Abbiamo raggiunto Andy Timmons per un'intervista esclusiva alla vigilia del tour con la band di Simon Phillips con la quale, a breve, attraverserà l'Italia. Tra qualche anticipazione sul disco e una sbirciata alla sua pedaliera, troviamo un Andy particolarmente ispirato, impaziente di salire sul palco e stuzzicato dal jazz.
Ascoltando le preview del disco dei Protocol si ha quasi l’impressione di imbattersi in un tuo lavoro solista: la chitarra ha un ruolo principale, suona i temi e fa gli assolo. Complimenti!
Come è stato registrato l’album? Che strumentazione hai usato.Grazie! Sì, in effetti sono il "cantante" in questo disco! Tradizionalmente il mio ruolo nella band di Simon era affiancarmi al sax per doppiare o dividere delle parti. Ora questa responsabilità, parlo principalmente dell’esposizione dei temi, è tutta mia. Questo disco è più essenziale e spoglio rispetto ai precedenti perché di fatto è live, suona come un live. Del resto è normale che sia così visto che è stato registrato…live! Quattro ragazzi in uno studio di registrazione che suonano assieme, comunicano guardandosi negli occhi e premono il pulsante di registrazione. Questa è la sensazione! La strumentazione è la solita: per gli ampli Mesa Boogie Lone Star in stereo. Poi una pedaliera con parecchi effetti: TC Chorus, Strymon Timeline, Tube Screamer TS-808 d’annata, Keeley modded Boss Blues Driver, Bradshaw Dunlop Wah, Carl Martin Compressor, Xotic a BB, Carl Martin Octaswitch, Peterson StroboStomp…Per le chitarre invece ho usato un originale Ibanez AT-100, la nuova AT-10 Premium e una copia di Stratocaster creata da Chad Underwood
Con questo disco torni alla fusion. Dopo anni nei quali ti sei pienamente dedicato al rock’n'roll più ruspante dei tuoi progetti solistici e per di più in una formula di power trio, chitarra, basso e batteria com’è tornare a suonare questa musica? Armonie più complesse, condivisione degli spazi con le tastiere…
Ci ho lavorato e mi sono preparato. La mia unica preoccupazione in qualunque progetto o band mi sia trovato coinvolto è sempre stata quella di esprimermi in maniera appropriata, pertinente alla situazione. Fortunatamente, negli ultimi due anni ho ripreso i miei studi jazz e ho studiato e mi sono esercitato molto. Penso che questo mi abbia veramente aiutato nella preparazione di questo disco. Studiare e praticare jazz ti impegna su vari fronti: dalla tecnica, alla teoria, affina il tuo orecchio e ti aiuta a suonare sui cambi di accordo.
A che ti tipo di show assisteremo in questo tour? I brani hanno strutture chiuse o sono canovacci che si predispongono a variazioni e improvvisazioni come nella tradizione più jazzistica?
C’è un sacco di spontaneità nella musica di Simon! Partiamo da strutture e canzoni ben definite ma all’interno ci sono spazi enormi, momenti speciali affidati all’interplay e all’ispirazione del momento. In studio c’era proprio questo tipo di energia, di chimica, che ora non vedo l’ora di ricreare e riproporre dal vivo. Non possiamo che crescere e lievitare ulteriormente in questi concerti!
La strumentazione che mi hai descritto prima sarà la stessa che ti vedremo sul palco in questo tour?
Sarà esattamente la stessa. Mi porto quello che avevo in studio con l’eccezione dell'aggiunta del sistema di switch Gigrig G2. Amo l’Octaswitch, ma per queste data mi serve la flessibilità midi che offre il G2.
In questi concerti ci sarà spazio per qualche pezzo del tuo repertorio solista?
Per il momento non si è pianificato o deciso nulla a riguardo. Ma le prove per il tour iniziano proprio in questi giorni. Staremo a vedere.
(Le foto di corredo a questo articolo si rifanno al tour che Andy Timmons ha tenuto lo scorso maggio nel nostro Paese. Con la mia band, i Dolcetti, gli abbiano fatto da spalla in giro per l'Italia e ogni sera ho fatto varie foto tra palco e backstage. Da quanto Andy dichiara nell'intervista, la strumentazione sarà la stessa. Da notare l'inedita Ibanez Signature bianca che Timmons usava per una manciata di brani.)