Poco tempo fa di chiarimenti sulla possibilità di competere di una cassa per chitarra di tipo FRFR attiva GR Guitar da 300 watt, avente uno speaker da 12 pollici bicono, con un valvolare da 30 watt. Sono usciti commenti riguardo al tipo di potenza specificata, ma anche alla sensibilità del sistema, tutte osservazioni giustissime che lasciano però spazio a molti dubbi. La cassa in questione ha un finale che dichiara 300 Wrms (misurati con il sistema AES standard) e ha installato uno speaker bicono da 12 pollici della italianissima Sica, dichiara una sensibilità di 99 dB/1w/1m, ovvero se pilotiamo la cassa con un solo watt di potenza efficace abbiamo una pressione sonora di 99 dB a un metro dal cono. Inoltre, data la costruzione in bass-reflex e l’utilizzo di uno speaker bicono, dichiara una risposta in frequenza compresa fra 50 e 14.000 hz.
In foto la cassa 1x12 GR Guitar in fibra di carbonio.
Se prendiamo una cassa amplificata, quindi avente al suo interno sia il finale di potenza, sia lo speaker o gli speaker, il valore della potenza potrebbe essere assolutamente inutile, in quanto la pressione sonora generata e quindi la forza di vibrazione dell’aria che si traduce in maggiore o minore volume, potrebbe essere sensibilmente differente a parità di potenza erogata, che sia a stato solido o a valvole ora poco ci importa.
Nel caso di altoparlanti professionali in genere il valore della sensibilità varia da 95 a 105 dB/1w/1m, mentre nel caso degli altoparlanti Hi-Fi i valori sono inferiori e normalmente compresi fra 85 e 95 dB/1w/1m. Più avanti vedremo che il valore massimo teorico, per uno speaker per basse frequenze, non può superare i 112 dB/1w/1m, equivalenti a un rendimento teorico del 100%. Quando parliamo di questo s’intendono dB SPL (Sound Pressure Level). La sensibilità è inoltre maggiore negli altoparlanti di diametro maggiore.
Perché questa differenza della sensibilità fra i due tipi?
Occorre far notare che, in un altoparlante destinato alla riproduzione in alta fedeltà, uno dei parametri più importanti è la linearità della risposta, cioè non deve avere buchi o picchi molto accentuati nella sua gamma d’intervento. In un sistema a tre vie avremmo un ‘woofer’ per i bassi, un ‘mid-range’ per i medi e un ‘tweeter’ per gli alti, mentre in un sistema a due vie verrebbe eliminato il ‘mid-range’, lasciando il compito agli altri due speaker, ognuno che lavora nella sua zona più lineare e consona. Linearizzare la risposta in frequenza spesso comporta una perdita di efficienza e quindi di sensibilità dello speaker, inoltre spesso il sistema è dotato di un filtraggio passivo, composto da induttanze, capacità e resistenze che hanno il compito di linearizzare ulteriormente la risposta, filtrare le frequenze in base al tipo d’altoparlante e permetterne la migliore rotazione della fase, specie nelle frequenze d’incrocio tra due speaker. Dette frequenze d’incrocio vengono scelte in maniera opportuna in base ai suggerimenti dei produttori degli speaker, di conseguenza il circuito di filtraggio viene chiamato ‘crossover’. Questo comporta sempre una perdita di potenza su questi elementi passivi, che si traduce in calore da smaltire.
Nel disegno un circuito crossover per un sistema a tre vie di tipo hi-fi e gamma d’intervento dei tre filtri.
In un altoparlante professionale, quelli normalmente utilizzati negli amplificatori per strumenti, questa linearità è inutile, anzi la caratteristica principale che contraddistingue uno speaker da un altro è proprio la differente risposta sia in aria libera, sia quando è montato all’interno di una cassa, dove le differenze di picchi e buchi di frequenza ne caratterizzano la risposta complessiva.
Ma un combo per chitarra o basso non può essere visto come una cassa attiva?
Assolutamente sì, e quindi il discorso della potenza è valido fino a un certo punto, in quanto la stessa pressione sonora e quindi lo stesso volume percepito è possibile ottenerlo sia con un combo da 100 Wrms su un singolo cono, sia con un combo da 50 Wrms su due coni dello stesso tipo, sia con un terzo combo da soli 25 Wrms con installati quattro speaker ancora uguali ai precedenti. Naturalmente ci saranno differenze che riguardano la cubatura delle casse e il timbro ottenibile, ma in linea di massima non dovrebbero esserci grosse differenze di pressione sonora.
Nel disegno è rappresentata la stessa pressione sonora ottenuta con tre configurazioni diverse.
E allora prendo un finale poco potente e utilizzo una cassa con quattro speaker?
Certo, è possibile farlo: uno degli amplificatori Fender più apprezzati, il Bassman, dispone di un finale valvolare da 45 Wrms e quattro speaker da dieci pollici, ma occorre tenere conto anche della spesa da sostenere per i quattro speaker, delle dimensioni e peso totali della cassa.
Quindi mi dici che è meglio un finale potente e un solo speaker?
Per una questione di spazio occupato, peso complessivo e costo sicuramente sì. Vedi per esempio i vari Mesaboogie della serie Mark, che hanno un finale da 100 Wrms e un solo speaker molto robusto da dodici pollici. Non esiste il meglio o il peggio ma soluzioni differenti. Agli inizi, vista la scarsa tenuta in potenza degli altoparlanti e le relative basse potenze erogate dalle valvole, si preferiva la prima soluzione. Oggi un finale di potenza, specie se in classe D, occupa veramente poco spazio e quindi viene utilizzata più spesso la seconda soluzione.
Ma torniamo alla nostra cassa GR che con i dati dichiarati ci fa calcolare 123,8 dB di pressione sonora massima a un metro di distanza, paragonabile al rumore di un jet a 100 metri di distanza e capace di provocare danni all’udito anche per esposizioni di breve durata. La potenza di 300 Wrms (misurati con il sistema AES Standard) è la massima potenza continua, quindi con un segnale musicale, tale che lo stesso speaker non subisca alterazioni evidenti dei suoi parametri, anche rimanendo in questa condizione per ore. In realtà la massima potenza applicabile allo speaker è sempre il doppio di quella definita dal sistema AES Standard, che però è relativa solo ai picchi di segnale. Un altoparlante, per non rompersi, ha infatti bisogno di muoversi avanti e indietro in modo da raffreddare la sua bobina mobile e smaltire efficacemente il calore sviluppato. Se per esempio inviassimo una potenza di 300 Wrms in continua o al disopra della massima frequenza riproducibile, la bobina e il suo supporto fonderebbe perché non riuscirebbe a muoversi dalla sua condizione statica. Considerate poi che il rendimento di un altoparlante professionale vale tra il 2% e il 5%, per l’Hi-Fi anche meno, ovvero se invio 100 watt di potenza ben 95-98 se ne andranno in calore, si capisce perché occorra pilotarli con la corretta potenza massima, considerando anche le possibili installazioni in casse completamente chiuse che ne limitano lo smaltimento di calore.
Conoscendo il valore della sensibilità pari a 99 dB/1w/1m possiamo calcolare un valore di efficienza pari al 5%, ovvero un valore molto alto. Attenzione a non confondere la sensibilità dell’altoparlante con il suo rendimento, detto anche efficienza, la prima dichiara quanta pressione sonora viene espressa come detto sopra, la seconda è il rapporto tra l’energia acustica sviluppata e l’energia elettrica fornita, ma i due valori sono legati da una formula facilmente rintracciabile in rete. È stato stabilito che un watt acustico valga 120 dB, e che uno speaker non direzionale come un woofer, distribuendo la sua irradiazione con un angolo di 180°, perda 8 dB a un metro di distanza, per cui il valore massimo di pressione sonora vale 120 dB - 8 dB = 112 dB/1w/1m con uno speaker avente un’efficienza teorica del 100%, come riportato sopra. In realtà già con una buona efficienza del 5%, la SPL si riduce a 99 dB/1w/1m, come nel caso di questa cassa GR e addirittura a 92 dB/1w/1m nel caso di un’efficienza del 1%.
Questa sensibilità è una media dei valori che comprendono sia i picchi, sia i buchi di risposta - presenti nella documentazione di qualsiasi speaker - che possono essere misurati sia in cassa chiusa, sia su pannelli di alcuni metri quadrati con dimensioni stabilite dalle norme IEC (IEC 268-5, 1972): accolto da AES nella raccomandazione AES02-1984-r2003: “AES Recommended Practice-Specifications of loudspeaker components used in professional audio and sound reinforcement” nella quale determina le misure A, B, C, D per i diametri più comuni degli altoparlanti da otto a quindici pollici. La cassa chiusa ne altera comunque la risposta nelle frequenze basse al disotto dei 300 Hz circa, mentre i pannelli IEC, nonostante le loro dimensioni proporzionate al diametro del cono, ne modificano il valore tra 300 e 900 Hz. L’utilizzo di una camera anecoica per la misurazione della risposta dello speaker è comunque strettamente necessaria.
Nel disegno è raffigurato un pannello IEC per la misurazione di uno speaker. Il foro decentrato rappresenta lo spazio dove inserire l’altoparlante.
Perché è necessaria una misura in cassa chiusa o sul suo pannello IEC?
Se misurassimo la caratteristica dello speaker in aria libera, rilevata da un microfono di misura, questa sarebbe estremamente carente alle basse frequenze in quanto l’onda posteriore dello stesso ridurrebbe molto l’onda anteriore, essendo di fase opposta e si verificherebbe il ‘corto circuito acustico’. L’utilizzo della cassa chiusa elimina completamente l’onda posteriore, ma ne altera comunque la risposta sotto i 300 Hz a causa della compressione e dilatazione dell’aria al suo interno, mentre i pannelli IEC spostano la riduzione della risposta a frequenze maggiori, creando degli avvallamenti, non avendo dimensioni infinite.
Quale tipo di segnale viene inviato a un altoparlante per tracciarne la sua risposta in frequenza?
Naturalmente è impossibile inviare un segnale sinusoidale per tutte le frequenze, per vari motivi: il primo è che occorrerebbe troppo tempo, il secondo è per il fatto che uno speaker non si comporta come una resistenza pura, con un valore certo e indipendente dalla frequenza. La sua bobina mobile è un’induttanza e quindi il valore della sua impedenza cresce proporzionalmente alla frequenza partendo dal valore minore che è la resistenza del filo di rame. Questo andamento include anche un picco d’impedenza alla sua frequenza di risonanza, che in genere dovrebbe essere minore della sua banda d’utilizzo. Il valore nominale, poniamo di otto ohm, è una media tra il valore in corrente continua, ipotizziamo 5 ohm e il valore di 12 ohm misurati a una frequenza maggiore. Le norme suggerirebbero di applicare una potenza di 1 watt sul valore reale dell’impedenza, troppo complicato da realizzare, quindi o si applica una potenza di 1 watt sul valore medio dell’impedenza, in questo caso 8 ohm, oppure una tensione di 2,83 Veff (4 volt di picco / 8 volt picco-picco). In questo caso i risultati sono identici, ma il produttore ha l’obbligo di specificare la soluzione adottata sulle caratteristiche tecniche. Viene adottato un segnale composto da rumore rosa di ampiezza paragonabile a 1 watt di potenza nominale ovvero 2 watt di picco. Tale tipo di rumore, oltre a essere composto da tutte le frequenze, presenta le caratteristiche più simili a un segnale musicale, con una differenza tra il valore medio e il valore di picco di 6 dB, contro i 3 dB di un segnale sinusoidale, i 10 dB di un brano musicale fortemente compresso e i 15-20 dB di un brano musicale con una buona dinamica. Si avranno quindi svariati decibel in più di dinamica prima del clipping dell’amplificatore.
Nel grafico è riportata la risposta del Jensen JC12K2 da 100 watt e relativa curva d’impedenza.
Come mai un altoparlante professionale ha una risposta caratterizzata da buchi e avvallamenti specie alle frequenze più elevate?
Questo dipende dal fatto che, mentre a basse frequenze la bobina mobile riesce a muovere con una certa rigidità tutto il cono, questo non avviene alle frequenze più elevate in quanto la maggiore velocità di spostamento della bobina mobile non viene ‘seguita’ dal resto della struttura mobile, causando deformazioni nel modo di spostarsi. Naturalmente sui grafici della risposta il produttore deve specificare quale tipo d’installazione è stata utilizzata, se in cassa chiusa o su pannello IEC.
Come viene misurata la massima potenza applicabile a un altoparlante?
Visto che non ha senso applicare un’onda sinusoidale di una frequenza ben precisa ai capi dell’altoparlante, s’invia di nuovo un rumore rosa, quindi un segnale che comprende tutte le frequenze con andamento decrescente con la frequenza di 3 dB per ottava, per avere la stessa energia compresa per esempio tra i 100 e 200 Hz e tra 1.000 e 2.000 Hz, filtrata nelle basse e alte frequenze in modo da inviare solo la banda che c’interessa. Per esempio in un altoparlante per chitarra potrebbe essere inviato un rumore rosa filtrato sotto i 100 Hz e sopra i 6.400 Hz, cioè pari a sei ottave. Come abbiamo già detto la potenza nei picchi sarebbe il doppio della potenza nominale dello speaker, questo è infatti capace di gestire maggiore potenza per un breve periodo senza danneggiarsi. La stessa potenza continua dopo un paio d’ore di funzionamento dovrebbe garantire che la temperatura del sistema rimanga costante e in una zona di comfort per lo speaker tale da non distruggerlo. |