Nel 1999 avevo tredici anni e ascoltavo già i Queen e un po' di Deep Purple sotto l'influsso subliminale di mio padre che in camera mia aveva parcheggiato un mangiacassette con alcuni nastri (casualmente Baglioni e Venditti sono sempre rimasti fuori da camera mia, nel cassetto di mia madre: la sa lunga il mio vecchio!). Per il resto ero un comunissimo tredicenne rimbambito, come tutti a quell'età, e con le idee poco chiare. Avevo più volte sentito nominare dall'ex chitarrista da oratorio (mio padre) il concerto di Woodstock e i mostri della chitarra che vi avevano partecipato. E nonostante non avessi mai sentito nulla di suo prima, quando, nel 1999, mi ritrovai a inserire una copia di Supernatural, regalatami dal subliminale corruttore di menti (sempre mio padre), nel mio lettore CD ero in fibrillazione: ne avevo sentito parlare benissimo per così tanto tampo che non vedevo l'ora di ascoltarlo. E, trascurando il mio torpore da tredicenne, ne rimasi subito colpito! Belle canzoni, bella musica, coinvolgimento e una chitarra meravigliosa che sapeva enfatizzare le linee armoniche e melodiche di ogni brano. Ovviamente, undici anni fa avrei detto solo "che figo!", ma ne sono cresciute di barbe da allora.
Col passare degli anni, il rimbambimento è diventata rabbia giovanile e, da bravo teenager, sono passato all'hard rock con brevi, ma intense, fasi metalliche. Dopodiché un giorno ho conosciuto una ragazza, Joe, Steve, Yngwie, Andy e bella compagnia ed è stato il momento della chitarra virtuosa. Queste peregrinazioni musicali hanno fatto progressivamente raffreddare la passione viscerale che nel '99 avevo sviluppato per il riccioluto chitarrista, complici anche due lavori (Shaman e All that I am) qualitativamente inferiori a Supernatural.
Quando a 16 anni entrai nella prima band ero convinto sostenitore di oye como va e black magic woman in scaletta per la festa del liceo, perché erano facili, conosciute e avevano tiro. Quando a 20 anni sono entrato in una scuola di musica seria, dove mi hanno insegnato i segreti dell'improvvisazione rovesciandomi tonnellate di lick da imparare a memoria, ero convinto che il messicano ne avesse usati solo 5 nella sua carriera e li avesse ripetuti in tutte le sue canzoni. E forse era vero. Vi lascio solo immaginare cosa ho pensato quando ho imparato a usare i modi e le sostituzioni diatoniche e non.
Ma oggi sono diverso. Adesso tutto ciò che è cervellotico va preso in piccole dosi e il virtuosismo o l'astrattismo armonico hanno senso solo se aiutano l'espressività e non se sono fini a se stessi.
Ora ciò che importa è il tiro. la musica deve far ballare, saltare sfogarsi. Che sia the trooper degli Iron, oye como va di Santana o una ballata di Joe Satriani, la musica deve avere un effetto terapeutico taumaturgico e catartico: deve svuotare, sfiancare, convilgere e colpire. Ed è qui che torno a Carlos. Si dica quello che si vuole sul nostro: che è ripetitivo, alle volte monotono, scontato, e che un album di cover è una cosa abominevole, nonché una fine ingloriosa. Ma non si dica che quell'uomo non suona di cuore e stomaco! Ieri ho visto il suo concerto al Forum di Assago e sono rimasto estasiato! Il gruppo di musicisti mi ha lasciato esterrefatto: mai sentito un tiro del genere. Poi, lui: canta, balla, si dimena, suda, dà tutto quello che ha! Due ore e mezza di concerto, non una pausa, non una nota calante. Bisogna dire che la terza fila ha aiutato le percezioni, dal momento che quando me lo sono visto a cinque metri a momenti mi commuovo. E per fortuna che ero titubante se andare o meno!
E' proprio li, in mezzo alla folla danzante in un palazzetto stracolmo, che mi ha colpito: i lick, la scala blues, i modi, i pattern, gli sweepponi areonautici a mach 3 o lo shredding trapanati possono contare, ma bisogna suonare con quell'intensità. Se dai tutto fai un grande show.
La mia ragazza era con me e, a parte samba pa ti, europa e oye como va, non aveva mai ascoltato una canzone di Santana: non sono riuscito a tenerla ferma un secondo! Saltava così tanto che avevo paura prendesse il volo e piombasse sul palco con la leggenda. Lo stesso vale per la ragazza di un mio amico, anch'essa trascinata per l'occasione.
E intanto mio padre a casa a mangiarsi i gomiti...