di FLIPPER01 [user #35901] - pubblicato il 06 dicembre 2013 ore 14:00
La musica si insegna sugli spartiti, dove a parlare sono le note, gli accordi e la teoria.
Ma la passione per la musica, che alimenta poi la voglia di studiarla, si trasmette benissimo anche a parole. E' il caso di questo articolo: provate a leggerlo senza correre, un istante dopo, a mettere sul piatto il disco degli Stones per suonarci dietro.
Lasciamo la cattedra di Didattica a Giorgio.
La musica si insegna sugli spartiti, dove a parlare sono le note, gli accordi e la teoria. Ma la passione per la musica, che alimenta poi la voglia di studiarla, si trasmette benissimo anche a parole. E' il caso di questo articolo: provate a leggerlo senza correre, un istante dopo, a mettere sul piatto il disco degli Stones per suonarci dietro. Oggi lasciamo la cattedra di Didattica a Giorgio.
Luglio 1969, data importante per un singolo che scriverà pagine di storia del rock e che arriverà fino ai giorni nostri senza una ruga dettata dal tempo ( le uniche viste, sono quelle che Keith Richards e compagni portano in volto). Una canzone ancora capace di sorprendere e sollevare folle ai concerti e di incendiare gruppi di ascoltatori in un pub,
benché scandita da strumenti suonati da musicisti non più adolescenti. "Honky Tonk Women" si può descrivere come un continuo stridio di chitarre e note di pianoforte da saloon impolverati, versione vecchio west; e una campana, da vera mucca da prateria, a scandire un ritmo ondulante, coinvolgente, confuso, spigoloso.
E’ una canzone ritmicamente goliardica, verrebbe da dire ridicola , ma così ricca di contenuti non solo tecnici e musicali, ma anche emotivi. Keith Richards suona tutta la canzone pizzicando, qua e là, corde a vuoto della sua Fender Telecaster con solo cinque corde, facendo sembrare ogni piccolo riff un avvicinarsi a un precipizio; lasciando senza fiato l'ascoltatore che attende il riff successivo per tirare un sospiro di sollievo. Facendo sembrare la canzone un susseguirsi di tira e molla, un dialogo espressivo inasprito da quella cattiveria - o energia - che solo Richards sa imprimere alle corde della chitarra.
A rispondere alla chitarra arrabbiata di Keith ci sono la batteria e il basso che fanno da contro altare alla struttura della canzone, creando la parte buona, l'acqua santa del pezzo, la parte materna che deve punire o educare il susseguirsi indisciplinato di riff di chitarra e fraseggi di pianoforte che sembrano essere suonati da folletti maleducati. La canzone si snoda su queste due anime, attraversata da un solista con una voce sbiascicante, graffiante e rauca a braccetto con Richards mette tutta la sua personalità controversa e tagliente.
Per tutto il pezzo sembra ci sia in atto un esorcismo con la voce di Jagger e la chitarra di Richards che combattono quel serpente che si insinua tra le note dimesse della canzone: un serpente che bisbiglia, striscia e avverte l'ascoltatore che il peccato è imminente, dietro l'angolo.
Fino a quando, dopo circa quattro minuti di asprissima pulsazione sonora, si pone fine a questo estenuante dialogo, a questa battaglia, che Richards e compagni portano a compimento a colpi di note. Non saprò mai se i Rolling Stones volessero trasmettere queste sensazioni, o vaghe fantasie, nel momento in cui hanno composto questa canzone. Una cosa però mi hanno fatto capire nell'ascoltarla: che esiste un mondo parallelo dove poter soggiornarvi anche per pochi minuti, giusto il tempo della durata di una canzone. Per poter riposare da una realtà a volte troppo piatta mentre …mentre la terra è così rotonda .
Di seguito allego il link con un filmato dove cerco, con le più buone intenzioni, di suonare la canzone con una accordatura "umana" standard: mi, la, re, sol, si, mi. Speriamo di esserci riuscito!