Ancora oggi sulla stampa ritorna la questione art. 18 ma di cosa stanno parlando?
Fermo restando che tale articolo è valido solo per le aziende con oltre 15 dipendenti e che quindi per le piccole aziende NON vale, l’art. 18 che prevede il licenziamento dei dipendenti solo se avviene per giusta causa o giustificato motivo (normalmente in caso di furto, atti vandalici e comportamento violento) ne risulta che l’abolizione di tale articolo mette le grandi aziende nella condizione di licenziare i propri dipendenti come e quando gli pare.
Non sarebbe un problema se fossimo in America dove il mercato del lavoro dà opportunità completamente diverse, con gli opportuni distinguo, rispetto a quello italiano, ma visto il totale fallimento della legge Biagi che da strada preferenziale per l’avviamento al lavoro dei giovani, è stata trasformata in legge che legalizza il precariato a vita, non è difficile immaginare che l’abolizione dell’Art. 18 si trasformerebbe in una sorta di tiro al piccione nei confronti dei lavoratori dipendenti. Ma poi, come si può programmare l’aumento dei posti di lavoro liberalizzando i licenziamenti? Io ho lavorato trentasette anni nella grande azienda e qualcosina l’ho vista, ma sinceramente questo discorso non mi riesce proprio di capirlo, qualcuno me lo spieghi.
Io ho imparato in tutti questi anni che la ricchezza di un’azienda non sono gli immobili, nemmeno le attrezzature e nemmeno le apparecchiature, anche le più sofisticate e all’avanguardia.
La vera ricchezza di un’azienda sono gli uomini che la compongono, il resto sono sciocchezze, baggianate, aria fritta, in una parola: cazzate.
Esiste una sola verità confermata e dimostrabile: un’azienda sopravvive, anche nella crisi più nera e profonda solo se produce prodotti di qualità, questo è insindacabile. Però per produrre qualità devo avere uomini di qualità e, gli uomini e donne di qualità li ho solo investendo su di loro, sulla loro formazione, sulla loro esperienza e sulle loro doti personali e professionali, tutte doti che per un imprenditore accorto e INTELLIGENTE non hanno prezzo (anche perché le ha pagate lui per primo…). Come posso io imprenditore, pretendere dai miei dipendenti l’impegno costante nel perseguire giorno dopo giorno il miglioramento costante e continuo della qualità del lavoro quando io per primo non garantisco il posto di lavoro? Come posso pretendere che chi lavora per me dia il meglio di se quando non c’è alcuna certezza di rimanere in azienda? E non parlo dei Top Manager che per inciso normalmente svolgono un lavoro che qualunque deficiente, basta che abbia una buona conoscenza delle lingue estere, sarebbe in grado di fare, ma anche e soprattutto dell’operaio che anzi è l’anello forte della qualità aziendale. I politici non lo sanno ma le catene di montaggio così tanto sbandierate nei loro discorsi, non esistono più da almeno trent’anni, ora ci sono i robot… Ma l’operaio addetto al montaggio delle teste cilindri dei motori, tanto per fare un esempio a me congeniale, pur non svolgendo un lavoro pesantissimo ha delle altissime responsabilità sulla buona riuscita e sulla qualità del prodotto finale. Però già ora ho delle grandissime difficoltà a motivare tale operaio perché magari è un interinale con contratto a termine rinnovabile di anno in anno. Ma se questo operaio deve lavorare con sulla testa la spada di Damocle del licenziamento che può avvenire in ogni momento, non è escluso che invece della qualità questo non mi faccia del terrorismo… E tutto sommato lo capirei…
Qualcuno obietterà che l’imprenditore onesto e intelligente non si sentirà obbligato di usufruire dell’abolizione dell’Art.18, già… mah… domanda: Quanti imprenditori onesti e intelligenti a capo di aziende con più di quindici dipendenti ci sono in Italia? Risposta: Pochi… La grande azienda in Italia sta scomparendo nel disinteresse generale, portandosi però dietro nel suo declino anche l’indotto costituito da piccole aziende e questo dovrebbe fare riflettere di più sull’utilità della grande azienda. In ogni caso l’abolizione dell’Art.18 a mio modesto parere, non farà altro che scatenare una ferocissima guerra tra poveri, non favorirà lo sviluppo e nemmeno l’impiego, creerà delle caste formate da fasce d’età, tradotto in italiano: dopo i cinquant’anni tutti a casa licenziati, prima dei cinquanta al lavoro col fucile puntato alla schiena e il colpo in canna, la cessazione dei diritti dei lavoratori, anche i più elementari a favore di una società di schiavi pronti a tutto pur di mantenere il posto.