D: Ciao Gabriele, benvenuto sulle pagine di Accordo.it. Puoi presentarti ai nostri lettori e darci qualche informazione su ?
R: Ciao a tutti voi e, innanzitutto, grazie per avermi dedicato questo spazio. Mi chiamo Gabriele Ronci e sono il fondatore di Ronciswall Guitars, un'azienda che si occupa di costruire prettamente chitarre elettriche moderne.
D: Come è nata la passione per la liuteria e quando hai deciso di creare il tuo marchio?
R: La mia non è una passione per la liuteria, in realtà, ma più una passione per costruire cose. Ho studiato chitarra elettrica per molti anni, diplomandomi in chitarra Jazz multi stilistica e coltivando l'interesse per i Guitar Hero, per cui non è stato molto difficile combinare i vari interessi. Ho iniziato a costruire nel 2013 e volevo una chitarra Jazz che all'epoca aveva dei costi insostenibili. Cosi, decisi di vendere alcuni effetti personali, computer, cellulare e qualsiasi cosa non fosse per me utile in quel momento. Comprai un pantografo, dei legnami e costruii la mia prima chitarra. Inutile dire che era insuonabile, ma carina [risata, ndr]. Da lì in poi il percorso è stato abbastanza tortuoso; desideravo continuare e vedere dove questa strada potesse portarmi, ma dall'altro lato i miei familiari comprendevano quanto potesse essere difficile. Nell’estate del 2018 ci fu un’eclissi lunare totale in pieno giorno. Era un periodo difficile, avevo 32 anni e mi rendevo conto di aver passato quelli appena trascorsi piegato sullo strumento a studiare, e sui libri per laurearmi. Quel giorno per me fu veramente impattante; la luna era enorme, vicinissima e mi feci completamente oltrepassare da quel profondo potere energizzante. Ricordo che piansi. La sera stessa realizzai che se non avessi continuato a fare questo mestiere, me ne sarei pentito per il resto della mia vita. Quindi, tornato a casa, attrezzai un sito e feci delle ads per promuovere i lavori che avevo realizzato fino ad allora. In 2 mesi presi 20 ordini, da ogni parte del mondo, aprii partita iva e, a fine anno, ero riuscito a vendere 61 chitarre. Così è nata Ronciswall, pseudonimo di mio nonno pittore.
D: Il tuo slogan "the true essence of an Electric Guitar" da dove nasce? Quali ricerche e quali risultati ti portano alla vera essenza di una chitarra elettrica?
R: È un processo lungo e complesso. Qualsiasi campo magnetico con un corpo che lo modifica è in grado di produrre un segnale elettrico, che può essere amplificato e processato, bello o brutto che sia. Nel mio caso, la ricerca e l'affinatura di questo segnale vertono su un preciso target di riferimento, ovvero chitarre elettriche moderne, con un focus spinto al Rock e all'Heavy Metal. Di conseguenza, ogni materiale coinvolto andrà a produrre un risultato che deve essere prima di tutto compreso empiricamente, poi modificato e adattato in base alle esigenze dei clienti.
D: Ci parli dei materiali che usi e del processo di selezione degli stessi?
R: I materiali e la loro selezione sono dei processi standard, per ogni costruttore che si rispetti. Fondamentale è capire il peso specifico dei legnami, la percentuale di umidità e la qualità visiva degli stessi, oltre ovviamente all'uso di hardware e componenti di alta qualità. Utilizzo molte essenze nostrane come frassino ed acero insieme a legnami esotici come il Palemoon Ebony, una sorta di legname distintivo per la mia produzione, che una volta importati faccio stagionare.
D: Di quali strumenti ti avvali per la progettazione e la lavorazione delle chitarre?
R: Nel mio caso difendo a spada tratta i costruttori che come me fanno uso delle più avanzate tecnologie disponibili ed accessibili. Non stimo chi si ostina ad usare tecnologie ormai superate e chi soprattutto denigra l'utilizzo di macchine a controllo numerico (CNC). Per me non ha senso avere accesso ad una tecnologia e ignorarla, soprattutto se questa può apportare benefici nel lungo termine. Di conseguenza, negli anni gli investimenti sono stati sostanziosi per cercare di migliorare o facilitare il processo costruttivo. Non nego che sia stato veramente arduo, da autodidatta, lavorare con software di disegno tecnico, ma questo è ciò che mi permette, oggi, di riprodurre con consistenza la stessa qualità. Per quanto riguarda il discorso di chi usa CNC e poi strizza l'occhio dicendo che comunque c’è il lavoro manuale di rifinitura, mi sembra una grande ipocrisia. Non perché non sia vero, ma perché le CNC sono in grado, se programmate a dovere, di produrre risultati eccezionali con il minimo sforzo da parte dell'operatore, in fase di rifinitura.
D: Sul tuo sito sono presenti le serie Vapor e Miasma. Puoi illustrarci le loro caratteristiche principali e differenze?
R: Si, attualmente produco questi due modelli. Miasma è una chitarra che ha delle forme conosciute ed è un chiaro riferimento ad una superstrat, seppur modificata con accorgimenti tecnici negli anni. È un modello abbastanza classico ormai, di evidente derivazione Ibanez, che ha sempre il suo fascino. È uno strumento attraverso il quale gran parte dei chitarristi si riconosce, io stesso in primis, per cui mi sembra giusto, e oserei dire ortodosso, poterla offrire come opzione.
Vapor è un modello headless, tanto tornato in voga negli ultimi anni, grazie e soprattutto ad una sterminata miriade di piccoli e grandi costruttori. Credo ci sia ancora tanto margine, a livello costruttivo, nel creare qualcosa di nuovo in una chitarra headless più di quanto sia stato già fatto da decenni di storia della chitarra elettrica. Le chitarre headless ti concedono più libertà di movimento ed innovazione, anche se è molto facile cadere in eccessi di design o renderle esteticamente non gradevoli. Sono leggere (il modello Vapor pesa dai 2kg ai 2.4kg a seconda dei materiali!), facili da trasportare, comode e ovviamente moderne. Mi rendo conto sia difficile sradicare il concetto di chitarra elettrica nella mente dei chitarristi. Abbiamo più di novanta anni di storia che ci ha fatto amare questo strumento con quelle forme, ma noi facciamo qualcosa di diverso ed unico, che non può essere paragonato, ma solo provato.
Stiamo per lanciare anche una nuova linea di bassi, sempre headless, nell’immediato futuro. Siamo ancora in fase di prototipazione ma tutto procede bene.
D: Il modello che spicca maggiormente in fatto di innovazione è probabilmente la Kamaitachi. Puoi raccontarci della sua genesi, della scelta sull'arm rest e del design generale?
R: Kamaitachi è una evoluzione tecnologica del modello Vapor. Benché sia ancora presente il legname come base costruttiva, siamo riusciti a far coesistere più materiali tra loro che possono lavorare sinergicamente. L'arm rest viene stampato in 3D (per farne uno sono necessarie 24 ore di stampa continua che faccio fare in outsourcing), ed è un materiale che ha una lega di carbonio ed altri materiali termo plastici, avvitato al corpo della chitarra tramite viti in titanio ed inserti. Per pensarlo, prototiparlo e venderlo abbiamo impiegato quasi due anni, numerosi fallimenti e un gran numero di ore e denaro investito, ma siamo molto contenti dei feedback ricevuti dai clienti fino ad ora. Oltre all'arm rest, creato soprattutto per ridurre il peso lato body senza sbilanciare troppo lo strumento e garantire quel look tattico e tagliente, usiamo richelite per la tastiera, un materiale eccezionale che ha il grande plus di non deformarsi nel tempo e di non provocare fenomeni di fret sprout, soprattutto se unito a tasti in acciaio. Questi ultimi, che offriamo di base, sono potenzialmente eterni. Inoltre sono presenti inserti in fibra di carbonio nel manico, e diverse opzioni di finitura materiche e standard. Siamo riusciti a creare delle superfici e dei pattern di verniciatura molto freschi.
D: Hai dei sound di riferimento o a cui ti ispiri, per sviluppare i tuoi strumenti? A quali pedali e amplificatori ti affidi per testare le tue creazioni?
R: Nessun sound di riferimento in realtà, non trovo corretto ispirarmi ad un suono che è di qualcun' altro. Il primo test per me è sempre cavo ed amplificatore valvolare. Uso cavi Reference ed un testata/cassa Bugera. Non avendo necessità di troppe sfumature, per testare una chitarra completata e rendermi conto di come suoni, è piu che sufficiente. Ovviamente uso anche profilature Kemper e plugin digitali... ma poi subentra il chitarrista che è in me [risata, ndr].
D: Come immagini il futuro della chitarra elettrica dal punto di vista costruttivo?
R: Credo che il futuro, dal punto di vista della costruzione della chitarra elettrica, sia proprio ora. Basta aprire un qualsiasi social network, cercare un chitarrista e vedere cosa suona. C’è molto fervore, soprattutto nell'utilizzo di materiali alternativi al legno, come fibra di carbonio, resine e materiali compositi, in gran parte fuori dai nostri confini. L'espressione musicale viene ormai super compressa e le esigenze dei chitarristi moderni cambiano. Ci sarà sempre il fascino per il vintage e per gli anni che furono: in casa possediamo una Gibson 330 TDC del 1968, ma abbiamo bisogno di freschezza e coraggio, da parte di tutto il settore.
D: Grazie per il tuo tempo, Gabriele. In bocca al lupo per la tua professione!
R: Grazie a voi! Viva il lupo! |