e la PRS ha preso il posto in camera, spodestando la "vecchia" Telecaster e qualunque altra chitarra di casa.
Sono ancora stordito per la carta di credito che ha lavorato in mattinata che mi arriva la considerazione di aver preso non solo una signora chitarra (con PRS non sbagli mai, sia in versione SE sia USA), ma probabilmente LA chitarra.
Quella che nasce da un'idea di Leo negli anni '50, ma portata alla (per me) perfezione nelle mani di Paul e idee di Mayer.
Non è una mera Strat-style, non ha l'ambizione di esser come Suhr o Tom Anderson e di rivaleggiare su quel terreno.
Il chitarrista medio deve pensare di avere una chitarra nuova, in molti aspetti, come può esser in parte forse una particolare versione di Les Paul con i P90, e che lo è solo all'occhio umano. Come questa PRS made in Maryland, una Core che ha l'aspetto di una Stratocaster.
Dalle meccaniche autobloccanti al ponte, quello che senti è solidità meccanica. Il manico con un radius di 7,25 (io che amo le Jackson e il radius bello moderno), comodo, che si lascia tenere, accarezzare, suonare, forse grazie ai tasti sottilissimi, inspiegabile quanto geniale.
Il palissandro di una qualità marmorea, lo scavo al body per gli ultimi tasti e poi... i pickup. La genuina vericità del suono Stratocaster anni '60 con la morbidezza di un P90. Questi sono secondo me i pickup signature di Mayer.
Il suono distinguibile delle conque posizioni è tutto una sorpresa, funzionali per qualunque cosa mi venga in mente. Le manopole del tono e del volume sono clamorosamente morbide, (quasi finte, che non avendo resistenza possono dare l'impressione di esser molto cheap), ma precise. Arrivare a fare un muscoloso palm muting alla bisogna non è un problema, così il blues o suonare pop. Uno strumento completo.
La chitarra così mi sorprende, e mi appaga sulla cifra appena spesa nella totalità della questione permuta Telecaster, ma che ammetto ancora mi inebetisce. Ha inoltre il pregio del battipenna, per me una delle grandi invenzioni di Leo, che permette di intervenire tranquillamente sulla completa elettronica della chitarra, o cambiarla. Ma qui, in questa PRS sarebbe un sacrilegio.
Così la guardo appesa in camera, sorniona e soddisfatta di avermi stupito, stordito e sorpreso. E con la classica, ma comoda, custodia morbida che PRS fornisce anche su chitarre di questa fascia che riposa nel ripostiglio.
Se vi capita provatela, ma chiudete gli occhi in quel mentre. Non avete una Stratocaster, se proprio volete, una Stratocaster 2.0. Ma avete una Nuova chitarra elettrica. Una PRS Core con battipenna, manico avvitato e tre single coil. |