di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 24 luglio 2014 ore 09:00
Dal Bigsby al volume sulla spalla fino alla forma della paletta, la Wildkat sembra fare il verso al mondo Gretsch, ma l'apparenza spesso inganna. L'abbiamo messa sotto torchio per scoprire la voce conferita dalla miscela di acero, mogano e P90 in chiave semi-hollow.
Dal Bigsby al volume sulla spalla fino alla forma della paletta, la Wildkat sembra fare il verso al mondo Gretsch, ma l'apparenza spesso inganna. L'abbiamo messa sotto torchio per scoprire la voce conferita dalla miscela di acero, mogano e P90 in chiave semi-hollow.
Passano gli anni, le mode si susseguono, ma il fascino di una bella semihollow che trasuda rockabilly da tutti i pori non smetterà mai di far girare la testa ai chitarristi. Tra vibrato Bigsby e l'immancabile manopola del volume sulla spalla inferiore, la Wildkat è la risposta Epiphone alle voluminose archtop che qualunque amante del rock n' roll tradizionale conosce fin troppo bene. Più che una banale copia di una Gretsch, la Epiphone Wildkat ne reinterpreta sapore e caratteristiche fondamentali in una chiave personale, sufficiente a farne uno strumento a sé.
Il top in acero fiammato e le buche a effe non possono mancare. Data la natura abbordabile della chitarra, non c'è da aspettarsi venature profonde e variegate, ma l'aspetto è comunque ricco e piacevole nella colorazione Wine Red dell'esemplare in prova. Un binding color crema a un solo strato separa la tavola armonica, spessa e bombata, da un fondo in mogano con una profondità da solid body. Se il top sa decisamente di laminato, il retro mette in mostra delle venature parallele e regolari dotate di una certa sensazione di tridimensionalità. I bordi smussati sul fondo, senza alcun binding, fanno pensare a un unico blocco in massello: è da escludere che si trattino di fogli laminati. Tuttavia, anche guardando con attenzione il fondo, è difficile notare giunzioni tra più pezzi. Pensare a un unico blocco di mogano massello sarebbe decisamente troppo e uno sguardo più attento permette di notare almeno tre parti incollate. Sembra comunque che i costruttori abbiano dedicato molta cura alla scelta e all'assemblaggio del body al fine di far confondere i giunti con le venature stesse del mogano. Il peso, sebbene sia piuttosto contenuto, tradisce la presenza di un blocco centrale utile a frenare il feedback.
Incollato al body, il manico è in acero. È verniciato lucido, in tinta con il fondo, e sarebbe potuto essere più scorrevole con una mano di vernice in meno, ma risulta comunque comodo grazie a un profilo tondeggiante ma non grosso. Un binding crema lo separa da 22 fret di un palissandro bruno e uniforme. Un diapason da 24,75 aiuta a tenere le corde morbide anche con un'action un po' più alta, quel tanto che basta a godere a pieno del timbro che uno strumento di tale tipologia genera.
Sebbene le dimensioni della cassa siano abbastanza contenute da far sentire a proprio agio anche un chitarrista elettrico e i due P90 Classic dog ear lascino con prepotenza la firma "Epiphone" sulla Wildkat, l'ombra delle Gretsch incombe, almeno sul lato estetico, a partire dalla presenza di un Bigsby B70 Licensed. Forse delle sellette roller sarebbero state più adatte per l'abbinamento con un sistema vibrato, ma il Tune-o-matic classico fa comunque il suo lavoro, a patto di non strapazzare eccessivamente la leva. Questa inizialmente risulta un po' duretta nell'essere ruotata oltre il ponte, ma si "scioglie" con l'uso.
Una chitarra del genere non può rinunciare a un volume master sulla spalla inferiore per giocare con dinamiche ed effetti di tremolo sugli accordi lasciati cantare in un buon crunch fenderiano. Il tono è affidato a una manopola unica nella parte bassa della cassa, dove si trovano anche due volumi individuali per i singoli pickup.
Da Atkins a Setzer e ora anche alla Wildkat, una paletta larga più alla base che in punta sembra essere una caratteristica distintiva per la categoria. Le placche in plastica scelte per ospitare i loghi Epiphone le conferiscono un aspetto piacevolmente vintage.
Una volta acceso l'ampli, quanto promesso dalla scheda tecnica non viene smentito. La Wildkat fa sentire la sua risonanza da semiacustica anche una volta amplificata e tutto richiama le sonorità della metà del secolo scorso. L'universo Gretsch ora è un po' più lontano, perché la Epiphone ha poco di quel particolare twang da acero e Filter'Tron. Il suono è più rotondo, forse merito del mogano e sicuramente dei P90, che risultano comunque sufficientemente aperti da far risaltare un attacco definito e scoppiettante. In qualunque posizione dei pickup, l'output consistente (per essere una semiacustica, s'intende) e il suono pieno danno l'impressione di avere un leggero compressore attivo, il che risulta molto comodo per sonorità rock n' roll tradizionali, soul o anche ska/rocksteady.
Al ponte, la chitarra non è mai troppo brillante e presenta un buon corpo. L'equilibrio sonoro che ne deriva le permette di farsi valere anche in contesti più moderni, sfociando nell'hard rock senza complessi di fronte a modelli più convenzionali, feedback permettendo. Al manico, la risposta è quasi da jazzbox e la scelta di montare dei P90 anziché dei più prevedibili humbucker garantisce una buona presenza del suono, che non si ingolfa anche quando subentra una discreta saturazione. Il sustain risulta buono e non è difficile pulire il suono con il tocco o il potenziometro del volume (sarebbe meglio dire "uno dei potenziometri"), rendendo al meglio anche in contesti rock-blues. Miscelando i due pickup, tutto il carattere dei P90 emerge e viene fuori un suono percussivo, con una discreta nasalità e ideale per del soul o del funk delle origini.
Considerare la Epiphone Wildkat come una Gretsch più maneggevole ed economica (parliamo di poco più di 300 euro) è un errore, ma non al 100%. L'approccio è del tutto simile, il volume master sulla spalla e il Bigsby renderebbero immediato il passaggio a chi proviene dalla metà "twangosa" del firmamento. Il timbro risulta però più pieno e compatto, maggiormente immerso negli standard Epiphone/Gibson. Chi cerca il rockabilly puro ed è affezionato al marchio Epiphone può sempre dare un'occhiata a una classica Emperor Swingster.
Per il test è stato utilizzato un DV Mark Multiamp con simulazione Fender Deluxe. L'amplificatore ci ha colpito per la qualità dell'audio e la risposta dinamica, e abbiamo scelto di adottarlo come banco di prova per le future recensioni insieme a Ciro Manna. Ciò garantirà una maggiore uniformità tra i test e permetterà agli Accordiani di confrontare strumenti diversi su un suono di base simile, eliminando le variabili introdotte dall'utilizzo di amplificatori, casse o microfoni differenti. Clicca qui per la recensione del Multiamp.