di Denis Buratto [user #16167] - pubblicato il 05 marzo 2013 ore 09:30
La recente intervista con Florio Pozza ci ha dato l’idea per questo breve approfondimento sul didgeridoo, uno strumento non facile da trovare sui palchi, ma che si sta pian piano guadagnando sempre più fan.
La recente intervista con Florio Pozza ci ha dato l’idea per questo breve approfondimento sul didgeridoo, uno strumento non facile da trovare sui palchi, ma che si sta pian piano guadagnando sempre più fan.
Vedere percussioni come marimba, udu, djembé e kalimba non è così raro, si adattano con facilità a diversi stili, ma soprattutto sono in qualche modo più facili da approcciare, sicuramente più semplici rispetto al didgeridoo oggetto di questo breve approfondimento.
Come molti degli strumenti etnici anche il didgeridoo è un’incredibile sintesi tra genio umano e natura. Tutto merito delle termiti che sgarnocchiano il midollo delle piante di eucalipto tipiche dell’Australia lasciano i rami completamente cavi. Gli indigeni non si sono certo fatti sfuggire questo regalo dei piccoli insetti devastatori di legno trasformando questo scarto della natura nello Yidaki, nome tradizionale di questo strumento. Didgeridoo infatti è quello onomatopeico, Florio nel video spiegherà da dove arriva questa termine.
Florio Pozza ci racconta che “deve avere delle caratteristiche ben precise per essere funzionante! E’ interamente costruito dalle termiti che tralasciano la parte esterna che negli eucalipti è durissima; poi viene tagliato a misura, pulito e dipinto secondi i simboli del clan di appartenenza; lo Yidaki che uso di solito proviene da Yirrkala nel Nord dell’ Australia, ed è uno strumento sacro che suono con il permesso e la benedizione aborigena.”
L’approccio a questo strumento però non è dei più semplici. La tecnica richiesta presuppone un po’ di pratica. La respirazione continua è l’unico modo che si ha infatti per poter emettere note lunghe e continue. Riuscire a respirare mentre si continua a emettere fiato dalla bocca può sembrare un superpotere degno di eroe Marvel, in realtà è frutto di allenamento, tanto che è stata mutuata e utilizzata anche da trombettisti come Wynton Marsalis. Ovviamente il didgeridoo non è come le canne di bordone delle cornamuse che emettono un’unico suono, ma anzi permette di articolare diverse sonorità. Continua Florio “Il suono base (drone) si ottiene mediante la vibrazione delicata delle labbra che entrano in simpatia con il legno che ad una determinata frequenza vibra! Come il vento che soffia in un tronco cavo… poi con la lingua, le guance e i suoni gutturali del diaframma e acuti del falsetto, si creano versi di animali e sonorità evocative ed ancestrali; il tutto acquisisce un senso definitivo quando subentra il respiro circolare che permette la continuità del suono senza doversi fermare per respirare… un trucco non facile da imparare.”.
Come avrete intuito dall’intervista pubblicata poco tempo fa al didgeridoo Florio Pozza associa un’ottima tecnica chitarristica, dando origine a quello che lui chiama didgeriblues: “Nel didgeriblues, la combinazione dei due strumenti, richiede una sorta di ‘dissociazione mentale’, fondamentale per mantenere il controllo sui due strumenti e farli interagire in sincrono… Si acquisisce con il tempo e molta pratica perché la respirazione circolare non si può fermare!”.
Per mettere le mani su un didgeridoo però non bisogna certo andare fino in Australia ormai vista la crescente richiesta molti marchi si sono adeguati creando intere linee di strumenti sia tradizionali che innovativi come nel caso della Meinl. I tre modelli proposti rappresentano alla perfezione la trasformazione di questo strumento tradizionale in prodotto commerciale, quindi più standardizzato rispetto all’originale. Il Bamboo Didgeridoo può essere un primo step per iniziare a suonare lo strumento a fiato più antico del mondo. Realizzato in bamboo, e possiede un ronzio molto caratteristico, pieno di armoniche. Il Synthetic Didgeridoo è una versione moderna del tradizionale didgeridoo in bamboo. Il materiale con cui è realizzato conferisce una notevole durata e non altera né lo strumento né il suono a seconda del meteo. Infine il più innovativo: il trombone didgeridoo, che può variare intonazione nello stesso modo di un trombone. E’ diviso in due sezioni: una parte con bocchino, con disegni molto chiari che indicano gli intervalli delle diverse intonazioni, e una seconda parte con la campana.