di Denis Buratto [user #16167] - pubblicato il 17 luglio 2014 ore 14:30
La Peace è una Les Paul atipica, che punta molto sull’estetica. Sembrerebbe quasi realizzata da un hippie nel '69 e invece è prodotta in serie, in diversi colori accomunati da scelte grafiche quanto meno particolari e a tratti discutibili. L'abbiamo messa in mano a Quaini e alla sua folta c... ollezione di riff.
La Peace è una Les Paul atipica, che punta molto sull’estetica. Sembrerebbe quasi realizzata da un hippie nel '69 e invece è prodotta in serie, in diversi colori accomunati da scelte grafiche quanto meno particolari e a tratti discutibili. L'abbiamo messa in mano a Quaini e alla sua folta c... ollezione di riff.
Difficile non soffermarsi sulle chincaglierie estetiche che abbelliscono, a seconda dei gusti, la Les Paul Peace. Il simbolo della pace la fa da padrone. Lo troviamo multicolore sui potenziometri, inciso nelle viti del ponte e in lettere sullo stop tail. Sotto a questo sfoggio di arte hippie si nasconde in realtà una vera Les Paul con tutte le forme al posto giusto.
Un bellissimo top leggermente fiammato cela un traditional weight relief, che alleggerisce il mogano del body senza però essere invasivo come le camere tonali del modern WR. Il peso in meno rende la Peace sicuramente più comoda da indossare, intervenendo in modo non certo invasivo sul sound. Il manico incollato a 22 tasti è anch’esso in mogano con tastiera in palissandro. Al dodicesimo tasto è piazzato l’ormai consueto segnatasto celebrativo per il 120esimo anniversario di casa Gibson che, diciamolo, non perde mai occasione di festeggiare le ricorrenze.
Come l’estetica ci ha già chiaramente indicato, la Les Paul Peace è dedicata agli anni ’60. La dotazione tecnica, quindi, è stata scelta a regola d’arte per far sì che ogni dettaglio rispondesse perfettamente ai canoni del decennio, senza diventare esattamente una reissue.
Il manico è uno slim taper, sottile e scorrevole. L’elettronica è standard, due volumi e due toni tengono insieme i due humbucker '61 con cover cromate. I due pickup hanno un output non esagerato e riescono a giostrarsi bene anche sui puliti, evitando di saturare subito le valvole del pre. Completa l’estetica la cover copri truss rod bianca, in perfetta sintonia con il look freakettone dello strumento. Ultimo accessorio montato di serie sulla Peace, decisamente fuori tema con gli anni ’60, è l’accordatore elettronico Min-ETune, che desta amore incondizionato oppure odio profondo a seconda dei casi.
Per la prova, la Les Paul Peace è stata collegata a un Divided #13 da un lato e a Michele Quaini dall'altro.
Si parte con il pulito e l’humbucker al manico. Avere tra le mani una Les Paul e suonare con un clean delicato che per nulla tende a crunchare, lo ammettiamo, non è una cosa che capita spesso. In questo caso, nonostante l’assenza di uno split coil, non si fatica a suonare pulito. Il sound però, a differenza di quello che ci si aspetterebbe, non è carico di basse, ma anzi è bello presente sulle medie. Per contro, il '61 al ponte non aggiunge una botta esagerata sulle alte. Il suono resta tondo e morbido, garantendo clean credibili e alla bisogna perfino funky.
Dopo dei clean molto limpidi e corposi, la distorsione ci ha lasciato un po’ perplessi sulle prime. Il pickup al manico, nonostante i bassi non esagerati, tende a impastare lievemente il suono restituendo, soprattutto ad alti livelli di guadagno, un distorto non molto intellegibile. Al ponte, però, la situazione è completamente ribaltata. La quantità di medie più elevata aggiunge quella brillantezza che serve a districare le note e renderle più apprezzabili. La Peace resta una chitarra dedicata agli anni ’60, quindi se fuzza un po’ non guasta. Anche i crunch presentano lo stesso problema, anche se in maniera ridotta.
La Les Paul Peace, come accennato da Michele nella presentazione del triplice test, è quella che a livello sonoro ci ha sorpreso di meno. Il carattere più marcato di Signature e Standard probabilmente la fanno apparire meno performante sulle distorsioni. Decisamente apprezzabili, i clean non ci hanno per niente deluso, anzi. La LPP è una chitarra che o la si ama o la si odia, e il fattore estetico incide molto.
Ci aspettiamo che, a fronte dei 2300 euro richiesti per l’acquisto, in molti le preferiranno la Standard o la Traditional. Se invece il Peace and Love è la vostra filosofia non fatevi scappare l'occasione di provarla, perché tra le mani avrete comunque una signora Les Paul.