Se penso a un chitarrista che apre un negozio di strumenti, mi vengono subito in mente i grandi liutai che hanno fatto la storia della chitarra senza saperla neanche suonare. Quanto è importante, secondo te, essere così dentro al mondo musicale quando si intende entrare nel commercio degli strumenti?Tutto parte dalla voglia di rimanere all'interno di un settore a cui sono appassionato, e non soltanto come musicista. Tutti siamo stati acquirenti prima che negozianti, nel mio caso.
L'attività musicale continua ad andare avanti ma non ha mai rappresentato in realtà un'occasione di lavoro vera e propria. Io lavoro per una multinazionale americana che si occupa di sicurezza informatica e, all'alba dei quarant'anni, ho cominciato a pensare a come avrei potuto rimanere all'interno di un settore che, come ti dicevo, è quello che mi appassiona di più. L'idea di aprire un negozio è subordinata un po' a questo aspetto: vediamo se riesco a costruirmi una vita che mi vede legato a plettri, corde e legni.
Quanto sia importante che io venga da questo ambiente? Non lo so! Come dici, non c'è un link che collega la conoscenza della materia alla produzione dello strumento, però secondo me quello che manca in Italia non è tanto il prodotto, ma il servizio. È più facile fornire un servizio quando hai la percezione di cosa effettivamente serve all'utenza, ed è frutto di vent'anni passati nei negozi a cercare di capire chi avrebbe potuto aiutarmi nello scegliere ciò che faceva al caso mio, nel capire quale strumento fosse adatto, cioè avere una serie di informazioni tali da permettermi di scegliere in un panorama che è vasto per definizione.
Credo che questo possa essere sicuramente un valore aggiunto in termini di servizio all'utenza, dopodiché chi vivrà vedrà, perché è un'esperienza nuova anche per me.
In negozio, insieme allo store manager Alessandro Succi, abbiamo scelto Olaf Thorsen, al secolo Carlo Andrea Magnani e mio compagno d'avventura nei Labyrinth, come commesso all'interno del negozio. Proprio per cercare di dare continuità a questo tipo di idea che spero ci differenzi un po' rispetto ad altre realtà.
Non ti senti un po' come un obeso che apre una pasticceria? Quante ore al giorno passi attaccato alle chitarre in negozio?Questo è davvero un problema, hai centrato esattamente il punto! Considera che gli strumenti che proponiamo in negozio sono già stati comprati, quindi il link mentale è "accidenti, tutte queste chitarre sono mie!", e il pensiero di non poterle portare a casa e vivermele come vorrei è la cosiddetta spina nel fianco. Ovviamente potrai immaginare che il sabato, quando sono tutto il giorno in negozio, passo tutta la giornata a imbracciare modelli che diversamente avrei avuto difficoltà a suonare… hai ragione, in questo momento sono un obeso in una pasticceria, il problema è che non posso mangiare quello che ho in negozio altrimenti chiudiamo dopodomani!
Cosa vuol dire aprire un negozio in Italia oggi?Prima di tutto vuol dire essere delle persone totalmente incoscienti. Lo scenario che stiamo vivendo e le difficoltà di chi fa impresa richiedono una certa dose di incoscienza, perché le difficoltà a cui siamo andati incontro in questo primo anno preparatorio sono davvero tante. Per farti un esempio, un negozio non ha la possibilità di piazzare un'insegna sulla base di criteri di buongusto, anche nel rispetto dell'architettura urbana eccetera, perché ti scontri con scenari legati alla burocrazia ai limiti dell'impossibile. Le difficoltà ci sono, ma le superi grazie a tanto entusiasmo e qualche idea nuova rispetto a quello che è stato prodotto fino a oggi.
Non è facile, ma credo che lo spazio ci sia ancora. Secondo me bisogna avere la fortuna e la pazienza di pensare non nel breve, ma almeno nel medio e lungo periodo. È ovvio che tutto questo decade quando l'esigenza di portare a casa lo stipendio è così forte da non permetterti di lavorare con coscienza.
Poi ripeto, l'elemento sostanziale secondo me è il servizio. Quello che stiamo cercando di fare è che il negozi torni a essere prima di tutto un punto d'incontro. Io passavo i miei pomeriggi da adolescente in un negozio di dischi, e non per comprare un disco, anche se poi ci scappava. Era un punto dove parlare di musica, confrontarsi, conoscere persone, ed è un po' quello che vogliamo cercare di replicare in Sunburst. Ci riusciremo? Non lo so, sicuramente le idee che stiamo mettendo in campo sono tante.
Ti faccio un esempio, il giovedì sera terremo aperto fino alle dieci per dare spazio alle persone che, come me, finiscono di lavorare tardi e non hanno tempo di visitare il negozio, se non nel weekend. Abbiamo programmato inoltre alcuni eventi, uno in cui io racconterò la mia esperienza da musicista con i miei strumenti, poi altri incentrati sulla produzione, retroscena e tecniche costruttive, su cui vi diremo di più a breve.
Naturalmente abbiamo i nostri interessi commerciali, non siamo una ONLUS, ma vediamo anche una responsabilità sociale nel ricreare interesse intorno alla musica, cosa che secondo me oggi viene un po' a mancare non per carenza di offerta ma, passami il termine, per un problema culturale.
Come contate di confrontarvi con le realtà del mercato online?Quello online è un canale intelligente che sfrutteremo anche noi a breve.
Piaccia o meno, ma nel 2014 non possiamo prescindere da internet e, nel nostro caso, dall'e-commerce. Inoltre abbiamo costantemente gli occhi aperti su cosa succede nei punti di riferimento internazionali, in modo da assicurare sempre delle offerte concorrenziali.
Il problema col web è sempre lo stesso: nel momento in cui compro online da Mediaworld, colgo l'occasione di comprare a un costo ridotto rispetto a quello del negozio un oggetto che conosco già bene, a scatola chiusa. Però poi viene a mancare un servizio, cioè non ci sarà nessuno in Mediaworld che mi spieghi come configurare il router wireless che ho comprato sul loro sito, per fare un esempio. Quello che cercheremo di fare in Sunburst sarà un po' la stessa cosa, con la differenza che anche con l'acquisto online cercheremo di fornire un servizio di assistenza, quindi un contatto più umano nei confronti di una piattaforma che di suo è sterile.
Secondo me è un'ottima occasione, si tratta solo di prendere il buono che l'online può offrire e mettere un po' di buona volontà e tempo per seguire il cliente, indipendentemente da che ci venga a trovare in negozio o acquisti online.