di LaPudva [user #33493] - pubblicato il 12 ottobre 2013 ore 12:00
Jan Kuehnemund, chitarrista e fondatrice delle Vixen, è morta dopo una strenua battaglia contro il cancro. La band aveva appianato le divergenze e la formazione originale era in procinto di tornare sul palco.
C’è stato un periodo dei miei anni di teenager in cui la passione per la musica, di pari passo con le prime turbolenze ormonali, si è trasformata in una forza travolgente. All'epoca non sapevo bene come avrei incanalato questo entusiasmo. La soluzione più ovvia sarebbe stata mettersi a suonare, ma già allora preferivo indugiare sugli ascolti e i miei infiniti appunti. Un bel giorno del 1990, però, i miei (quasi) quindici anni si scontrarono frontalmente con un videoclip trasmesso da Videomusic che mi fece "seriamente" pensare di voler fare la musicista per almeno un paio di settimane: si trattava di "How Much Love" delle Vixen, band statunitense tutta al femminile al suo secondo LP ma con dieci anni di musica alle spalle.
Le Vixen erano potenti ma femminili, facevano hard rock ma ad alto contenuto melodico, erano rumorose ma con classe e – cosa non trascurabile - avevano un’immagine ben più che accattivante. Guardando quel compendio-video dall'hair metal che era il clip del loro summenzionato singolo, non si poteva non rimanere colpiti dalle quattro: Janet Gardner alla voce, Roxy Petrucci alla batteria, Share Pedersen al basso e la valchiria Jan Kuehnemund alla chitarra erano una bomba.
Era stata proprio lei, la bellissima Janice Lynn Kuehnemund, classe ’61, a fondare le Vixen con l’amica Janet Gardner quando erano ancora ai tempi delle superiori, nel Minnesota. Dopo il primo EP risalente al 1983 e una partecipazione alla colonna sonora del film "Hardbodies" l’anno successivo (in quell’occasione al basso suonò Pia "Koko" Maiocco, fidanzata e futura moglie di Steve Vai), le ragazze si spostano a Los Angeles, dove la band assume una lineup più stabile e non tarda a farsi notare. Nell’87 arriva il contratto con la EMI e nell’88, finalmente, il primo disco, Vixen. Il lavoro di debutto, forte di un singolo scritto da Richard Marx (“Edge of a Broken Heart”), le porta al successo, quello da disco d’oro, e a una serie di tour con artisti del calibro Ozzy Osbourne, Bon Jovi, Billy Idol, Scorpions, Europe e molti altri.
Dopo un anno esce il loro secondo lavoro, Rev It Up, forse il migliore. Bei pezzi ben realizzati, scritti dalle Vixen con un paio di collaborazioni (nella fattispecie, la title track è stata scritta con Ron Keel dei Keel e degli Steeler, e la “mia” “How Much Love” con Steve Plunkett degli Autograph). Altro successo incredibile. Seguono tour coi Kiss e coi Deep Purple. Una carriera in ascesa, dunque, ma a sorpresa giunge la notizia che nel ’91 la band di scioglie per motivi mai pienamente chiariti. Ognuna prosegue per la sua strada, salvo poi tornare insieme per alcuni tentativi di reunion parziali che lasciano pensare che non corra buon sangue tra alcune delle indimenticabili "volpi". La magia, insomma, quella del posto giusto al momento giusto, non c’è più e con immenso dolore ieri ho appreso che ogni speranza che essa torni è definitivamente tramontata. Sul sito della band è comparso questo messaggio:
È con profonda tristezza che annunciamo l’improvvisa scomparsa della fondatrice e chitarrista della Vixen, Jan Kuehnemund, che ha perso una fiera battaglia contro il cancro giovedì 10 ottobre 2013. Benché principalmente nota per le sue doti di chitarrista e altri talenti musicali, Jan era una rara e bellissima amica in ogni senso del termine. Umile, profonda, leale e gentile, era la più buona delle donne e possedeva la forza mite di una vera guerriera. Amava e apprezzava genuinamente i suoi amici e i suoi fans più di quanto la maggior parte delle persone potrà mai sapere. Coloro i quali sono stati così fortunati da averla conosciuta e amata sono devastati per la perdita di Jan, il cui spirito splenderà attraverso la sua musica in eterno. Jan era molto coraggiosa. Non si è mai lamentata. Non si è mai arresa. Il cancro ha avuto la meglio sul suo corpo ma non ha MAI piegato il suo spirito, in alcun momento. Fino al momento stesso in cui è morta, ha creduto veramente che sarebbe tornata a casa. Jan… sentiremo la tua mancanza… ma non ti dimenticheremo mai.
E sulla pagina Facebook della bassista Share Pedersen (ora Share Ross) si apprende anche che ogni divergenza era stata appianata e che la formazione originale era proprio in procinto di tornare, unita come un tempo, se nel gennaio scorso non fosse arrivata la terribile diagnosi - tenuta segreta per volonta della stessa Kuehnemund - a distruggere il progetto.
Non c’è spazio, qui, per i necrologi tradizionali, perché Jan Kuehnemund era atipica sotto tutti i punti di vista. Nome forse meno altisonante di altri nel nostro paese, ha dedicato la sua intera esistenza alla musica con umiltà e, se non è stata una caposcuola del suo strumento, è diventata nondimeno una figura chiave del rock al femminile, lasciandoci davvero qualcosa di bello, piacevole e ben più che dignitoso da riascoltare dopo quasi un quarto di secolo dall’uscita.
Ricordi, lacrime e pensieri per questa fantastica donna della musica che ci ha lasciati.