Per aprire questa cover story dedicata all'epoca d'oro della Stratocaster non potevamo che scegliere un brano di Maurizio Piccoli, tratto dal suo libro edito da Accordo in edizione riveduta e ampliata. La Stratocaster nasce nel 1953 a Fullerton, partorita da un gruppo di visionari destinati a cambiare per sempre la storia della musica: oltre a Leo Fender, Bill Carson, George Fullerton, Freddie Tavares. Se oggi la maggior parte delle chitarre di successo hanno il corpo scolpito con due cornetti, le molle posteriori del vibrato e una paletta con le meccaniche da una sola parte, lo dobbiamo a loro. (Alberto Biraghi)
Con un nome tecnologico che strizza l’occhio più a Star Trek che alle vecchie Cadillac con le pinne, la rivoluzionaria Stratocaster sembra nata ieri data la sua straordinaria capacità di dar voce elettrica ai moderni paladini della musica, sia essa di rabbia, di drammatico o zuccheroso romanticismo o, ancora, sia espressione di un certo “pattume” musicale caro alle frange superstiti del defunto e poi risorto movimento punk o ad altri eserciti sonori, più o meno numerosi.
Sa gracchiare, è lirica e naif. Ora porta nell’aria il blues, ora fa ballare e diverte con toni gallinacei e funky. In altre latitudini ti scarica addosso una perentorietà che non ammette discussione. She’s the one! si può dire inopportunamente, citando il boss Springsteen. E certamente è lei l’unica che, in tanti anni di battaglie, ha saputo tener testa al suo maggiore antagonista, così diverso, così “maschio” anche nel modo di chiamarlo: “il” Les Paul Custom!
Questa aquila ruspante che mai ha voluto saperne di humbucker e diavolerie, anche se la modernità qualche volta gliele ha appiccicate, nasceva nel lontano 1953 in quel nido californiano dal quale tante altre aquile avevano e avrebbero aperto le ali. Basti ricordare quel suo fratello di forme che ancora oggi è il Precision Bass, levatosi in volo solo due anni prima.
Per la paletta, e non solo, dovette ringraziare l’hawaiano Freddie Tavares, collaboratore del suo indiscusso padre Leo il quale, per voler essere originale in tutto e non piegarsi all’uso dell’allora e tutt’ora stimato Bigsby Vibrato, disegnò quel synchronized Tremolo che ebbe la sua buona fortuna per moltissimi anni prima di essere spesso rimpiazzato da più diabolici marchingegni.
La cronologia riassuntiva che riportiamo a parte (ndr: sul libro ) mette in luce i mutamenti che nel tempo la Stratocaster ha subìto. Nel ventennio Settanta/Ottanta lo strumento, pur avendo mantenuto la struttura di base, per molti aspetti non era più lo stesso. Prova ne fu il proliferare di ditte costruttrici di parti di ricambio le quali offrivano, accanto ai miglioramenti che l’esperienza e la tecnologia dell’epoca permettevano, componenti aventi le caratteristiche degli originali: dai manici-tastiera monoblocco in acero a “V” ai pickup con magneti ad altezze irregolari, avvolti col medesimo filo dei modelli anni '50, lo stesso isolante e lo stesso modo di adagiare le spire. Non ultima l’offerta di corpi in leggero frassino verniciati alla nitro.
Nel periodo CBS furono, infatti, offerti strumenti alquanto pesanti, certo più luccicanti ma come spogliati di quell’alone di unicità che faceva dimenticare difetti e approssimazioni molto spesso presenti nei modelli vintage meno fortunati.
Non considerando l’immancabile fascino esteriore che circonda gli esemplari davvero “vissuti e suonati” per molte primavere, è da riconoscere che il confronto tra il contatto fisico con un modello anni Settanta e quello che si ha con un esemplare pre-CBS, mette in luce un’avvertibile diversità. Il feel al manico del primo è alquanto diverso da quello offerto dal secondo, più di quanto i due millimetri in aggiunta di spessore potrebbero lasciar supporre. Il corpo del primo poi è più bulky (massiccio, voluminoso), anche se le misure sembrano rimaste invariate, e meno si avverte l’abbraccio del contour body. Per non parlare del suono, come ghiacciato negli esemplari CBS, con componenti metalliche, parente vicino dell’originale ma privo del calore e della pienezza del suono di quest’ultimo.
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