Nuda, cruda e uno spasso: in prova la Strat di Tom DeLonge
di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 02 agosto 2023 ore 16:30
La Stratocaster dei Blink 182 torna in edizione limitata: un solo pickup Seymour Duncan, finiture pastello e costruzione messicana, vi raccontiamo in video la Limited Edition di Tom DeLonge per il 2023.
Sono i primissimi anni 2000, le sonorità festose e arrabbiate al tempo stesso di tutto un filone di punk rock californiano fanno da colonna sonora a un’intera generazione di teenager, venuti su a suon di MTV e American Pie. I Blink 182 sono sulla cresta dell’onda, e in ogni videoclip si può vedere Tom DeLonge con al collo una varietà di Fender Stratocaster. Tutte diverse nei colori, tutte identiche per dotazione: appese a una tracolla lunghissima, hanno un solo humbucker al ponte, di leva del Tremolo manco a parlarne.
Si tratta di chitarre sui generis per chi è abituato alle Fender fatte di wiring elaborati e dell’iper-versatilità che l’enorme catalogo di casa all’epoca sembra voler imporre.
Poi l’intuizione: farne un modello signature, da offrire su più fasce di prezzo. La Stratocaster di Tom DeLonge durerà poco in produzione, perché di lì a breve il chitarrista passerà tra le file Gibson ma, quanto è vero che il primo amore non si scorda mai, anche lui torna sui propri passi e due decenni dopo, con un nuovo album e un tour in pieno svolgimento, riabbraccia Fender. Dapprima i segnali sono quelli di svariate Starcaster portate sul palco, ma già all’orizzonte c’è chi vede sicuro il ritorno della cara vecchia Strat.
E così è: nell’estate 2023 la notizia è ufficializzata, e ora la Fender Stratocaster signature di Tom DeLonge è nuovamente in catalogo, una serie limitata su cui abbiamo messo subito le mani.
La liuteria
Non una vera e propria reissue, ma un chiaro tributo all’epoca d’oro dei Blink, la Stratocaster riprende estetica e caratteristiche principali della signature di inizio anni 2000.
Su quella in prova, l’immancabile body in ontano è avvolto in una colorazione Daphne Blue, ma sono disponibili anche Black, Surf Green e Graffiti Yellow.
Classico è anche il manico in acero, con un profilo Modern C e con tastiera in palissandro su cui sono seminati 21 tasti medium jumbo su un raggio di 9,5 pollici. Una suonabilità tipica insomma, che fa sentire subito a casa i seguaci della firma californiana.
La finitura satinata crea un manico scorrevole, caldo sotto la mano e agevole, ma non “da corsa”. Complice la curva della tastiera e il setup di fabbrica con corde “basse ma non bassissime”, è evidente che la preferenza dello strumento è sgranare accordi, arpeggi e pompare palm mute senza perdersi troppo in virtuosismi.
L’hardware
In cima al manico, una grossa paletta in stile anni ’70 riporta in punta l’indicazione della Deluxe Series e monta un set di meccaniche in stile vintage, interamente in metallo con alberello sottile.
La tenuta è ottimale, sicuramente complice anche il ponte Hardtail. Questo monta sellette moderne a blocco in sostituzione a quelle leggermente sagomate dell’edizione originale. È una delle poche piccole differenze tra i modelli, ed è un accorgimento senz’altro gradito per chi intende affrontare lunghe sessioni col palmo poggiato duro contro il ponte e non ama la sensazione ruvida delle sellette vintage o similari.
L’elettronica
Macchina da riff senza troppi giri di parole, la Strat abbatte ogni concetto di complessità e flessibilità timbrica affidandosi a un unico pickup. Si tratta di un Seymour Duncan Invader controllato da un solo potenziometro per il volume.
L’humbucker è potentissimo, l’output considerevole trasforma in distorsioni anche gli overdrive meno violenti e può non risultare facilissimo tirare fuori un clean cristallino. La vaga saturazione è sempre in agguato, e la compressione naturale che il pickup porta con sé dà costantemente l’impressione di avere a che fare con un suono portato al limite, grosso, pieno e definito. Tutto senza suonare affatto spento né troppo improntato sui medi, perché la brillantezza non manca e il treble-bleed permette di conservarla tutta anche durante il roll-off del volume: ottima notizia per chi preferisce dosare suoni lead, crunch e puliti affidandosi al solo potenziometro sullo strumento. Per chi si è formato su una Stratocaster convenzionale può disorientare la posizione della manopola, spostata all’incirca laddove una comune Fender alloggia il selettore dei pickup, ma farà la felicità di chi è abituato a “zappare” con più energia sulle corde e si trova spesso i controlli tra i piedi. In un approccio come quello di DeLonge, la scelta è quanto mai azzeccata.
Ha senso?
L’eccitazione per il ritorno di un modello classico e quasi introvabile come la Stratocaster DeLonge Signature si è vista presto affiancare dal coro dei detrattori che vedono in una chitarra così minimale uno strumento limitato e dal prezzo ingiustificato, rendendo necessarie alcune osservazioni in merito.
Che la DeLonge sia una Stratocaster molto focalizzata sul piano espressivo rispetto agli altri modelli in catalogo è fuori discussione. Persino i sostenitori della versatilità negli strumenti a pickup singolo dovranno ammettere che un Invader non è proprio un campione di malleabilità, e sarà difficile pensare che qualcuno possa comprare una sei-corde del genere per farci altro che non sia rock, punk o metal. Con questa premessa, le altre caratteristiche costruttive acquistano perfettamente senso: è una chitarra ben fatta, ben regolata già alla fabbrica, con un’ottima elettronica e con un hardware solido, capace di offrire un sound ben preciso che nel resto del catalogo non è ottenibile con facilità.
Il carattere della DeLonge è forte e, come ogni chitarra del genere, non deve incontrare necessariamente i gusti di tutti. Però, quando capita tra le mani di un chitarrista con le idee ben chiare, regala grosse soddisfazioni. Tutto per un prezzo perfettamente in linea con il resto della produzione messicana.
E poi, la nuova incisione sulla placca del manico è letteralmente adorabile.