di paoloanessi [user #32554] - pubblicato il 07 aprile 2013 ore 08:00
A lungo la preferita del bluesman Johnny Winter, la Lazer ha vissuto il suo momento di gloria negli anni '80 colpendo l'immaginario comune con un progetto ardito per l'epoca. La headless del liutaio texano Mark Erlewine è terreno di sperimentazione per tecnologie all'avanguardia come quella alla base del ponte wine-o-matic ed è una delle tre protagoniste del nostro speciale dedicato a Erlewine Guitars.
A lungo la preferita del bluesman Johnny Winter, la Lazer ha vissuto il suo momento di gloria negli anni '80 colpendo l'immaginario comune con un progetto ardito per l'epoca. La headless del liutaio texano Mark Erlewine è terreno di sperimentazione per tecnologie all'avanguardia come quella alla base del ponte wine-o-matic ed è una delle tre protagoniste del nostro speciale dedicato a Erlewine Guitars.
La Lazer, chitarra progettata da Mark Erlewine e prodotta in Giappone da Hondo, è una delle protagoniste del trittico oggetto del nostro speciale su Erlewine Guitars. Già dal nome e dalla forma, la Lazer fa pensare a qualcosa di proiettato dal futuro ai giorni nostri. Sembra quasi uno strumento sperimentale, ma oltre le apparenze c'è tanta sostanza.
In soli 78 centimetri offre una scala normale da 25" 1/2 ed è pesante, anzi leggera, poco più di due chili. Ha un manico passante realizzato in tre pezzi di acero a cui sono applicate due ali laterali asimmetriche. Quella inferiore ha uno scasso che consente l'uso da seduti. Straordinario nella sua efficienza il ponte wine-o-matic, costituito da un bloccacorde dove dovrebbe esserci la paletta e sei tiranti orizzontali sul lato del corpo.
Colpiscono le dimensioni mastodontiche del ponte con, annesso, il sistema di accordatura. Le sellette, in cui si attaccano le corde con il classico pallino, possono scorrere per regolare l'accordatura grazie a delle manopole zigrinate che sporgono nella parte posteriore del ponte. L'accordatura è molto precisa e il dispositivo assicura un'ottima tenuta. Forse accordare è un’operazione non semplicissima, vista la vicinanza delle manopoline che oltretutto oppongono un po' di resistenza, ma il tutto richiede non più di una manciata di minuti.
La tastiera è quasi piatta con 24 tasti piccoli nelle dimensioni che, uniti a un manico confortevole quanto abbondante, ne fanno uno strumento non velocissimo ma comunque suonabile e godibile alla grande.
Due sono i pickup: doppio al ponte e singolo al manico di costruzione Erlewine.
I controlli di tono con un push/pull che splitta l'humbucker e il controllo volume (davvero efficace e regolare nell'escursione) sono a portata di dita. In mezzo troviamo un piccolo switch a tre posizioni per passare da un pickup all'altro.
Nell’imbracciarla, un elemento che colpisce istantaneamente è quanto sia bilanciata. Sembra quasi che sia la chitarra a trovare la giusta inclinazione, inoltre il peso e le dimensioni ridotte all'osso rappresentano un vantaggio non da poco.
Iniziando la prova con i suoni clean, mi hanno letteralmente stupito la versatilità e la credibilità nel possedere una così ampia gamma sonora della classica tradizione blues e rock. Possiamo ottenere cinque suoni: quello al manico, manico e ponte, doppio o singolo, solo ponte, ovviamente con doppia configurazione.
Per gran parte delle posizioni, i rimandi a Fender sono immediati e la direzione è verso il tipico suono ruffiano e ammaliante della Stratocaster. Invece, come una sorta di Dr. Jekyll & Mr. Hyde, quello al ponte porta istantaneamente alla dimensione Gibson, risultando grosso, grasso, caldo e graffiante nello stesso tempo: una vera goduria per le orecchie. Personalmente trovo che il pickup più difficile da utilizzare sia sempre quello al ponte: richiede infatti attenzione nella regolazione del suono e soprattutto un’appropriata contestualizzazione sonora. Ma in questa Lazer, sarà per la natura costruttiva dello strumento o forse per la distanza dal ponte inusuale rispetto alla totalità delle chitarre, uniti alla buona fattura del pickup, ne risulta un impiego di vasta applicazione. Proseguendo con i distorti, si scopre il territorio in cui la Lazer dà il meglio di sé. Con un suono ricco e pieno, ha quasi dell'incredibile l'assoluta regolarità del controllo volume nello scremare il gain, regalando un’ampia gamma di sfumature.
Ho conosciuto la musica di Johnny Winter al tempo del vinile e mi sono sempre chiesto quale fosse la ragione nell'impiegare una chitarra così particolare: ora lo so!