Coltrane. Ci sento netti e inconfondibili i rumori del post-seconda-grande-industrializzazione. Primi ingorghi, frenate, clacson, sirene di navi e odore di nafta. E voglia di "ascendere" da tutto questo, improvvisamente, quasi a colpi di tosse, alla ricerca di un "supremo" lontano da quei rumori.
Hendrix. Distinguo il canto straziante di una coscienza nazionale lacerata dalle raffiche di mitra in vietnam e dalle bombe al napalm. Rumori di guerra e grida. Le grida di un disagio rivoltoso di chi viveva da ospite indesiderato, in una terra che lo riconosceva figlio solo se si trattava di andare a saltare sopra una mina. Solo in quel momento il "colore" (il nero del lutto) univa invece di dividere.
Barrett. Tribalità ritrovata nei ritmi ipnotici, a tratti modali, filtrati dal rumore snob di una Londra in fermento, che viveva nei club cercando di uscirne attraverso la psichedelia. Ma anche di più. Il rumore della corsa alla conquista dello spazio, tanti countdown, molte accensioni (di tutti i tipi) che riattivano una parte ancestrale del sè. E poi la voglia improvvisa di tornare dentro, al rumore delle ali delle farfalle.
Se avessimo antenne così potenti come quelle di coltrane, hendrix, barrett (o chiunque altro vogliate ricordare), che segnali ricevuti riusciremmo a ritrasmettere, in che forma, con quali suoni?
Forse non esistono risposte giuste, ma solo domande opportune.
Come suona oggi il nostro mondo?