Quando il Dio della chitarra andava a lezione - Intervista a Steve Vai
di Gianni Rojatti [user #17404] - pubblicato il 18 giugno 2013 ore 13:00
Incontriamo Steve Vai per farci raccontare la sua formazione musicale e le sue esperienze come insegnante di chitarra. Una chiacchierata che svela un lato meno noto del grande chitarrista.
A breve inizierai un tour di guitar clinic che attraverserà l'Italia. Immagino che anche tu da ragazzino abbia partecipato a qualche guitar clinic. Ne ricordi qualcuna in particolare che più delle altre ti ha influenzato? E, più in generale, ci racconti la tua formazione musicale?
A dire il vero non c’erano guitar clinic quando ero un ragazzino. E’ un tipo di incontro e pratica didattica, relativamente nuova. Ma ho imparato molto da ogni singolo insegnante che ho avuto nella mia vita.
La mia formazione musicale è iniziata quando avevo nove anni. Prendevo delle lezioni di fisarmonica, strumento che ogni giovane ragazzo italiano newyorkese di Long Island doveva saper suonare. Tutt’oggi, sono ancora capace di suonare “Arrivederci Roma” alla fisarmonica.
Ma è stato a dodici anni che ho iniziato a fare sul serio. Iniziai a seguire corsi di musica davvero intensi e impegnativi durante le scuole superiori, con uno strepitoso insegnante chiamato Bill Westcott.
Con grande probabilità Westcott è stato l’insegnante per me più importante in termini di studio della teoria e della composizione. Queste lezioni proseguirono per sei anni, praticamente tutte le scuole superiori. E’ stato in questo periodo che ho imparato a comporre e a capire e usare praticamente ogni singolo aspetto del linguaggio teorico musicale. Allo stesso tempo, sempre attorno ai 12, 13 anni ho iniziato a prendere lezioni di chitarra da Joe Satriani. Quella è stata la mia principale e più importante formazione chitarristica. La cosa più importante che ho imparato da Joe è che ogni volta che si suona la chitarra, ciò che viene fuori dovrebbe suonare come musica.
Poi ho preso pure delle lezioni di chitarra jazz da un ragazzo di nome Tom Sharkie e qualche lezione più incentrata sulla fusion da un altro chitarrista chiamato Joe Bell; quindi, altri vari insegnanti di chitarra che si sono succeduti in quegli anni.
Una volta diplomato, ho frequentato la Berklee di Boston una delle più rinomate università musicali. Ma non ho imparato molto di più la teoria di quanto avessi già appreso al liceo.
Semmai, è stato l’accesso alla sconfinata libreria musicale che la Berklee offriva a essere un punto di svolta fondamentale della mia vita. Ho potuto scoprire e attingere da così tanta musica alla quale altrimenti mai sarei potuto arrivare.
Che tipo di suggerimento ti senti di dare ai partecipanti alla tua clinic perché possano affrontarla certi di godersela e sfruttarla al meglio?
Consiglio di arrivate con la mente aperta e senza troppe aspettative che li condizionino.
C’è una domanda che realmente ti auguri non ti venga più rivolta a una clinic? Alla quale proprio detesti rispondere?
Rispondo volentieri a qualunque domanda percepisco sia importante per la persona che me la sta porgendo. Anche se magari ho risposto a quella domanda letteralmente centinaia di volte, cerco sempre di renderla interessante e nuova ogni volta che la riaffronto.
Sulla base delle domande che ricevi alle clinic, riesci a identificare una parte specifica della tua carriera e produzione discografica verso la quale chi ti segue è più legato e curioso?
Non proprio. Il pubblico delle clinic è così ampio e variegato…La maggior parte dei chitarristi che partecipano sono perlopiù interessati a fare domande su come trovare la propria voce sullo strumento. Poi sì, alcuni conoscono tutta la mia musica e fanno domande specifiche su alcune canzoni; alcuni viceversa non conoscono bene la mia produzione e magari sono più interessati ad avere semplicemente informazioni tecniche sulla chitarra. Addirittura, spesso molti tra i partecipanti non sono nemmeno i musicisti e sono semplicemente interessati a sentirmi parlare e suonare.
Sei diventato famoso giovanissimo, suonando con Frank Zappa. Hai mai avuto il tempo di dedicarti all’insegnamento come hanno fatto molti tuoi colleghi prima della popolarità? Penso per esempio a Paul Gilbert o Joe Satriani?
Certo. Ho iniziato a dare lezioni quando avevo 15, 16 anni e ho avuto davvero molti studenti, anche se stavo ancora a mia volta prendendo lezioni da varie insegnanti. In definitiva, ho insegnato costantemente in tutti gli anni in cui ero uno studente di musica. Persino mentre frequentavo la Berklee ho avuto alcuni studenti e quando mi sono trasferito in California - dopo aver lavorato con Frank Zappa – ho addirittura fatto dell’insegnamento il mio lavoro. È così che ho pagato l'affitto, costruito il mio studio e finanziato la registrazione del Flex-Able: dando lezioni di chitarra!
Mi è sempre piaciuto molto insegnare. Inoltre ho scoperto che si può imparare molto su se stessi insegnando. Come didatta trovo importante ascoltare lo studente per cercare di aiutarlo a identificare la cosa che è più importante per lui. Aiutarlo a cogliere il tipo di sogni e speranze che coltiva nel profondo; spronarlo a capire come vorrebbe vedersi e visualizzare realmente quali sono i suoi obbiettivi. Cerco di aiutare lo studente a rompere, scomporre quei grandi obiettivi in piccoli obbiettivi, piccoli traguardi da raggiungere facilmente e in maniera graduale.
Per chi decidesse di partecipare alla clinic e volesse prepararsi con un bel ripasso sullo stile di Steve Vai, riproponiamo una ricca lezione dedicata all'analisi del suo solismo.
Ecco infine l'elenco completo delle date italiane dello Steve Vai "Alien Guitar Secrets Tour 2013"