Prima o poi un dilemma attanaglia ogni chitarrista: accertate sia la necessità di un delay sia la modestia del budget deputabile al suo acquisto (non più di quaranta euro), quali sono i pedali validi? Chiaramente, nessuno vuole ritrovarsi tra le mani un Behringer, per il quale è dubbia anche la definizione di "guitar effect stompbox". D'altra parte, non può nemmeno sperare di poter acquistare, spendendo quaranta euro, un pedale paragonabile a un Carl Martin o a uno Strymon. Persino nei grandi negozi online i prodotti disponibili sono pochi, tutti sconosciuti e, in rete, poco recensiti. Poco praticabile anche la pista che conduce all'usato, giacché il budget limitato impone, sostanzialmente, la valutazione, tanto nel nuovo quanto nell'usato, di pedali sconosciuti. Non rimane allora che selezionare alla cieca, sul nuovo o sull'usato, un prodotto tra i pochi possibili e sperare nella fortuna o, se seguaci di un qualche credo religioso, in una provvidenza divina di una specie tanto impropria quanto invocata. È nel corso di meditazioni in tal senso che il sottoscritto si imbatte in un pedale prodotto da un'azienda, , fino ad allora mai sentita. Il pedale va sotto il poco originale nome di "Digital Delay".
Inizialmente il sottoscritto trascura il pedale, considerandolo come uno dei tanti delay economici e scadenti sul mercato ma, dopo un paio di mesi, l'urgenza di avere un delay (dovuta alla volontà/necessità di eseguire alcuni brani dei Pink Floyd in vista di un esame presso l'Accademia Lizard di Messina, esame che sarà affrontato a giugno di quest'anno) conduce il sottoscritto a compiere il "folle volo" (perdoni l'Alighieri un uso così volgare di una tra le sue più auliche espressioni) e acquistare, su Amazon, il pedale. Pedale che giunge una settimana dopo l'ordine.
Aperta la scatola, subito una sorpresa: il suddetto pedale è stato infatti imballato con grande cura, meglio di certi altri (anche più costosi, vedesi un Ibanez FL-9) precedentemente ordinati. Disfatta tale armatura, ecco rivelarsi uno stompbox tanto semplice, nel suo argenteo chassis decorato solo da una nera fenice stilizzata, quanto ben costruito (nessuna manopola lenta, nessun potenziometro bloccato, pulsante di attivazione perfetto). Un colpo in testa a tutti i fanatici della denigrazione delle produzioni cinesi, insomma. Smontato il contenitore per verificare le sue strutture interne, l'impressione positiva si rafforza: nessuna saldatura approssimativa, nessuna sbavatura, nessun filo attorcigliato o sistemazione approssimativa.
A questo punto, urge esaminare il pedale nella sua effettività, nelle sue prestazioni. Si organizza allora un setup molto semplice: all'amplificatore (un Laney Ironheart gentilmente fornito da un facoltoso amico) si vanno a collegare, mediante cavi Cordial Neutrik di alta qualità, un pedale per la distorsione (un Visual Sound Jekyll&Hyde V2), un flanger (il già citato Ibanez FL-9) e il delay. Si sceglie di suonare una chitarra Music Man Luke II, equipaggiata con il trittico HSS che EMG ha dedicato a Steve Lukather. I primi suoni sperimentati sono di matrice quasi jazz, molto delicati ed espressivi, con appena un filo di overdrive in certi punti. In questi ambiti, il delay fa il suo lavoro egregiamente: fedele e presente, mai confuso o invasivo, anzi in certi punti è forse troppo delicato. Si decide allora di provare il famosissimo intro di "Run Like Hell" dei Pink Floyd, e il risultato è sorprendente: il suono è esattamente quello voluto, simile a quello del disco ma un po' meno sottile e aggressivo. Rimane a questo punto la prova decisiva: il solo finale di "Comfortably Numb". È doveroso evidenziare, che, durante l'esecuzione di quest'ultima parte del test, il sottoscritto si è commosso: dall'amplificatore sembravano uscire, a ogni bending, i tremendi echi delle urla di Bob Geldof nel film ispirato a "The Wall". A questo punto, l'acquirente è convinto: il Joyo Digital Delay va assolutamente inserito nella pedaliera. Ma la prudenza non è mai troppa, ed ecco quindi intervenire un amico, che con la sua Gibson Les Paul Custom e un distorsore MXR ribadisce quanto già notato in precedenza. Chiaramente, si decide di attendere ancora per valutarne la solidità costruttiva effettiva, ma certamente il sound è più che convincente. Dopo tre-quattro settimane dal suo acquisto, il pedale cade da un'altezza di circa un metro (si trovava su uno scaffale basso, per qualche motivo non ben identificato neanche dal sottoscritto, il quale però ivi lo aveva posto), e la manopola corrispondente al parametro Level si stacca. Nulla di grave, con un po' di silicone liquido tutto è sistemato, ma certamente questo evento non è un punto a favore della solidità costruttiva del pedale. Altro demerito sta nella finitura del box, che dopo pochi giorni dal suo acquisto ha già iniziato a sfregiarsi al contatto con le suole delle scarpe (eppure, chi scrive è una persona che non "pesta" i pedali).
In sintesi, il sottoscritto è soddisfattissimo del suo acquisto che presenta, naturalmente, i difetti propri a qualsiasi produzione economica, ma fornisce anche delle prestazioni che non fanno assolutamente rimpiangere i quaranta euro spesi per averlo. Tale pedale è oggi, dopo quattro mesi, stabilmente nella pedaliera del sottoscritto che non ha voluto, pur avendone la possibilità, assolutamente sostituirlo. Perché, in effetti, c'è una cosa che i test non hanno subito evidenziato, ma che con il tempo si è fatta notare: questo delay ha un carattere particolare, che solo con i giusti settaggi viene fuori. Un carattere delicato, gentile, quasi dolce, che lo rende adattissimo a ciò che chi scrive intende suonare, ovvero, oltre che l'esecuzione di cover dei Pink Floyd, anche la composizione e l'esecuzione di una propria commistione, molto espressiva, tra il black metal sinfonico e il progressive rock.
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