Ma giacché il portafoglio (spesso, ahimè) piange e/o le mogli-compagne-famiglie sono pronte ad attentare all'incolumità del nostro basso-ventre in caso di esborsi fuori luogo, è spesso necessaria un'attenta opera di compromesso per raggiungere l'atteso (e necessario) livello di qualità desiderato a fronte di un tetto di spesa ragionevolmente basso.
Questa è la storia dell'ampli di backup, del muletto, dell'ampli "da battaglia" di cui avevo tanto bisogno (ma davvero?), e nella fattispecie di un Peavey Windsor Studio. Ma è anche - e forse soprattutto - la scusa per mettere nero su bianco un paio di consigli sul tweaking, ovvero su come ridare tono ad amplificatori forse un po' cheap (ma perché non anche al nostro ampli principale?), ma che possono rivelarsi delle inaspettate sorprese. Il tutto alla portata di noi semi-profani, armati solo di un cacciavite, una pinza e troppo poco tempo.
Veniamo al dunque. Ecco il paziente.
Molti lo conosceranno già e non intendo dilungarmi, giacché credo che su Accordo esista già del materiale in merito.
Il Peavey Windsor Studio (prodotto -purtroppo- fuori produzione già da qualche anno) è un ampli valvolare, single-ended, funzionante in classe A - pure made in China. Offerto già all'epoca per un costo allettante, si trova ora usato a prezzi molto interessanti, soprattutto alla luce delle feature offerte: attenuatore di potenza integrato, uscita di linea bilanciata con speaker emulator, reverb tank unit Ruby... Il ragazzo è fondamentalmente un monocanale master volume dalla voce piuttosto Marshall-oriented, costruito intorno a un finale che permette la sostituzione della EL34 (JJ) montata di serie con praticamente qualsiasi valvola a base ottale (il progetto è molto simile a quello del THD UniValve), accompagnato da un pre basato su due classiche ECC83 (83s JJ, per la precisione).
Alla ricerca di un ampli di backup da lasciare in studio/sala, da portarmi dietro in alcune situazioni e -perché no- usare qualche volta per una configurazione stereo ma con il portafogli particolarmente leggero, aperto in realtà a qualsiasi tipo di prodotto, mi imbatto nella classica "offerta che non si può rifiutare": ex-demo da negozio per 200€ spedizione inclusa.
Preso, ovvio. Senza neanche sapere come potesse suonare.
E suonare suona, ma non è granché. Per carità c'è di peggio - mi dico - e devo valutare d'aver speso solo 200 euro.
Ma in effetti era proprio necessario lavorarci un po' ed ero certo che ottimi risultati potevano essere raggiunti senza eccessiva fatica... ed eccoci al cuore di tutta la questione.
Problema #1 - Il cono
Il Peavey Blue Marvel montato di serie mette una certa tristezza. Non mi dilungo sulle sue caratteristiche e/o prestazioni, penso che molti di noi l'abbiano conosciuto, provato, ascoltato. C'è da dire che sui Peavey Classic speso non suona neanche male, ma in questo caso mancava proprio spinta, punch, sensibilità.
Problema #2 - Cavo di potenza
Il cavo di potenza che collegava l'ampli allo speaker era a dir poco vergognoso, il connettore in particolar modo.
Problema #3 - Equalizzazione
Per avere un po' di corpo sui bassi bisogna spararli al massimo e tagliare con decisione gli alti. I medi vanno praticamente annullati, onde evitare un'acidità che nemmeno la migliore delle Alkaseltzer potrebbe curare.
Problema #4 - Headroom
Non che ci si aspettasse molto. Il ragazzo, con sul finale una EL34, garantisce 14/16 W rms. Che diamine, non son nemmeno così pochi, Ma il pre spinge un po' troppo e il suono sgrana troppo in fretta per le mie necessità. È un ampli che non può suonare pulito? La risposta è: "non nelle condizioni originali, ma ha tutte le carte in regola per tirar fuori un anche buon suono pulito". Che sia vintage, dal breakup facile, ma intenso... come piace a me.
... e di positivo?
Il funzionamento dell'attenuatore: sufficientemente trasparente e abbastanza utile.
Lo speaker emulator: perché collegato al PA della sala il Peavey suonava dieci volte meglio! Capito perché il cono andava cambiato?
Ok. Io non sono uno smanettone, né un genio dell'elettronica, ma tutti questi problemi si sono dimostrati affrontabili e ora il Peavey suona alla grande. Con un po' di attenzione ho contenuto i costi del tweaking a meno di 100€. In questo modo ho un ampli "come Dio comanda" per un investimento totale inferiore ai 300€. Ire di mia moglie evitate.
Nello specifico:
- Nuovo speaker 55€ (ho cercato, cercato, cercato, finché son riuscito a portarmi a casa un Eminence Swamp Thang che aveva addosso meno di 10 ore di musica). Ritrovato alcune frequenze scomparse (dov'erano?) e aumentato la botta, nonché il volume percepito.
- Rifacimento cavo di potenza 2/3€ circa
- Tube swap 39€ (ho cambiato la EL34 finale con una KT66 Gold Lion e rispettivamente V1 con una JJ 5751 e V2 con una JJ ECC81/12AT7, senza dire che le valvole che ho smontato erano ancora vivissime e quindi me le tengo di riserva e/o per altri utilizzi). Il suono si è finalmente bilanciato. L'headroom, in generale, è sensibilmente incrementata (grazie al minor gain proprio della 5751 e della ECC81), i medi sono divenuti piacevolmente musicali, sono incrementati bassi e medio-bassi, mentre gli alti hanno mantenuto una brillantezza per nulla fastidiosa. Il pulito ora è morbido e dinamico (abbastanza Vox-oriented) e i crunch decisamente più corposi. La KT66 è piacevolmente "gonfia" e suona molto, molto bluesy.
Quindi un paio di consigli e considerazioni di "tweaking for dummies" come me.
1) Cambiare lo speaker del vostro ampli è forse l'operazione più semplice che possiate affrontare e al contempo quella che potenzialmente di più potrà incidere sul vostro suono. La maggiore difficoltà risiede nella scelta del cono: il mercato offre moltissimi prodotti in un range di prezzo assai ampio.
Definite un budget. La mia filosofia è sempre quella di commisurare il prezzo di ogni componente al valore finale dell'oggetto (nel suo insieme). Se valuto un nuovo cabinet per il mio Dr. Z (o devo rinnovare le finali che stanno cominciando a cedere) sono disposto a spendere di più, mentre nel caso di un ampli muletto come il Peavey, un oggetto in sé piuttosto cheap, non penserei mai di acquistare un cono che valga (in soldoni) praticamente quanto l'ampli stesso.
Cercate quindi uno speaker adeguato, definitene la potenza supportata, verificate i diagrammi di risposta in frequenza e cercate possibili sample o comparazioni sul web (oggigiorno internet ci facilita molto). Un altro valore importante a cui far sempre riferimento è la sensibilità: l'aumento di alcuni decibel nella sensibilità propria dello speaker può regalarvi maggiore headroom, volume, dinamica... specie su ampli di basso wattaggio può rivelarsi il parametro fondamentale per la scelta del cono (sul web troverete molte risorse per approfondire).
2) Sostituire le valvole nella sezione di preamplificazione non comporta particolari difficoltà. Al contrario che per la sezione finale, non è necessario agire sulla tensione e i classici triodi utilizzati - 12AX7, 12AT7, 12AU7, etc - sono assolutamente intercambiabili, sebbene i risultati di eventuali cambi possano risultare pessimi dal punto di vista sonoro.
La vostra V1 svolge timbricamente un ruolo importantissimo! È il primo stadio di amplificazione che il debole segnale del vostro strumento incontra, e il suggerimento è: provare, provare, provare. I più comuni triodi - pur di discreta qualità - si acquistano a prezzi ragionevoli (evitando prodotti esoterici e il mondo del NOS), quindi c'è veramente solo da sbizzarrirsi ad ascoltare come il suono del nostro ampli può cambiare. Le 12AX7/ECC83 son i triodi che garantiscono maggior gain (tendono a essere spiccatamente mediose, più o meno spinte a seconda del costruttore, e tendenzialmente non troppo microfoniche). Se in V1 avete una AX7, sostituirla con un triodo meno potente può aiutarvi a far lavorare maggiormente lo stadio finale e innalzare le soglie di pulito, smussando, al contempo, la mediosità a volte "troppo rock" dei questa valvola.
Non sottovalutate l'ultima valvola della vostra sezione di preamplificazione, la cosiddetta "phase inverter". Il suo ruolo è cruciale nel funzionamento del vostro amplificatore e il riscontro sonoro lo è del pari (ai più interessanti consiglio ). Anche in questo caso vi consiglio di provare senza troppe inibizioni. Ciò che sappiamo per certo è: 12AX7/ECC83 = suono spinto e medioso, in pieno Marshall style (ma più in generale se vi sentite rock), 12AT7 o 12AU7 per ottenere suoni più puliti, con bassi e alti più a fuoco (lo sapete cosa montavano come PI tutti i modelli clasici di Leo Fender, no?).
3) Sostituire le valvole del vostro finale richiede tutt'altra attenzione! In primis le tensioni in gioco sono molto alte, il che di per sé ci costringe a una grande attenzione. Mai letto i "Warning!" a caratteri cubitali che trovate stampigliati sui vostri amplificatori?
Inoltre il tube swap non è così semplice e "automatico" come per i triodi di pre: è necessario capire quali valvole (pentodi/triodi) il nostro circuito consente di montare e il nostro trasformatore può supportare. Se il nostro ampli è a bias fisso dovremo valutare se la tensione anodica in gioco è adatta alla nuova tipologia di valvola, mentre se possiamo regolarlo sarà d'uopo farlo. Sostituire i nostri tubi di potenza con altri di diverse caratteristiche può dare grandi soddisfazioni, ma - quantomeno fintanto che non avrete raggiunto la giusta esperienza - consiglio di farsi guidare da un tecnico (il lavoro è comunque spesso molto rapido, potreste chiedere di assistere). Esistono, anche in questo ambito, operazioni piuttosto comuni, più volte ormai sperimentate: sostituire le EL34 di un Marshall con delle KT66 per ricercare un suono più vintage (Bluesbreaker) e maggiore punch sui bassi, usare delle KT88 per rendere più armonico un finale con 6550 (solitamente più fredde), etc.
Imparate quanto prima le regole base per lavorare sulla sezione finale del vostro ampli, prestate sempre grande attenzione, e a questo punto sbizzarritevi nella ricerca del vostro sound.
In conclusione.
Esistono alcune semplici operazioni di tweaking alla portata di tutti. È importante sapere quali per non commettere brutti errori, al contempo divertirsi a sperimentare e - senza l'ausilio di una laurea in ingegneria elettronica - trovare il giusto suono anche in qualche brutto anatroccolo.