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I pro ti spiegano perché il basso a plettro può ampliare i tuoi orizzonti
I pro ti spiegano perché il basso a plettro può ampliare i tuoi orizzonti
di [user #116] - pubblicato il

Suonare il basso a plettro è un approccio tecnico che, ingiustamente, è spesso ritenuto riduttivo o più semplice, rispetto alla tradizionale e maggiormente diffusa tecnica a dita. Tanto che, in un certo immaginario, il plettro sembra limitare il basso esclusivamente a contesti rock particolarmente aggressivi o essenziali, punk e metal.
Invece, come del resto ogni tecnica, anche il basso suonato a plettro può fiorire ed esprimersi in ogni contesto stilistico, ampliando possibilità sonore, esecutive ed espressive. Così per sviscerare questo argomento, abbiamo interpellato il nostro amico Marco Martini di Plick The Pick, nuovo brand italiano di plettri che nel suo catalogo ha due modelli espressamente pensati per il basso elettrico. Marco ci ha messo in contatto con una manciata di bassisti, selezionati tra i suoi endorser.
Quattro musicisti, tutti molto giovani, che sono professionisti affermati e - in contesti musicali e stilistici differenti - sono autentiche eccellenze di del basso elettrico.

I pro ti spiegano perché il basso a plettro può ampliare i tuoi orizzonti
Foto di Annapaola Martin

Andrea Lombardini
Andrea Lombardini è un musicista versatile che spazia dal jazz contemporaneo del duo The Framers all'alternative rock dei progetti Bunuel e I Fiumi. Artista Ibanez, Andrea è attivo anche come didatta e produttore musicale.

Accordo: Com'è nata la tua collaborazione con Plick The Pick che ha portato alla creazione e messa a punto dei plettri per basso?
Andrea Lombardini: Suono a plettro da quasi vent'anni. È un approccio tecnico tra i miei favoriti.
Eppure, in questo ampio arco di tempo, non ero mai stato pienamente soddisfatto dei plettri trovati in commercio. I plettri sono oggetti tanto semplici quando importanti nella gestione e nascita del suono. Quando durante una fiera musicale ho scoperto e provato Plick The Pick, sono rimasto entusiasta delle innovazioni tecnologiche che proponeva e inseriva all'interno dei plettri. 


A: Spesso i bassisti si accontentano di utilizzare il meno peggio che trovano tra i plettri per chitarra...
AL: Quando utilizzi sul basso dei plettri nati e pensati per chitarra, incorri in due tipologie di problema.
Il primo sono le dimensioni: sul basso, un plettro per chitarra rischia di essere spesso sottodimensionato.
L'altro è nelle punte: le punte dei plettri pensati per la chitarra offrono uno stacco netto sulle corde sottili ma sul basso non offrono una risposta soddisfacente. Tanto, da accorgermi che i plettri che preferivo erano quelli che - dopo qualche ora, giornata di utilizzo - iniziavano ad avere la punta smussata.


A: E dei plettri per basso presenti sul mercato cosa non ti piaceva?
AL: I plettri per basso, il più delle volte, sono dei grandi triangoloni scomodissimi.
Più il plettro è grande, più ti trovi tra le dita, nella mano, una grande massa di materiale: c'è molta inerzia.


A: Cosa ti ha colpito di Plick The Pick?
AL: Le innovazioni. La prima era la tridimensionalità.
Il fatto di essere creati in fusione (e non tagliando lastre di plastica o altro materiale) permette di conferire al plettro forma ed ergonomia che assecondano tutti gli assi di sviluppo della gestione e mobilità del plettro. Quindi, per esempio, possono esserci diversi spessori in punti differenti del plettro. Poi c'è la torsione del plettro; l'innovazione forse più significativa portata da Plick The Pick
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I pro ti spiegano perché il basso a plettro può ampliare i tuoi orizzonti

A: Presentaci il Fat Ass, primo plettro per basso del catalogo Plick The Pick...
AL: Il Fat Ass è un plettro pensato da un bassista espressamente per le corde del basso.
Il primo tratto che lo caratterizza è la forma, un po' più grande del classico plettro a goccia ma senza risultare eccessivo. Semplicemente ha questa parte finale - da cui il nome - più larga, più grande; questo garantisce una presa migliore nell'impugnatura.


A: Come hai pensato la punta di questo plettro?
AL: Ho voluto avesse un profilo non acuto come un plettro per chitarra ma più smussato, più rotondo che ricordasse la punta di un plettro leggermente logorato dall'utilizzo. Questo consente uno stacco sulla corda più fluido, più morbido. Ovviamente senza rinunciare all'attacco netto che ci piace e ci serve.

A: Come tutti i plettri Plick The Pick presenta una caratteristica torsione...
AL: Sì, c'è quella peculiare torsione che rende la forma del plettro simile a un'elica. È l'aspetto decisivo, che giova alla presa tra le dita e aiuta l'ergonomia. Perché le nostre dita non sono piatte ma arrotondate e con questa forma la presa avviene in maniera naturale. Però ho voluto che su questo primo modello questa torsione fosse comunque lieve.

A: Perché?
AL: Volevo che i vantaggi portati dalla torsione fossero garantiti ma al contempo che il feeling nell'impugnare il plettro fosse immediato, naturale. Non dovevano esserci difficoltà, traumi d'adattamento, nel passare da un plettro normale al Fat Ass.

A: Di che materiale è composto?
AL: Ho testato tutti i materiali disponibili, settando i test che facevo su due fattori. Quello timbrico - che suono un tale materiale conferiva all'attacco sulle corde - e l'usura, la resistenza del plettro.
Il materiale che ha offerto le prestazioni migliori è stato il nylon, materiale non a caso tra i più utilizzati da tanti bassisti sui plettri, sia in studio che live.
Plick The Pick​ è riuscita a scegliere e reperire anche un tipo di nylon molto resistente all'usura rispetto ai plettri normalmente in circolazione. Il Fat Ass ha un'eccellente durata, cosa non da poco per un plettro.


A: È un plettro molto spesso?
AL: Lo spessore è di 0,8 mm sulla punta per poi diventare, verso il centro e verso la presa, via via più spesso. Un aspetto che garantisce a livello tecnico e stilistico un utilizzo universale; il Fat Ass è un plettro pensato per offrire sul basso il massimo in termini di versatilità: soul, funk, jazz ma anche rock o metal. Per passare da Paul McCartney a Lemmy dei Motörhead, da Steve Swallow a Carol Caye.

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A: Il secondo plettro per basso della linea di Plick The Pick è il Propeller. In cosa si differenzia?
AL: Se il Fat Ass doveva essere il plettro universale per basso, ero dell'idea che servisse anche un plettro in cui le caratteristiche innovative di Plick The Pick fossero estremizzate.
Il primo aspetto è la torsione che nel Propeller è estremamente elevata, tanto da offrire la sensazione che il plettro si fonda tra pollice e indice. Con la conseguenza di una presa saldissima, estremamente avvolgente e comoda.


A: Cambiano anche le dimensioni?
AL: Nel Propeller le dimensioni sono più contenute, mantenendo però la forma a goccia. Lo spessore è più uniforme: la punta è di 0.88 e, man mano che si sale verso la spalla, diventa solo leggermente più spesso. Credo sia l'unico plettro di Plick The Pick che ha uno spessore praticamente uniforme fino alla fine. Aspetto che - tra l'altro - rende anche la parte più arrotondata, quella della spalla, utilizzabile per plettrare.

A: A che tipologia di bassista lo consiglieresti?
AL: Esasperando l'aspetto tecnologico del plettro, si agevola e favorisce un approccio altrettanto tecnico in chi suona. Il Propeller, che è sempre in nylon, è destinato a chi cerca un controllo totale del plettro e della gestione meccanica della plettrata. Offre realmente una articolazione eccezionale sullo strumento.

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Foto di Andrea Brusa

Silvia Ottanà
Una delle più note turniste della scena pop italiana. Tra le collaborazioni Nek, Tommaso Paradiso, Emis Killia, Lorenzo Fragola, artisti nei cui tour Silvia si alterna tra basso e synth. Tante le esperienze televisive da Sanremo a Chiambretti Grand Hotel.

Accordo: Tu sei una bassista che suona prevalentemente a dita e che ricorre al plettro per specifiche esigenze di suono, tecnica e repertorio. Ci aiuti a capire quando per te il plettro diventa "una scelta obbligata”? 
Silvia Ottanà: È una scelta fatta in base agli equilibri del brano. Il basso è uno strumento molto delicato da questo punto di vista: a volte la differenza tra una linea di basso funzionale e una che non funziona è sottile, fatta di piccoli cambi di dinamica, suono. Il plettro offre la possibilità di aumentare l’attacco e di conseguenza la capacità del basso di “bucare” il mix in maniera totalmente diversa. Sono valutazioni che spesso si fanno anche in maniera istintiva; ma, dato che la resa finale del suono del basso la si ha solo nel momento in cui lo si sente insieme al resto della band, potrebbe essere una scelta presa anche in un secondo momento. 

A: Ci sono dei dettagli esecutivi o di impostazione che hai curato particolarmente per affinare la tecnica del plettro?
SO: Sì, nel complesso il lavoro maggiore ha riguardato e riguarda tutt’ora la costanza del suono e il timing della plettrata. La postura, l’inclinazione di tutte le parti del braccio e del plettro si riflettono in cambi di suono importanti! Così, tutte queste variabili devono essere gestite e sfruttate per avere il suono di cui si necessita in ogni specifica situazione. 

A: Quando utilizzi il plettro, modifichi alcuni settaggi di amplificatore, pre o pedali?
SO: Sì, spesso faccio delle modifiche sia di eq che di volume

A: Secondo te, in ambito pop, chi sono dei bassisti che si sono distinti con la tecnica del plettro?
SO: Ci ho pensato un po’ e mi sono resa conto che non riesco a dividere mentalmente i bassisti tra plettro e dita; quindi, risponderò uno scontato ma intramontabile Paul McCartney. 

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A: Cosa cerchi in un plettro per basso?
SO: Più che altro cerco un plettro che non possa essere perso! (Risate NDR)
Scherzi a parte, ho sempre usato forme standard a goccia e giocato più sullo spessore/materiale. La forma dei Plick The Pick​ mi piace molto perché dà stabilità alla presa. A volte, nei live ci si rende conto di dinamiche che a casa o in sala prove sfuggono: cambi veloci da synth a basso o l’eccessivo caldo che fa scivolare via il plettro, sono un esempio. Avere il plettro con una forma che dà più stabilità, permette di avere una sicurezza maggiore sullo strumento. Stabilità che si traduce in sicurezza sonora e meno stanchezza.

A: Tra i tantissimi artisti con i quali hai suonato (Nek, Tommaso Paradiso, Francesco Sarcina...), ti ricordi qualche pezzo suonato a plettro particolarmente impegnativo?
SO: Ricordo piuttosto situazioni in cui era fisicamente difficile suonare: vuoi per il caldo esagerato che faceva scivolare via il plettro, vuoi per il freddo che mi faceva perdere la sensibilità alle mani, tanto da non essere più neanche sicura di averlo ancora!
Oppure l’ansia dell’estate scorsa: man mano che passavano le date di un tour che stavo facendo, vedevo i plettri diminuire nella mia scatolina... E non avevo in previsione di tornare a casa per diverse settimane. Non sono una che se la mena: ma quando mi abituo ad uno spessore o marca di plettro, trovo scomodo riassettarmi in corsa. Il backliner di allora potrebbe confermare che non ho mai fatto una piega quando sono saltate saldature al basso, pedali bruciati, tasti del Moog che misteriosamente smettevano di funzionare; ma dovevate vedere la mia faccia quando mi ha dovuto dire che erano finiti i miei plettri!


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Foto di Elena Barison

Luca Nicolasi
Bassista rock, verace e preparato, Luca si è specializzato nell'utilizzo del plettro sul basso elettrico.
Luca è il bassista de Gli Atroci e ha suonato e collabora con Beatrice Antolini, Queenmania Official, Qvintesseceband

A: Come scegli un plettro per basso? Che requisiti deve soddisfare? 
Luca Nicolasi: Ne ascolto principalmente il suono, plettri diversi hanno caratteristiche timbriche sorprendentemente differenti tra di loro e possono adattarsi a diversi generi musicali e stili interpretativi. 

A: Che caratteristiche deve avere un brano per convincerti che lo suonerai a plettro, piuttosto che con un playing tradizionale a dita?
LN: Non saprei indentificare delle caratteristiche perchè è diventata una scelta che faccio d'istinto. Di primo acchito, pensi al plettro per brani energici, rock, metal; ma, spesso, il plettro è la mia prima scelta in contesti più groovy: come il funk, new soul o addirittura in morbide ballad. 
Sai, il suono è l'elemento principale e prioritario: è l'idea del suono che mi serve che sposta le mie scelte in ogni singolo elemento della catena; dallo strumento, alla tecnica esecutiva.


A: Suggerisci a un bassista un paio di brani da studiare per farsi le ossa con il plettro...
LN: Il primo brano che mi viene in mente è sicuramente "High Voltage" degli AC/DC, una linea di basso semplice ma articolata: ci sono tante sfumature di suono, palm muting, legati, un timing incredibile... Insomma, Cliff Williams ha sfornato un vero Bignami per la nobile arte del picking sul basso!
Poi, "London Calling" dei Clash è un'altra linea di basso sui generis; inizia con un tema suonato dal basso, dove senti che Paul Simonon ha una pronuncia con un forte personalità. Provare a riprodurre il suo suono è sicuramente una bella sfida!
Chiuderei la lista con "Eurocrime!" dei Calibro 35, uno dei brani più divertenti, ma allo stesso tempo tra i più impegnativi che mi sia capitato di affrontare. Luca Cavina impone il plettro in un groove sincopato funk serrato che sarebbe un territorio in cui il fingerstyle la fa da padrone.  In una parte del genere, la scelta della giusta pennata può fare davvero la differenza


A: Esistono metodi, percorsi di studio o esercizi per affinare questa tecnica? 
LN: La bibliografia dei metodi specifici per basso non è molto ampia, citerei PLECTRUM TECHNIQUE FOR BASS GUITAR di Stuart Clayton, ma nel mio caso specifico preferisco affrontare repertori diversi. Lo studio di cover ci permette di confrontarci con molteplici stili e tecniche, mi piace provare ad immaginare come una parte sia suonata codificandola dal suono del disco. 

A: Quali sono stati gli aspetti tecnici e musicali sui quali hai lavorato di più per costruirti una tecnica di plettro solida?
LN: Altrettanto stimolante per me è stato confrontarmi con le richieste degli artisti e dei produttori in studio di registrazione per la realizzazione di brani originali. Una tecnica esecutiva ad hoc può essere l'elemento determinante per dare una forma concreta alle idee.
Mi appassionano gli esperimenti “da laboratorio” soprattutto con l'ausilio delle registrazioni in Home Recording che mi permettono un ascolto critico delle parti da studiare e soprattutto un A/B test tra le varie esecuzioni. Diciamo che ho percorso un via empirica, ma che ha consolidato alcune idee didattiche che ripropongo agli allievi che si interessano allo studio del plettro.


A: Quando utilizzi il plettro, modifichi alcuni settaggi di amplificatore, pre o pedali?
LN: In linea di massima cerco di tenere dei settaggi che siano comuni a tutte le tecniche che utilizzo: mi piace gestire suono e dinamiche a monte, curando l'emissione e l'esecuzione. Ovviamente il tutto con i dovuti accorgimenti, in funzione dell'arrangiamento e delle richieste dell'artista.

A: Cosa ti piace dei plettri di Plick The Pick​?
LN: Il Fat Ass è un plettro ben bilanciato con un attacco consistente che fa sentire il peso di ogni singola nota, mentre il Propeller è leggermente più morbido con un angolazione più marcata, il che lo rende più brillante ed estremamente performante nella parti veloci.
Un altro plettro Plick The Pick​ che utilizzo molto è lo Street. Nasce per la chitarra ma, che grazie alla punta concava, permette di mantenere il plettro parallelo alle corde a qualsiasi inclinazione del polso. Questo lo rende micidiale sui palm muting e sulle ritmiche serrate, rendendo il basso un corpo unico con il kick della batteria.


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Foto di Daniele Mora

Caterina Kaj Dolci

Oltre a essere la bassista della nota punk band al femminile Bambole Di Pezza, Caterina è un'artista indipendente che scrive e produce l musica originale nel suo progetto dada sutra, tra rock sperimentale e new wave.

A: Quali sono stati gli aspetti tecnici e musicali sui quali hai lavorato di più per costruirti una tecnica di plettro solida?
Caterina Kaj Dolci: Per me, la prima cosa è stata cercare un suono che mi soddisfacesse, cosa che poi si riflette sugli aspetti più propriamente tecnici. Non mi piace che si senta troppo l'attacco del plettro, quindi ho lavorato per ottenere un suono più caldo e togliere la "plastica". 
A livello di repertorio, quando sono entrata nelle Bambole di Pezza, mi sono trovata a fare pezzi più veloci rispetto a quelli che suonavo prima e che per mia inclinazione suonerei, cosa che ho trovato molto utile perché tempi diversi obbligano a livelli diversi di zoom sui dettagli: quindi magari sacrifichi l'espressione ma impari davvero a tenere gli accenti al posto giusto.

 
A: Dopo aver affinato la tua tecnica a plettro nel repertorio delle Bambole di Pezza, l'hai integrata anche negli altri repertori che affronti? Magari in certi casi preferendola al playing tradizionale a dita usavi prima?
CKD: Sì, sto suonando anche pezzi di dada sutra, il mio progetto solista, con il plettro. È un progetto dove sperimento molto: più possibilità sonore ho, più sento di arricchirlo. Poi ho un basso acustico che suono raramente live ma mi piace molto perchè sono fan dei Violent Femmes e di Brian Ritchie. Scoperto il plettro, ho capito che ho perso anni della mia vita a cercare di suonarlo con le dita! 
 
A: Quando utilizzi il plettro cambi qualcosa nella regolazione di amplificatore e pedali?
CKD: Credo di differenziare in base al suono che cerco, più chiaro e tagliente o più tondo e scuro. Non cambio l'equalizzazione dell'amplificatore di solito, ma se ho il basso Jazz preferisco usare il plettro tenendo più alto il volume del pickup al ponte; invece, enfatizzo il pickup al manico e tengo i toni più chiusi quando suono con le dita.

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A: Come scegli un plettro per basso? 
CKD: All'inizio pensavo che sul basso bisognasse usare i plettri "da basso", spessi, rigidi e belli grossi. Poi Andrea Lombardini me li ha criticati e allora ho smesso. In realtà, ho capito che anche sul tipo di plettro mi piace sperimentare con diversi materiali e forme. Con i Plick The Pick​ effettivamente mi trovo bene proprio con i modelli "da basso": sono fatti per conformarsi alla tecnica!

A: Quale preferisci?
CKD: Uso entrambi. Più spesso il Propeller sui pezzi delle Bambole di Pezza perché è un po' più agile, mentre mi piace il Fat Ass che ha un timbro più caldo sui pezzi dada sutra.
 
A: Dicci un pezzo per innamorarsi del basso suonato a plettro...
CKD: Il primo pezzo su cui ho iniziato a suonare col plettro è stato "Poptones" dei PIL: secondo me è ottimo perché non è troppo veloce, la ritmica è tutta dritta e quindi fa lavorare sull'alternanza delle pennate. E poi, si muove su tutte e quattro le corde.
andrea lombardini caterina kaj dolci interviste luca nicolasi plettri plick the pick silvia ottanà
Link utili
Sito Plick The Pick
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