di Denis Buratto [user #16167] - pubblicato il 17 settembre 2013 ore 07:30
Le corna della Diavoletto non invecchiano coi decenni, ma per portare la SG nel futuro è necessario un restyling che badi ai particolari. Un manico inedito, meccaniche singolari e nuove chicche modellano la SG Future Tribute.
Le corna della Diavoletto non invecchiano coi decenni, ma per portare la SG nel futuro è necessario un restyling che badi ai particolari. Un manico inedito, meccaniche singolari e nuove chicche modellano la SG Future Tribute.
Per tutti quelli che immaginano la chitarra del futuro come qualcosa dalle forme avveniristiche, con un coefficiente aerodinamico da Concorde e materiali all’avanguardia, Gibson ha pensato bene di stampare la scritta Future sulla placca copri truss rod di una SG più che mai tradizionalista, almeno nell’aspetto. Come sempre l’abbiamo affidata a Michele Quaini per un bizzarro viaggio nel futuro.
Difficile immaginare fino a dove si potrà spingere la tecnologia applicata alla chitarra elettrica, strumento che di per sé ne fa un uso molto ridotto. Abbiamo visto chitarre in grado di accordarsi da sole, altre di restare perfettamente intonate grazie a software dedicati. Quella che abbiamo tra le mani oggi invece, pur essendo dedicata al futuro, resta all'apparenza una Gibson SG ben più legata al passato di quanto si possa immaginare. Avevamo già affrontato l’argomento con la Les Paul Future Tribute, ed ecco che tra le nostre grinfie è capitata la gemella SG Future Tribute, stessa serie e dedicata allo stesso periodo.
Le caratteristiche sono molto simili. Abbiamo un body completamente in mogano, senza top in acero, disponibile in tre colorazioni classiche: Vintage Sunburst, Heritage Cherry ed Ebony. Per rimarcare la modernità del progetto, tutte e tre le livree sono satinate, una finitura piacevole al tatto e che effettivamente può dare un tocco di modernità alle classiche forme della Diavoletto. Certo però il satinato non è sufficiente a giustificare il Future scritto sulla paletta. Il manico, anch’esso in mogano, aggiunge un altro tassello in grado di allontanare questa SG dagli anni '60. Se da un lato troviamo una normalissima tastiera in palissandro, sul lato opposto fa bella mostra il nuovo profilo asimmetrico che, aiutato dal peso e dalle dimensioni ridotte rispetto alla Les Paul Future, sembra ancora più sottile e comodo. La forma è studiata per garantire accessibilità ed ergonomia dal primo fino al 24esimo tasto. Sì, avete letto bene: la SG Tribute conta 24 tasti medium jumbo. Completano la dotazione hardware un capotasto in black Corian sagomato tramite PLEK per una precisione assoluta e il ponte Tune-o-matic. Sull'esemplare che abbiamo testato è inoltre montato il sistema Min-ETune, ma va sottolineato che le meccaniche applicate di serie sulla Gibson SG Future Tribute sono forse la parte più moderna di tutto lo strumento. Si tratta infatti delle Steinberger Gearless tuners, delle meccaniche davvero innovative in grado di garantire un’accordatura perfetta senza stressare in nessun modo la corda.
La parte elettronica è identica a quella che abbiamo già sentito sulla Les Paul. Al manico troviamo un ’57 Classic, che cerca di riprodurre il leggendario suono dei PAF originali, mentre al ponte è adottato un ’57 Classic Plus leggermente over-wound, per aumentarne l’output e rendere il sound più cattivo e ricco in posizione tre.
La scelta dei due humbucker va forse un po’ in controtendenza rispetto alla voglia di creare uno strumento che strizzi l’occhio al futuro. In realtà la filosofia che si cela dietro questa SG è quella di modernizzare a piccole dose un progetto vecchio di cinquant’anni senza stravolgerlo, andando a toccare solo i punti che veramente necessitavano di accorgimenti più consoni agli anni 2000. In Gibson avran pensato che non era certo il sound della Diavoletto ad aver bisogno di un make over, ma solo la suonabilità e il confort. Quindi ecco sparire qualche grammo di legno dal manico, una ritoccatina alle forme del body, colori accattivanti e dettagli tecnici d’avanguardia che non stravolgano però il normale uso (com'è invece nel caso della Dusk Tiger o della Firebird X). Ecco quindi che il suono che sentiamo uscire dall’amplificatore è niente di meno di quello che ci aspetteremmo da una SG tradizionale. Cattivo e tagliente con il pickup al ponte, in grado di essere sguaiato e diventare alla bisogna perfino fastidioso. Più cupo e caldo quello al manico, in grado magari di sfiorare anche suoni più jazz, rotondi e scuri.
La SG Future Tribute è una chitarra che probabilmente non farà breccia in tutti i cuori, soprattutto negli amanti dei modelli più tradizionali. Ma, forte di un prezzo ben al di sotto dei mille euro, potrà essere un ottimo ponte di lancio per chi volesse entrare nell’orbita del marchio di Nashville senza prosciugare il conto in banca. Certo, qualche compromesso con le finiture va accettato, ma si può chiudere un occhio.