di kitestra78 [user #30170] - pubblicato il 30 aprile 2013 ore 13:30
Con la linea Classic Vibe, Squier propone una collezione di Stratocaster e Telecaster ispirate a epoche passate ma con caratteristiche costruttive aggiornate e una suonabilità moderna grazie a nuovi manici e pickup appositamente disegnati. La Telecaster Classic Vibe Custom raccoglie l'eredità Fender e la unisce all'abbordabilità Squier.
Con la linea Classic Vibe, Squier propone una collezione di Stratocaster e Telecaster ispirate a epoche passate ma con caratteristiche costruttive aggiornate e una suonabilità moderna grazie a nuovi manici e pickup appositamente disegnati. La Telecaster Classic Vibe Custom raccoglie l'eredità Fender e la unisce all'abbordabilità Squier.
Negli anni, l’immaginario collettivo del chitarrista in relazione al marchio Squier ha subìto andamenti altalenanti legati all’alternante livello produttivo del marchio. Se in principio, e quantomeno per tutti gli anni '80 e l’inizio degli anni '90, le Fender Squier sono state caratterizzate da una qualità costruttiva tutto sommato elevata, non è stato invece così a partire dalla metà degli anni '90 quando, complice la delocalizzazione produttiva dapprima in Indonesia e successivamente in Cina (leggi la storia di Squier), il livello qualitativo medio degli strumenti a marchio Squier è decisamente calato.
Si deve verosimilmente a questa fase storica l’associazione, quantomeno mentale, del marchio Squier a strumenti di qualità bassa o comunque entry level, associazione che è infatti frequente per chi, come il sottoscritto, si è affacciato all’universo della chitarra elettrica proprio in quegli anni.
Questa associazione mentale, che alla fine si traduce in un vero e proprio preconcetto – e come tutti i preconcetti è sostanzialmente duro a morire – si infrange però oggi contro la commercializzazione di una linea di strumenti dal rapporto qualità/prezzo nuovamente convincente: la serie Classic Vibe. Si tratta di una collezione di strumenti (Stratocaster, Telecaster e bassi) che, come si legge sul sito ufficiale, sono “basati sui classici design Fender® con alcuni specifici tocchi moderni” e, sempre nell’intenzione della casa, “regalano l'atmosfera di strumenti Fender classici con caratteristiche peculiari che si coniugano a un suono ricco, un’estetica vintage e un prezzo imbattibile”.
Verifichiamo quindi se è vero quanto dichiarato dall'azienda e quali sono i pro e i contro della linea che, per la cronaca, è realizzata in Cina.
La valutazione non sarà effettuata orizzontalmente, e cioè comparando più modelli della stessa linea, ma esclusivamente in riferimento alla Classic Vibe in mio possesso da circa due anni: la Telecaster Custom.
Passiamo dunque all’esame dello strumento.
L’estetica è davvero accattivante: la finitura sunburst con binding bianco è estremamente elegante e realizzata con precisione, anche per quanto concerne il binding per il quale, almeno nel modello in mio possesso, non si ravvisano particolari difetti di applicazione e/o sbavature. Vista da lontano, la Telecaster viene spesso scambiata per una "vera" custom. Personalmente, non mi piace la decal "Squier" sulla paletta, realizzata in oro con effetto glitter, ma qui siamo nel campo della soggettività. La verniciatura del body è abbastanza pesante ("gloss polyester" si legge sul sito) ma nonostante ciò, almeno sulla parte bionda del sunburst, lascia intravedere le venature del legno e, discretamente, anche il punto di giunzione tra i due pezzi del body, realizzato in ontano.
La tastiera è in palissandro, con segnatasti in pearloid, anche questi applicati in maniera estremamente precisa, così come i tasti medium jumbo. Il capotasto, invece, in osso sintetico, è realizzato e incollato maluccio, pur non influendo sostanzialmente sul suono, come confermatomi tra l’altro da un noto liutaio di Roma al quale l’ho affidata pochi mesi fa per un setup.
Il manico è in acero, anch’esso verniciato in gloss polyester, con trussrod accessibile dalla paletta (il che agevola radicalmente i setup). Il battipenna, per quanto non si evinca dalla foto, è mint green (verde anticato, diremmo, una sorta di color panna velato da un leggerissimo alone di verde, a mio parere molto elegante), realizzato in tre strati e molto resistente (ho avuto modo di asportarlo e rimontarlo più volte, per regolare i pickup, senza alcun cedimento).
La configurazione dei pickup è quella tipica della Telecaster: due single coil che la casa professa essere Alnico V, definendoli "custom set". Che cosa però si intenda per "custom set" non è dato sapere. Alcuni, in rete, sostengono che si tratti dei Tonerider, ma si tratta di notizia non verificata né, direi, verificabile. Sui pickup torneremo in seguito, parlando del suono della chitarra: per ora mi interessa anticipare che la chitarra è già predisposta per un upgrading del pickup al manico, atteso che il body, di serie, presenta uno scasso per l’alloggiamento di un eventuale humbucker.
I pickup sono azionabili con il classico selettore a tre posizioni che ho trovato da subito estremamente preciso e che, in due anni di utilizzo (per quanto non convulso) non ha dato alcun segno di cedimento. Molto ben assemblati sono anche i potenziometri (volume e tono) anche se un po’ duretti da azionare mentre si suona. Il ponte è quello classico in metallo a tre sellette (tutte filettate), non particolarmente risonante. Le meccaniche vintage style sono abbastanza precise e, sorprendentemente, reggono molto bene l’accordatura anche a fronte di bending selvaggi.
Il manico è molto comodo anche se, probabilmente complice il profilo modern C, non trasmette una sensazione di particolare pienezza della mano e risulta, a mio parere, sostanzialmente piccolo, pur avendo il sottoscritto mani assolutamente nella norma. Personalmente, non lo trovo né un pregio né un difetto, ma ritengo utile segnalarlo a beneficio di tutti coloro che magari si prefigurano un feel particolarmente vintage con il manico dello strumento e preferiscono manici cicciotti. La tastiera è estremamente scorrevole e agevola anche le scorribande più veloci. Sono forse leggermente penalizzati, invece, i bending, e ciò in ragione del radius che io reputo abbastanza piatto, almeno per i miei gusti. La casa dichiara un radius di 9.5" (241 mm).
Veniamo ora al suono, previe alcune piccole premesse generali. Occorre considerare che la chitarra dà il meglio di sé in accoppiata con ampli valvolari (io l’ho suonata su Vox AC30, Fender Blues Deluxe e uno stack Orange). Questa considerazione, se da un lato può apparire scontata, in realtà si apprezza meglio se si considera che la chitarra in oggetto, che personalmente reputo molto buona in rapporto al prezzo, perde molto del suo appeal se utilizzata su un ampli a transistor. In altri termini, mentre l’ampli valvolare ne esalta i pregi sonori camuffandone i difetti – che nella sostanza consistono, a mio parere, in una scarsa presenza del suono dei cantini – ho notato che gli ampli a transistor, anche se di buona fattura, determinano un effetto esattamente opposto: ne esaltano i difetti oscurandone, almeno in parte, i pregi. È inoltre una chitarra dall’output non particolarmente elevato, presumibilmente in virtù dei pickup. Non ho avuto modo di misurarne il livello di uscita ma, a parità di regolazioni rispetto alla mia Stratocaster USA Standard dell’89, la differenza si avverte.
Da spenta, la chitarra ha una buona risonanza e le vibrazioni sono ben trasmesse su tutto il body nonostante la verniciatura non proprio leggera. Sorprende anche il sustain, abbastanza elevato. I cantini risultano meno presenti e brillanti di quanto ci si possa aspettare, ma ritengo che a questo difetto si possa agevolmente ovviare mediante un upgrade del ponte con sellette in ottone, e verosimilmente – sebbene probabilmente con minore incidenza sul suono – mediante una sostituzione del capotasto. Il suono amplificato restituisce abbastanza fedelmente le impressioni che si avvertono a chitarra spenta. Il timbro dello strumento amplificato corrisponde a quanto ci si aspetta in relazione alla configurazione classica dei pickup, dunque:
- pickup al ponte, suono molto tagliente con prevalenza delle alte frequenze e un buon twang; - pickup centrale, suono più nasale, con medie frequenze più evidenti e minore apertura del suono; - pickup al manico, suono più rotondo, con bassi più definiti.
Delle tre configurazioni, quella meno convincente, almeno sulla mia chitarra, è quella al manico, che a mio parere conserva ancora una certa nasalità e, anche con il controllo del tono completamente aperto, risulta in un certo qual modo un po' ovattato. Problema, questo, che non si risolve neanche lavorando sull’altezza del pickup. Non escludo quindi una sostituzione del pickup, magari con un humbucker, approfittando della presenza dello scasso nel body.
Con riferimento ai possibili impieghi della chitarra, premetto che io la utilizzo quasi esclusivamente per suonare cover dei Police e di Sting, visto che milito in una tribute band (romana). In questo contesto, pur essendo una chitarra radicalmente diversa dalla Telecaster di Andy Summers (da tutti i punti di vista), con i giusti abbinamenti in termini di effetti, fa molto bene il suo lavoro.
Potete ascoltarla, con l’utilizzo del pickup al ponte, in queste demo registrate con un Vox AC30 e con la catena effetti che vedete in fotografia. Dei brani nella demo, "King of Pain" è l'unica suonata con la Stratocaster Standard USA dell'89. Il setup utilizzato è tuttavia identico in termini di ampli (con i relativi settaggi, invariati) e catena effetti. Quindi l'ascolto di "King of Pain" può essere utile, sia pure con i limiti del caso, in chiave comparativa.
Tenete conto che, degli effetti visibili sulla pedalboard, ho utilizzato esclusivamente Delay Digitech, Flanger Electric Mistress e la simulazione del DS1 sul Boss Drive Zone. Il riverbero è invece quello dell’AC30 con cui è stata effettuata la registrazione.
Per completezza, inoltre, non avendo avuto modo di registrare il suono non effettato della mia Telecaster nelle sue varie configurazioni, rimando a questo video per darvi un'idea abbastanza fedele del suono dello strumento.
Ciò detto, al di là degli impieghi in ambito "poliziesco", ho avuto modo di suonare la chitarra anche in altri contesti – eccezion fatta per territori high gain – e devo dire che si tratta di uno strumento che, pur avendo una voce abbastanza personale, è comunque estremamente versatile e se la cava egregiamente, oltre che in ambiti blues e funk, anche anche in contesti hard rock (dove mostra di digerire bene l’abbinamento al Rat).
A voi i giudizi del caso, previa prova altamente consigliata della chitarra.
Personalmente, ritengo che il rapporto qualità prezzo delle Classic Vibe sia vincente, e che con limitati upgrade (sostituzione del ponte in primis) sia possibile elevare ulteriormente e notevolmente la resa già alta dello strumento. I contro, tenuto conto del prezzo inferiore ai 400 euro (o ai 300 se si va sul mercato dell’usato), sono sostanzialmente limitati e, come si è detto, agevolmente risolvibili.
Dal canto mio, continuo ininterrottamente a utilizzare la Telecaster nella mia tribute pur senza aver apportato upgrades da quando l’ho acquistata (a SHG 2011, per la cronaca).
In conclusione, chi pretende di trovare nella Classic Vibe una sorta di clone a prezzo discount di modelli storici Stratocaster/Telecaster, non coglie evidentemente nel segno.
Il concetto sottostante alla serie Classic Vibe è infatti quello di restituire l’essenza – appunto il "vibe" – dei modelli classici, senza la pretesa (che sarebbe assurda a questi prezzi) di emularli, aggiungendo inoltre a questo vibe alcuni elementi (pickup, shape del manico ecc.) che strizzano l’occhio alla modernità. In questa prospettiva, dunque, a mio parere non sbaglia la casa quando afferma che le Classic Vibe “regalano l'atmosfera di strumenti Fender classici con caratteristiche peculiari che si coniugano a un suono ricco, un’estetica vintage e un prezzo imbattibile”.
Nota della Redazione: Accordo è un luogo che dà spazio alle idee di tutti, ma questo non implica la condivisione di ciò che viene scritto. Mettere a disposizione dei musicisti lo spazio per esprimersi può generare un confronto virtuoso di idee ed esperienza diverse, dando a tutti l'occasione per valutare meglio i temi trattati e costruirsi un'opinione autonoma.