When will we become ourselves? La risposta di Gillian Welch & David Rawlings
di Umberto Poli [user #65904] - pubblicato il 24 ottobre 2024 ore 07:30
Scegliere una sola performance per raccontare la magia che Gillian Welch e David Rawlings, insieme, riescono a creare su un palco sarebbe un affronto. La rete, fortunatamente, mette a disposizione una copiosa quantità di apparizioni televisive, interviste, concerti, tutti accomunati da una qualità, un gusto e una bellezza impossibili da racchiudere in poche parole, per quanto lusinghiere.
Il nostro invito, dunque, lo diciamo subito, è proprio quello di spaziare e di spingersi con curiosità alla ricerca di quanto prodotto da questi due straordinari musicisti che, nella maggior parte dei casi, quando imbracciano le rispettive sei corde risultano così compatti e complementari da somigliare, più che a un duo, a una vera piccola orchestra. In ogni loro interpretazione, si tratti di standard o di composizioni originali, non mancano ritmo, fluidità, ricchezza e varietà sonora: occhi e orecchie restano del tutto rapiti quando Gillian Welch canta accompagnandosi con la sua Gibson acustica e David Rawlings le ricama attorno un universo di note, rivolti, passaggi sempre puntuali, precisi, mai ridonanti, mai fuori posto.
Woodland (Acony Records, 2024) è la loro ultima, recentissima, prova in studio - la prima a presentare nuovo materiale originale dopo lungo tempo e a riportare in copertina entrambi i loro nomi, cosa che non era mai capitata, a eccezione del bellissimo album di cover All the Good Times (Are Past & Gone) edito nel 2020 e vincitore di un Grammy nella categoria Best Folk Album.
Situati al numero 1011 di Woodland Street, a Nashville, Tennessee, i Woodland Studios - gli stessi che danno il titolo al disco, oggi in mano a Welch e Rawlings - rappresentano il cuore dell’intero lavoro, oltre che la casa che ha ospitato, dal 1966 a oggi, artisti quali Willie Nelson, Waylon Jennings, Aretha Franklin, Robert Plant e molti, moltissimi altri.
Funestati dalla forza implacabile della natura che, in forma di tornado, ne ha messo a dura prova l’esistenza (e il futuro), i Woodland Studios hanno visto nascere e svilupparsi le dieci canzoni in scaletta, che - grazie a brani quali "Empty Trainload of Sky", "Lawman", "Hashtag" e "Howdy Howdy" - pare essere la summa dell’arte e delle moltiplici qualità dei due autori.
Ma facciamo un passo indietro. E guardiamo agli inizi di questo sodalizio (artistico e sentimentale) che non è mai sceso a compromessi, mantenendo inalterati il minimalismo e la purezza di quella fatidica scintilla che - al Berklee College Of Music di Boston - nel corso di un’audizione li ha fatti incontrare per condurli in seguito a Nashville, la patria di tanti loro cantanti ed eroi, e dare il via ufficiale a un’avventura indimenticabile.
"Ragionando sulla mia collezione di dischi, ho capito che tutta la musica che amavo era stata realizzata a Nashville - Bill Monroe, Bob Dylan, gli Stanley Brothers, Neil Young. Fu così, dunque, che decisi di trasferirmi lì." Gillian Welch
L’incontro dei nostri, oltre a quello di due spiriti meravigliosamente affini, è in primo luogo il connubio tra due chitarre, la Gibson J-50 (ca. 1956) e la 1935 Epiphone Olympic archtop. Quest’ultima, legatissima alla figura di Rawlings, che - leggenda vuole - sembra l’abbia recuperata dal garage di un amico in condizioni non proprio ottimali…
"Quando l’ho raccolta, era sporca e senza corde. Si poteva intravedere a malapena la sua forma per via della segatura. Quando però l'ho sentita attraverso il microfono e le casse, mi sono detto: amo questa chitarra!" David Rawlings
Per chi non fosse ancora stato irretito dalla musica della coppia - oggi tra i riferimenti obbligati e più autorevoli per quel che concerne una scrupolosa valorizzazione di blues, gospel, country e folk - la lista di materiali video presenti su YouTube, come già sottolineato, è vasta e capace di soddisfare i palati più esigenti. Dal punto di vista discografico, data la grazia di cui è permeato Woodland, il consiglio - tanto per i neofiti quanto per gli estimatori di Gillian Welch e David Rawlings - è invece di partire da lì, dal fondo. Per poi tornare indietro passando da dischi quali Poor David’s Almanack, Soul Journey, Time (The Revelator) e arrivare fino a Revival, l’esordio del 1996 prodotto da T Bone Burnett.Che gli album portino la firma dell’uno, dell’altra o di entrambi, poco importa… il risultato non cambia. Ci troviamo al cospetto di due artisti talentuosi e unici, la cui anima incontaminata riluce ancora dopo oltre trent’anni di prolifica, pluripremiata attività.