di redazione [user #116] - pubblicato il 18 ottobre 2014 ore 08:00
Per lavorare in musica serve più preparazione tecnica o esperienza sul campo? Sembra scontato rispondere "un po' e un po'", ma se si dovesse scegliere tra un aspetto e l'altro? Noi abbiamo detto la nostra, e voi che ne pensate?
Per lavorare in musica serve più preparazione tecnica o esperienza sul campo? Sembra scontato rispondere "un po' e un po'", ma se si dovesse scegliere tra un aspetto e l'altro? Noi abbiamo detto la nostra, e voi che ne pensate?
Per un musicista di professione è più importante conoscere a menadito il proprio strumento, la tecnica e la teoria musicale, oppure è più importante accumulare esperienza per saper fronteggiare qualunque situazione e imprevisto, anche a discapito di una preparazione tecnica adeguata? Non sono ammessi “hanno lo stesso valore”!
Ci siamo posti questo quesito, in redazione. La risposta non è così facile, e ognuno di noi è giunto a una propria conclusione. Per alcuni il cosiddetto "mestiere" è tutto, per altri non si va lontano senza una buona base di studio alle spalle, ma non sono mancate le sfumature e i punti di vista più particolari. Visto il tema trattato, abbiamo voluto tirare in ballo alcuni collaboratori speciali: Michele Quaini, ben noto agli Accordiani per le sue lezioni di stile e per i suoi test di strumenti, Dado Nero, docente di basso nella didattica di Accordo con un curriculum strabordante di collaborazioni, da Gianna Nannini ad Adriano Celentano passando per Sanremo, e Roberta Frighi, insegnante di canto qui su Accordo e professionista affermata con esperienze al fianco di nomi del calibro di Ennio Morricone e Andrea Bocelli, oltre ai lavori per Disney e il festival di Sanremo.
Queste sono le nostre opinioni. E voi che ne pensate?
Paolo Anessi Bisogna fare distinzione tra l'artista, cioè colui che fa musica semplicemente per esprimersi, e i molteplici ruoli d'impiego che questa offre. A un didatta è richiesta una buona dialettica, curiosità, volontà di tenersi aggiornato, a un turnista invece servono padronanza e musicalità, magari saper suonare le stesse cose del didatta anche senza conoscerne il nome, e così via. È molto diverso il percorso del talentuoso ma privo di una preparazione: potrà fare indubbiamente l'artista scrivendo e comunicando musicalità attraverso il proprio strumento, mentre il professionista operante nel mondo della musica (turnista, insegnante, compositore, trascrittore, arrangiatore) non potrà muoversi agevolmente e lavorare senza una preparazione di base. La sintesi finale? L'artista "gioca" con la musica senza pensarci, il professionista "lavora" con la musica godendosela, ma pensandoci!
Gabriele Bianco Credo che sia fondamentale l'esperienza in quanto è (detta molto banalmente) un accumularsi di eventi che - nel bene e nel male - lasciano un segno e un bagaglio più o meno evidente. Tutto questo può aiutare a suonare meglio, ad affrontare in modo più immediato eventuali problemi e anche a conoscere più a fondo il proprio strumento. Insomma, l'esperienza è fondamentale.
Alberto Biraghi La seconda. L'esperienza maturata sul campo, la capacità di sfangarsela in ogni situazione sono determinanti. Ovviamente bisogna saper suonare, un cagnaccio scafato resta un cagnaccio scafato. Ma un musicista sopraffino senza esperienza e capacità di improvvisare si perderà al primo intoppo.
Denis Buratto Per un musicista di professione probabilmente la seconda. Dando per scontato però che abbia raggiunto un livello di tecnica sufficiente per essere considerato un professionista. Sul palco si è soli e bisogna sapere cosa fare e come muoversi per risolvere eventuali problemi. Certo però la tecnica non può mai venir meno, ci mancherebbe, ma un super tecnico che si spaventa se un cavo ronza o non funziona non va proprio bene! Indubbiamente con una buona esperienza live anche la bravura come musicista aumenta, quindi alla fine le due cose evolvono di pari passo.
Pietro Paolo Falco Credo che la risposta sia figlia del periodo storico e, ora come ora, niente batte una sana gavetta tra palchi e sale d'incisione. Se si pensa a un'epoca d'oro per gli strumentisti quali sono stati gli anni a cavallo tra gli '80 e i '90, una buona preparazione tecnica erano fondamentali per spiccare sugli altri. Si suonava di più in giro quindi era più facile sopperire a carenze legate a una scarsa esperienza, in alcune fortunate situazioni si era anche pagati a sufficienza da subordinare il ruolo di roadie o tecnico all'amico di turno. Reperire materiale su cui studiare, invece, non era facile come oggi e forse anche per questo i virtuosismi erano visti con occhio diverso. Oggi tutti sono buoni a studiare un metodo sul tapping, ma raramente quegli esercizi finiscono su un palco. Anche perché non è più così facile salirci, sul palco! Si suona meno, di ottimi strumentisti è pieno YouTube ma le produzioni musicali non ne hanno bisogno. La vera concorrenza è composta da musicisti che abbiano groove, sappiano "seguire il cantante", presentarsi con buoni suoni, tanti suoni, essere efficaci in sala e pronti a tutto su un palco, poco importa se pensano che "modal interchange" sia il nome di una band indie rock, perché nessuno gliene metterà mai uno davanti. D'altra parte, molti tra i migliori musicisti di sempre sono cresciuti dietro il giradischi e alle jam, magari a digiuno o quasi di teoria, e potrebbe essere lecito credere che non esista scuola migliore di quella della strada.
Roberta Frighi Un musicista completo deve avere entrambi. Ho conosciuto cantanti appena usciti dal conservatorio con il massimo dei voti che al primo lavoro sono caduti. Non sapevano come approcciare, come comportarsi ed erano nel pallone totale. A volte cantanti con zero studio, pur essendo mediocri, se la sfangavano e portavano a casa la serata. Personalmente la penso così: se studi, prima o poi l'esperienza te la fai e puoi solo crescere e arricchiti con essa. se non studi l'esperienza aiuta ma ti fermi lì, resterai sempre al "sufficiente" e non andrai oltre. Solo lo studio ti apre orizzonti e possibilità. L'ho provato su me stessa quando ho cominciato a studiare seriamente: anche sul lavoro venivo trattata con più rispetto, mi si sono aperte nuove porte, sennò sarei rimasta a fare le serate nei pub.
Dado Neri Dipende dal tipo di professione del musicista....per un turnista una preparazione adeguata è la base su cui si formeranno tutte le esperienze professionali....per un compositore o membro di una band niente è meglio di centinaia di palchi sudati!
Michele Quaini Personalmente metto al primo posto la preparazione, sia quella tecnica sia quella armonica. Sono indispensabili in ambito lavorativo. L'esperienza è certamente una grande amica del musicista, ma da sola non può sopperire alle carenze tecnico armoniche. È ovvio che solo l'esperienza ti mette di fronte a situazioni che a casa nel tuo stanzotto non si verificherebbero mai, ma per affrontarle velocemente e in maniera corretta entra in gioco la preparazione. Lasciando perdere i talenti puri o i mostri dello strumento (beati loro), conosco pochi musicisti mal preparati o carenti in grado di affrontare al meglio le diverse situazioni che si incontrano nella nostra professione. Questo non vuol dire che non la svolgano comunque. Viviamo in un'era e in un Paese in cui non sempre la meritocrazia gioca un ruolo fondamentale in ambito lavorativo, ma questo non ha nulla a che fare con la realtà dei fatti, le difficoltà della professione e la bellezza della musica. Il mio consiglio è di studiare tanto nei primi anni di approccio allo strumento, una volta passata la fase di "preparazione minima" (4/5000 ore di studio/lavoro sullo strumento) è importante cominciare a percorrere la strada, quindi ok a progetti, band o simili. Diciamo che per esser dei buoni professionisti occorrono tecnica e preparazione in quantità… Una volta raggiunti è necessario accumulare esperienze su esperienze, palchi, sale prova, progetti, confronti con altri musicisti e via dicendo. Questo lato della professione non si può studiare, si deve vivere, cercare e gustare giorno per giorno, anno dopo anno.
Gianni Rojatti Un aspetto non deve pregiudicare l'altro. Suggerisco sempre ai miei allievi il fatto di affiancare sempre allo studio un'attività live con band emergenti o alle prime armi. Studio ed esperienza dal vivo devono andare di pari passo. A non curare uno dei due aspetti si rischia di bruciarsi. Un musicista super preparato tecnicamente rischia di perdere credibilità se va in tilt perché non sa gestire un soundcheck, non ha la strumentazione in ordine o non sa comportarsi e litiga con il resto della crew. Un musicista scafato, che suona da una vita rischia una grande figuraccia, se si fa trovare impreparato di fronte a una parte più complessa o diversa dal solito.
Erik Tulissio L'esperienza vale più di migliaia di ore di studio non applicato. Questo è estendibile a tutti i campi: puoi avere sette lauree ma se non ti sei mai fatto un piatto di pasta la vita diventa dura!