di janblazer [user #26680] - pubblicato il 16 marzo 2011 ore 20:59
Il bosco di Pietrabassa è considerato un paradiso dai cercatori di funghi che nei primi mesi di primavera e d’autunno pattugliano incessantemente quell’angolo verde che la natura ha creato ai bordi di un lago, tra pietraie, rocce e intricati sentieri. Li conosco bene quei luoghi. Da bambino li ho attraversati centinaia di volte seguendo il passo sicuro di mio nonno. I suoi occhi velati dalla cataratta riconoscevano le impronte lasciate dai caprioli, le tane dei tassi, gli escrementi delle volpi. Con lui ho imparato a distinguere gli arbusti, il sanguinello con i fiori bianchi e le bacche nere, il fiordistecco ricco di frutti rosso corallo, il pungitopo, il sambuco. Una fila di faggi delimitano il confine tra la macchia e il bordo del lago che fiancheggia la strada.
Cammino, pensieroso e assorto, seguendo una scorciatoia nel mezzo della boscaglia che ben poche persone conoscono. I raggi di un pallido sole filtrano tra il fogliame creando giochi di ombra e luce. Un improvviso flashback mi fa arrestare di colpo alla vista di un grosso masso, vicino a una quercia che avrà almeno cinquant’anni. Mi ricordo di un passaggio nascosto dalla vegetazione, a picco sul lago, strettissimo e pericoloso. Trenta metri lungo il costone, non di più, larghi meno di una mattonella. Lo attraversavo sempre, una vita fa, pantaloni corti, maglietta a righe orizzontali, Superga e l’occhio sinistro sempre chiuso come se prendessi la mira. I miei amici si burlavano di me per quella eterna smorfia sul viso. Ognuno di noi aveva il proprio fardello, chi le orecchie a sventola, chi le lentiggini, chi il nasone. Ho gli occhi di colore diverso, il sinistro è azzurro, il destro è verde. Come Napoleone, sussurrava baciandomi uno dei miei grandi amori.
O sono io che adesso sono un gigante, o da ragazzo ero decisamente mingherlino. Che bisogno ho di mettermi alla prova? Soffro anche di vertigini. Gian, testina, torna indietro ! Chissà da quanto tempo nessuno passa di qui, il muschio è alto tre dita, come una moquette. Uno, due, tre, quattro. Al quinto passo scivolo all’indietro, batto la schiena sul tronco scivoloso e precipito in acqua. Da giovane avevo fatto il bagno mille volte in quel lago, ma ora è diverso. Molto diverso. Non c’è il sole, non ci sono gli schiamazzi dei miei amici con il pallone a tenermi compagnia. Le barche a vela e i wind-surf sono ritirati nel rimessaggio della spiaggetta vicino al pontile. Svaniscono i ricordi, rimane solo quell’acqua nera come l’inchiostro, fredda, carica di mulinelli e vortici che mi tirano sotto.
Non sono impaurito, sono solo sorpreso. Sono sorpreso perché sto morendo. La morte mi sta afferrando e io non ci posso fare nulla. Sono impreparato alla morte. Sono del segno della Vergine e ho bisogno di un minimo di organizzazione su ogni cosa. Le novità, i cambiamenti mi innervosiscono. Morire così mi infastidisce! Così, senza scrivere due righe, senza prima chiudere il mio profilo su facebook. Non posso, non voglio !! Non riesco a lottare, sono sfinito ancor prima di compiere un movimento. La riva è vicina, sono un bravo nuotatore, ma contro corrente sarebbe difficile anche per Bruce Willis. Chiudo gli occhi, mi rassegno, mentre i flutti cominciano a trascinarmi verso il basso. Ritroveranno il corpo alla Baia del Cerro, chi muore annegato dopo due giorni di viaggio si ormeggia lì.
Strano però, invece di scendere stò risalendo e adesso la testa è fuori dall’acqua, posso respirare! Cosa sta succedendo? Due enormi carpe, come mai ne ho viste, puntando il muso sotto le ascelle e muovendo ritmicamente la coda mi stanno trasportando. Non ci posso credere, sicuramente adesso mi sveglierò sudato marcio nel letto, arrotolato come una mummia al lenzuolo. Il classico incubo post peperonata. Ma siamo in aprile, è ancora presto per i peperoni e poi ho mangiato un branzino con dell’insalata. Sano e leggero.
Continuo il mio viaggio con i miei tassisti pinnati fino a pochi metri da riva. Sono salvo, al sicuro, e i due pesci giganteschi sono spariti. Appoggio la schiena su una pietra e penso a quello che mi è successo, poi mi tolgo il giubbotto. In una tasca interna c’è il portafoglio con la patente, la tessera sanitaria, i soldi, tutto. Lo lascio sulla riva, una manica è strappata. Mi allontano. Cosa volevo di più? Meglio di così, si muore. Sì sono morto. Tranne che per mio nonno che da lassù se la sta ridendo, per tutti sono morto. Adesso posso finalmente rinascere.