Partita con lo show di Abu Dhabi il 21 febbraio scorso, la folle corsa degli Stones ha fatto tappa a Roma, dove la band è tornata a esibirsi dopo sette lunghi anni, tenendo i fans col fiato sospeso fino all’ultimo: prima il divieto della Soprintendenza per i Beni Archeologici di esibirsi nel sito storico (bypassato con un’autorizzazione del direttore regionale del ministero), poi il suicidio della compagna di Mick Jagger, L’Wren Scott, nel marzo scorso e infine un nubifragio che ha colpito la capitale soltanto qualche giorno fa hanno messo a repentaglio il regolare svolgimento del concerto. Fortunatamente, però, niente pare fermare gli Stones.
47 anni dopo il loro primo tour in Italia (il 6 aprile 1967 suonarono proprio a Roma, al Palazzo dello Sport, con una lineup che includeva ancora Brian Jones), gli Stones si sono esibiti in una location che ha dell’incredibile: il Circo Massimo, il più antico, più famoso e più grande circo della storia. Nell’antichità, quando ospitava gare di carri, simulazioni di battaglie e competizioni sportive di vario tipo, conteneva fino a 380mila persone. Dopo un lungo periodo in cui il circo è caduto in disuso, oggi ha recuperato il suo uso originario di luogo deputato al grande intrattenimento e ieri vi si sono riversate circa 71mila persone. Non un record per il Circo Massimo né per gli Stones – che a Rio de Janeiro nel 2006 si sono esibiti di fronte a un milione e mezzo di persone – ma sicuramente la venue è stata scelta per il suo incredibile valore storico. «È stata una decisione personale di Mick Jagger, che tra tante capitali europee ha scelto Roma perché offriva una cornice unica al mondo. La parola d'ordine sarà "rock nella storia"», aveva anticipato il sindaco di Roma Ignazio Marino. E così è stato.
Proseguimento del tour
50 & Counting, che ha celebrato i 50 anni di attività della band,
14 On Fire offre un imponente palco largo 40 metri e alto 20, sul quale gli Stones sono stati preceduti da John Mayer. Il chitarrista e cantante statunitense si è esibito per circa un’ora, tenendo a bada la bolgia umana in modo egregio nonostante l’incombere del set degli Stones, dopo un’attesa di quasi nove ore dall’apertura dei cancelli, abbia reso la folla sicuramente più impaziente di quanto sarebbe stata in altre circostanze. Ottime doti vocali, bel playing bluesy e pezzi accattivanti hanno reso quest’apertura di serata davvero piacevole.
Ma è alle 21:50 che ha inizio il sogno rock di una notte di mezza estate: un intro a palco vuoto a base di giochi di luci e immagini ipnotiche sui megaschermi aiuta gli spettatori ad abbandonare la realtà e a proiettarsi gradualmente nella dimensione degli Stones, fino a quando l’annuncio di rito li invita a dare il benvenuto alle leggende. Un boato apre i giochi di uno show in cui c’è davvero poco tempo per respirare: 19 brani in due ore e dieci di spettacolo che ha portato sul palco tutte le reincarnazioni degli Stones. Dagli anni ’60 di “Jumping Jack Flash (spesso eseguita apertura di concerto), “Let’s Spend the Night Together” e “Honky Tonk Women” ai primi anni ’70 di “Tumbling Dice” e degli inni “Brown Sugar”, “It’s Only Rock’n’Roll but I Like It” a quelli più tardi di “Miss You”, passando agli anni ’80 di “Start Me Up” e “Can’t Be Seen” (cantata da Keith Richards, come pure “You Got the Silver”) fino ai tempi più recenti di “Out of Control”, “Streets of Love” e “Doom and Gloom”, forse raggiungendo un picco emotivo con “Gimme Shelter” e decisamente con “Sympathy for the Devil”, dove la scenografia rievocava un inferno il cui principe è uno splendido e luciferino Jagger.
Per ogni concerto del tour, il pubblico ha avuto la chance di scegliere un brano attraverso una votazione online e il brano prescelto dal pubblico per il concerto di Roma è stato “Respectable”, per il quale la band è stata raggiunta sul palco da John Mayer.
Il bis - standard in tutte le date del tour – non poteva che regalare due gemme tra le più attese: “You Can't Always Get What You Want”, eseguito per l’occasione insieme al Coro Giovanile Italiano, e l’inno rock per eccellenza, “Satisfaction”, nuovamente in compagnia di Mick Taylor, con un grande finale con splendidi fuochi d’artificio.
Con più di mezzo secolo di attività alle spalle, i video degli Stones sono così numerosi che le immagini dei loro concerti sono ormai familiari a tutti, eppure trovarsi al cospetto di questi colossi mentre eseguono certe pagine di storia del rock è un’esperienza incredibile: gli individui le cui immagini vengono proiettate sui megaschermi sembrano perdere ogni tratto di umanità, sono figure mitologiche dal carisma irresistibile per ogni amante del rock presente nel circo.
Jagger ha un corpo così esile che si fatica a credere che possa contenere la sua personalità strabordante. E infatti straborda: è un fascio di nervi che salta instancabilmente come un folletto per tutta l’ampiezza del palco, ancheggiando, dimenandosi, ammiccando, urlando e incitando una folla sterminata di fronte alla quale pare essere a suo agio come se fosse nel salotto di casa sua. Parla anche ripetutamente in italiano e non manca di lanciare un in bocca al lupo e un pronostico sui mondiali di calcio (martedì l’Italia vincerà 2 a 1). Nonostante questo sia esattamente quello che ci si aspetta da lui, non è affatto un cliché: è ROCK quintessenziale.
Keef a 70 anni, più statico ma non meno epico di Jagger, è ancora l’epitome della
coolness sul palco: il viso solcato dalle rughe e le mani deformate dall’artite, dà l’idea di qualcosa che è sempre esistito e che sempre esisterà. Richards ha il fascino di una quercia secolare eppure il suo incedere ha un che di fresco che lascia a bocca aperta.
Charlie Watts, il più riservato e introverso degli Stones, è l’antirockstar per eccellenza e sembra non amare le grandi folle: sempre il più misurato in tutto, anziché essere un solido supporto ritmico per la band, sembra trovare supporto in Richards, epicentro umano di questa compagine rock. Basta gettare un’occhiata a
Ronnie Wood per capire che non avrebbe potuto trovare una collocazione migliore: non solo ha un temperamento che lo rende un perfetto compagno di palco per Richards & co., ma il suo
playing rudimentale e grezzo risulta perfetto per le sonorità ruvide degli Stones, nei quali entrò proprio sostituendo
Mick Taylor, ospite della band anche nel tour precedente. Nel ’69, Taylor, poco più che ventenne, venne chiamato a entrare nei Rolling Stones come sostituto provvisorio di Brian Jones ma finì con l’entrare nella band in pianta stabile, entrata suggellata da quel battesimo di fuoco che fu il concerto di Hyde Park, solo due giorni dopo la morte di Jones. Vi rimase fino al ’74, quando incredibilmente decise di lasciare la band per perseguire la carriera solista ma, principalmente, per salvarsi la vita minata dalle intemperanze (proprie e dei bandmate). Nel concerto romano, Taylor ha suonato in “Streets of Love”, “Midnight Rambler” e “Satisfaction”: non proprio esaltante come un tempo, ha comunque dato vita ad alcuni tra i momenti più belli del concerto, come il duello con Jagger.
A completare la
lineup, ormai rodata, dei session musician davvero solidi: Darryl Jones al basso , i coristi Lisa Fischer e Bernard Fowler, il tastierista Chuck Leavell e il sassofonista Bobby Keys.
Sicuramente la performance al Circo Massimo non è stata impeccabile (gli Stones non sono mai impeccabili, per fortuna), ma l’esito dell’evento va decisamente oltre il dato prettamente tecnico. Il nucleo storico della band è costituito da musicisti che sono tutt’altro che virtuosi e la cui cifra stilistica risiede prevalentemente in quel linguaggio grezzo e scevro da manierismi del rock delle origini che, nonostante l’evoluzione, non è mai andato perso. Quel linguaggio trova ancora la sua manifestazione più straordinaria proprio nei live, dove anche brani della produzione più recente, che non aggiungono assolutamente nulla alla storia degli Stones, assumono una solennità difficile da rendere a parole. L’impressione – stupefacente, a mente lucida – è che persino le abbondanti stonature di Richards, di Ron Wood e di Taylor, così come le incertezze di Watts e di Jagger abbiano un senso nel disegno e nell’alchimia del concerto, come se non fossero tratti pertinenti alla definizione della riuscita dello stesso. La magia dei Rolling Stones risiede altrove.
A quanti sostengono – e sosterranno – che lo show degli Stones poggi in larga parte sull’imponenza della produzione non si può che rispondere che al cospetto di colossi di questa entità nemmeno dei giochi pirotecnici aggiungono qualcosa, se non un bel set di orpelli: non è esagerato affermare che la magia del concerto sarebbe rimasta intatta anche a schermi spenti, perché un impianto meno imponente non avrebbe disinnescato quella bomba energetica sprigionata dalla band nell’esecuzione di brani il cui valore prescinde questioni di gusto. La verità è che gli Stones sono portatori sani (si fa per dire) di quel “resto misterioso” così ineffabile, difficile da isolare, che è la linfa vitale stessa del Rock. Alla luce di ciò, al di là delle preferenze individuali, chi non riconosce la grandezza degli Stones nega una grande realtà storica del rock, ma non mi si fraintenda: il live show a cui si è assistito a Roma non ha assolutamente NULLA di nostalgico, né di autocelebrativo in senso stretto. È semplicemente il concerto della rock band quintessenziale.
Altro grande protagonista di questo evento epico è stato la folla: una marea umana di – dicono – 70mila persone di ogni età a provenienza, diorama di un’umanità che evidentemente risponde ancora al richiamo di spettacoli come questo. Sono lontani i tempi in cui i Rolling Stones erano costretti a interrompere le loro performance a causa dell’irruzione sul palco di fans incontenibili (e lo sono perlopiù grazie all’implementazione della security), ma sul leggendario suolo del Circo Massimo la moltitudine di individui si è abbandonata ai domatori di folle e ne è uscita sopraffatta dalla emozioni. Per quanta frenesia il Circo Massimo abbia potuto vedere ai suoi albori, difficilmente potrà averne contenuta tanta quanta se ne è vista in occasione del concerto degli Stones. Ognuno di noi presenti aveva il proprio debito di gratitudine nei confronti degli Stones, che sicuramente ha in parte ripagato con la propria presenza, urgenza tanto più forte in quanto le probabilità che tornino in concerto nel nostro paese si fanno sempre più deboli.
ScalettaJumpin' Jack Flash
Let's Spend The Night Together
It's Only Rock 'N' Roll (But I Like It)
Tumbling Dice
Streets Of Love (con Mick Taylor)
Doom & Gloom
Respectable (con John Mayer, song vote winner)
Out Of Control
Honky Tonk Women
You Got The Silver (cantata da Keith Richards)
Can't Be Seen (cantata da Keith Richards)
Midnight Rambler (con Mick Taylor)
Miss You
Gimme Shelter
Start Me Up
Sympathy For The Devil
Brown Sugar
Bis
You Can't Always Get What You Want (con il Coro Giovanile Italiano)
(I Can't Get No) Satisfaction (con Mick Taylor)