Dopo aver vagliato varie ipotesi ho pensato che, alla fin fine, rispetto alle mie esigenze l'acquisto di un semplice pedale di riverbero sarebbe stato limitativo, a maggior ragione tenuto conto che sino a quel momento non avevo mai avuto problemi a utilizzare solo il reverbero dell’amplificatore. Peraltro, perché ingolfare la pedaliera con un ulteriore pedale da utilizzare solo in pochi brani?
Casualmente, nella ricerca del mitologico shimmer mi sono imbattuto nella , scoprendo quello che, con una metafora commerciale piuttosto azzeccata, era stato definito il "coltellino svizzero degli effetti a pedale".
In effetti, il concetto della Line 6 M5 è proprio quello dello
swiss knife: inserire in un'unica unità un insieme eterogeneo di effetti – gli stessi delle "sorelle maggiori" M9 e M13 – da poter utilizzare alla bisogna quando più ci fanno comodo.
Gli effetti sono suddivisi in banchi, distinti sul display della Line 6 per colore:
- delay
- modulazioni
- distorsioni/overdrive
- filtri
- riverberi.
Non intendo soffermarmi in questo articolo sui singoli effetti della M5, ritenendo più pratico rinviare a pubblicato proprio qualche tempo fa su Accordo in merito alla M9 – che, come detto sopra, ha gli stessi suoni della M5 – della quale sono stati analizzati dettagliatamente i vari banchi. Mi limiterò ad aggiungere, come valutazione strettamente personale, che ritengo la M5 un'unità molto realistica e convincente pressoché per tutti gli effetti, a eccezione dei distorti, che mi sembrano un po' freddi. Convengo sul fatto che il termine sconti una necessaria soggettività del giudizio, ma si tratta di un difetto non ovviabile.
Peraltro, a conferma della bontà del prodotto in territori non distorti, un mio amico mi ha riferito di aver visto la suddetta unità in un setup di Dominic Miller. Personalmente, non avrei disdegnato la presenza nella M5 di qualche simulazione di amplificatori e chitarre acustiche, magari sacrificando qualche effetto degli oltre 100 presenti nella macchina, ma tant’è.
In ogni modo, gli aspetti su cui voglio concentrare l'attenzione in questa sede riguardano i profili più generali di uso della M5 ed i suoi pro e contro, soprattutto in rapporto ad altri concorrenti di mercato, in primis la recente Zoom MS 50G.
Con riferimento all’accesso ai singoli effetti e alla loro regolazione, la M5 è davvero intuitiva e semplice. Le sei manopole sul pannello frontale consentono di regolare i parametri dei singoli effetti riscontrando le variazioni sul display. Qui subentra però un problema, non di poco conto a mio parere: se non si lavora in modalità Preset e si sta navigando direttamente tra gli effetti disponibili, nel momento in cui si passa a un diverso effetto le variazioni settate in precedenza si perdono, a meno che non sia abbia avuto l’accortezza di salvare l’effetto modificato in uno dei dodici preset disponibili.
Il passaggio alla modalità Preset può avvenire manualmente dal pannello frontale oppure schiacciando contemporaneamente i due footswitch. Una volta entrati in questa modalità, è possibile, analogamente, effettuare uno scroll tra i preset manualmente, tramite l’apposita manopola sul pannello frontale oppure con i piedi, tramite gli switch. Nella modalità Preset, la M5 offre poi due alternative per l’attivazione dei suoni evidenziati:
a) automatica, ovvero il preset scelto si attiva automaticamente appena selezionato
b) manuale, nella quale non è sufficiente selezionare il preset per attivarlo, ma bisogna schiacciare ulteriormente il footswitch.
La modalità automatica è probabilmente pensata per un uso live dei preset, ma oggettivamente non è pratica, soprattutto quando si deve passare, per esempio, dal preset uno al quattro, il che implica necessariamente passare per i suoni due e tre che non potranno essere disattivati e verranno inevitabilmente uditi nell’esecuzione.
In realtà, ha poco senso considerare la M5 alla stregua di un multi effetto tradizionale: per questo c’è la M9 che ha gli stessi suoni. La M5, come ribadito, va considerata un coltellino svizzero, utilizzando un preset per volta in base al suono che si intende ottenere.
Qui è inevitabile una considerazione di ordine generale, che riguarda tutti questi tipi di stompbox: naturalmente, a seconda dei suoni che si intende utilizzare, la posizione della M5 nella catena effetti non è indifferente in relazione alla resa finale. Mi spiego. Personalmente ho posizionato la M5 al termine della catena perché intendevo utilizzarla principalmente come unità per il riverbero. È chiaro, però, che se in quella stessa posizione voglio attivare altri preset, come per esempio il compressore, che tipicamente viene posto a inizio catena, la resa non è ottimizzata. Intendiamoci, non è male, ma si potrebbe fare meglio.
Venendo ai principali difetti della M5, personalmente li compendierei così:
- impossibilità di combinare i preset. Nella M5 la logica dello swiss knife è applicata in maniera ferrea: solo ed esclusivamente un effetto per volta.
- dimensioni. Tutto sommato la M5 non è proprio tascabile: 152 x H60 x 165mm
- display molto piccolo e spartano. Nel display, i singoli parametri di ciascun effetto sono semplicemente rappresentati come piccole barre orizzontali, le cui dimensioni aumentano o diminuiscono a seconda di come si agisce sul parametro
- assenza di una connessione USB per l’aggiornamento del firmware, che deve essere fatto necessariamente con cavi MIDI
- prezzo. Effettivamente la M5 non è proprio economica, considerando che viene venduta a un prezzo che oscilla tra i 170 e 220 euro.
Per un prezzo decisamente inferiore, circa 100 euro, Zoom offre la , pedale che personalmente non ho provato e che, almeno sulla carta, non ha i difetti della M5 sopra elencati. La Zoom, infatti:
- consente di combinare sino a sei suoni, salvando i preset ottenuti dalle combinazioni
- ha le dimensioni di un pedale Boss standard, e quindi ha un ingombro dimezzato rispetto alla Line 6
- ha un display nel quale i singoli effetti vengono rappresentati graficamente in maniera realistica
- può essere connesso via USB per l'aggiornamento del firmware.
Di contro, la MS 50G ha "solo" 55 effetti, contro i 100 e più offerti dalla Line 6, anche se tra questi 55 effetti presenta ben otto simulazioni di ampli e un simulatore di chitarra acustica, che, come detto sopra, la Line 6 invece non offre. D'altro canto, mi sembra che la Zoom non preveda il famigerato reverbero shimmer (denominato "octo" nella M5), ma è verosimile che questo effetto si possa ottenere combinando sapientemente reverbero, delay e pitch shifter. La Zoom è però evidentemente carente rispetto alla Line 6 per quanto attiene agli effetti filtro (synth ecc.), presentandone appena cinque contro gli oltre venti della Line 6.
Sul piano della pasta sonora della Zoom, mi riservo di testarla quanto prima. In ogni modo, da quello che è possibile ascoltare in rete, con tutti i limiti del caso mi sembra di poter esprimere un giudizio positivo: i suoni, almeno sui territori non distorti, sembrano abbastanza convincenti.
In conclusione, fermo restando che un giudizio comparativo definitivo tra le due macchine si può offrire solo provandole testa a testa, mi sembra che la Zoom - pur offrendo sostanzialmente la metà delle simulazioni della Line 6 - possa vincere il confronto sul piano della versatilità. In quest'ottica, risultano decisive non solo le dimensioni contenute dell’unità, ma soprattutto la possibilità di poter combinare sino a sei effetti contemporaneamente, aumentando a dismisura le potenzialità creative di effetti nuovi. In quest'ottica, il gap relativo al numero di effetti riscontrabile rispetto alla Line 6 può essere quindi colmato, almeno in parte, ricorrendo alla combinazione.