Quando si parla di chitarre a cinque corde, il primo riferimento che viene in mente è senza dubbio Keith Richards. Il riffmaker dei Rolling Stones non è l’unico ad aver ridotto l’estensione dello strumento per trarne sonorità nuove, ma è senza dubbio l’esempio più celebre. Nel suo caso il risultato è un sound granitico che, nell’abbandonare il Mi basso, guadagna compattezza e incisività. Anche tra le mani di Jacob Collier è possibile adocchiare chitarre a cinque corde, ma la sua visione è decisamente diversa da quella di Keef.
Noto per la sua impronta eclettica, la conoscenza profonda della teoria musicale con un approccio quasi istintivo e del tutto rivolto al mondo dei suoni e delle sensazioni più che alle note sul pentagramma, Jacob Collier nasce contrabbassista, trova nel pianoforte la sua estensione più naturale ed è nel canto che si esprime al suo massimo. Anche la chitarra è nel suo arsenale, ma non è affatto un chitarrista nel senso convenzionale del termine.
Collier è stato ospite del chitarrista e youtuber Paul Davids per una lunga intervista a riguardo. Tra le sue braccia due chitarre in particolare, entrambe produzioni custom con una configurazione originale di corde e accordatura: una Taylor acustica e una Strandberg elettrica entrambe a cinque corde.
Ascoltare e vedere all’opera Jacob è illuminante. La tecnica è del tutto personale, così come l’accordatura e le sonorità che ne derivano, tanto che della chitarra resta solo la struttura.
Entrambe le chitarre adottano la stessa accordatura. Partendo dalla più grossa, le cinque corde vibrano in D, A, E, A, D.
Da un’accordatura per quinte, si procede quindi con un’impostazione speculare che permette di eseguire melodie raddoppiate all’ottava premendo gli stessi tasti sulla prima e sulla quinta corda, o sulla seconda e sulla quarta. Allo stesso tempo, la configurazione permette di creare melodie e movimento sulle corde centrali mentre quelle più basse o i cantini vibrano a creare un tappeto sonoro che ricorda un drone.
La chitarra a cinque corde di Jacob Collier è, per certi versi, il punto d’arrivo più naturale per il suo percorso musicale. Partito dal basso, il suo primo contatto con una chitarra è stato con un modello tenore a quattro corde accordato per quinte, al quale usava abbassare la prima corda per avere una quarta e così ricreare alcune geometrie trovate sul basso.
Sul lato tecnico, Jacob miscela l’approccio del contrabbasso a quello del pianoforte insieme con elementi più istintivi come la deduzione naturale di voler suonare cinque corde con le cinque dita della mano.
Entrambe le chitarre sono modelli unici, non presenti in commercio e realizzati in collaborazione con due marchi di riferimento. L’acustica è una Taylor costruita da Andy Powers, sfruttando un manico convenzionale da sei corde per avere maggiore spazio nelle cinque corde a disposizione. Lo shape si basa sulle Grand Concert della serie American Dream con cassa in koa hawaiano ed è possibile ascoltarla in diverse occasioni, come nei brani “The Sun Is In Your Eyes”, “Witness Me” e “Little Blue”.
La solid body è invece una Strandberg di derivazione Boden, con ponte a sellette singole a intonazione compensata e due pickup inclinati Lace Alumitone, modelli unici nel loro genere per l’assenza di una bobina tradizionale sotto la scocca in metallo in favore di un’unica piastra curva e una struttura leggerissima.
Modello decisamente poco tradizionale e in linea con la personalità musicale del suo proprietario, è la chitarra usata su “WELLLL”.
È un momento particolarmente felice per Jacob Collier. Fresco della pubblicazione del suo quarto album, dal titolo Djesse Vol. 4, continua a collezionare premi e collaborazioni di altissimo livello come quelle con Steve Vai, John Legend e Shawn Mendes. Recente è la presentazione di un suo plugin gratuito con Native Instruments, ha firmato una serie di scarpe Crocs ed è persino protagonista di uno spot britannico per la Fiat 500 elettrica. E, diciamocelo, si merita tutto. |