di Gianni Rojatti [user #17404] - pubblicato il 05 gennaio 2015 ore 09:00
Oggi è tutto nero. Perchè è morto Pino Daniele e se ne va una delle più grandi chitarre italiane di sempre. Un artista immenso, infinito, che ha inciso dischi che resteranno un pilastro della nostra storia musicale. Oggi non toccate la chitarra e non ascoltate altra musica che non sia la sua.
E quando da domani la imbraccerete fate in modo che ci sia sempre un po’ della sua musica a ispirarvi. Pino Daniele era un chitarrista affamato di tecnica e conoscenza musicale. In vecchie interviste, negli anni novanta, si dichiarava un divoratore di metodi didattici. E al suo esordio era stato un vero precursore nell’utilizzo di tante, tantissime contaminazioni tra musica etnica, funk, latin, rock. Ma mai ha rinunciato alla sua voce, alla sua pronuncia nel tentativo di assomigliare agli artisti stranieri a cui si ispirava. Daniele ci ha insegnato a essere orgogliosi delle nostre origini e a cercare in quelle la vera unicità della nostra musica. Si è servito delle influenze straniere afro americane del blues, del funk e poi della fusion per dare una veste attuale e inedita alla musica napoletana. E pur dotato di una tecnica chitarristica eclatante ha sempre saputo che non sarebbe stata quella l’arma che gli avrebbe permesso di diventare unico a livello mondiale, di duettare, tenere testa, collaborare o affiancare Pat Metheny, Eric Clapton, Bob Marley, Joe Bonamassa. Era la melodia che rendeva assoluta la musica e la chitarra di Pino. Un elemento che Pino aveva affinato, acculturato e arricchito con lo studio e le contaminazioni straniere ma che restava suo, proprio delle sua terra, della sua tradizione e sgorgava diretto dalle sue radici.