di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 08 gennaio 2015 ore 11:00
Avere tre pickup attivabili singolarmente e con volumi e toni dedicati mette davanti a un ventaglio sonoro ampio, che con altre chitarre semplicemente non si può raggiungere. Se si sommano una buona costruzione, un Bigsby e il fascino di una Harmony d'epoca si ottiene la H78 qui in prova.
Avere tre pickup attivabili singolarmente e con volumi e toni dedicati mette davanti a un ventaglio sonoro ampio, che con altre chitarre semplicemente non si può raggiungere. Se si sommano una buona costruzione, un Bigsby e il fascino di una Harmony d'epoca si ottiene la H78 qui in prova.
Qualunque maniaco del vintage conosce bene il brand: Eastwood Guitars è specializzata in riedizioni rivedute e corrette di chitarre e bassi d'epoca appartenuti a marchi minori, oggi scomparsi o semplicemente "fetish". Presentata sotto la linea Airline, la H78 riprende l'omonimo modello prodotto da Harmony e da Silvertone nei primi anni '60. Si tratta di una semiacustica a cassa sottile apparentemente simile a qualunque Gibson ES 335 o Epiphone Casino. I cliché della tipologia ci sono tutti: la cassa è in acero laminato con due buche a effe che lasciano sbirciare il blocco centrale all'interno, il manico in acero è tondeggiante, leggermente a D ma non grosso e sul top bombato nell'immancabile finitura Honeyburst primeggia un Bigsby. Tutto è nella norma finché non ci si accorge che la Airline è provvista di ben tre pickup stile Gold Foilcontrollabili individualmente in tutto. La presenza di tre switch per l'attivazione dei single coil Airline Argyle mette di fronte a possibilità timbriche altrimenti impossibili con un banale selettore a cinque posizioni. Volumi e toni dedicati danno pieno controllo al musicista, a patto di accettare un peso sopra la media per una semihollow. Interfacciarsi con un tale quantitativo di controlli spiazza all'inizio ma, contro ogni previsione, basta poco per entrare nell'ottica e muoversi attraverso le combinazioni con rapidità sufficiente a un utilizzo dal vivo. Altra particolarità del modello, nel rispetto dell'originale d'epoca, è la presenza di soli venti tasti. Cambia invece la tipologia di ponte. La Harmony usava un ponticello in un pezzo unico, non regolabile e poggiato sulla tavola armonica, mentre la Airline preferisce un ponte avvitato in stile Tune-o-matic con sellette roller per ridurre l'attrito e migliorare la tenuta d'accordatura durante l'uso intensivo della leva. Anche grazie a questo accorgimento il Bigsby, un Licensed, tiene botta degnamente.
C'è molto da dire sul suono della H78, pertanto rimando alla pagina ufficiale per la scheda tecnica e all'articolo a questo link per una panoramica sugli aspetti costruttivi e una gallery approfondita.
Se c'è un aggettivo che può descrivere la Airline H78, questo è "divertente". La chitarra è assemblata con attenzione, ben intonata già di fabbrica e con una buona action. Le finiture sono curate il giusto per uno strumento di fascia media e non ci sono difetti da segnalare per manico e tasti. La scorrevolezza è soddisfacente e i fret, di altezza contenuta e dal profilo tondeggiante, sono limati a dovere sui bordi. Niente, insomma, si pone tra il chitarrista e la sperimentazione timbrica selvaggia.
Anche da spenta, la H78 vibra. Il corpo e il sustain non mancano sebbene la giunzione del manico sia a vite e non a incollaggio come tradizionalmente si preferirebbe sulla tipologia di strumento. La scala corta da 24,75 pollici e le corde sottili montate di serie (.009-.046) rendono il viaggio attraverso i tasti davvero morbido, forse troppo se si è abituati a tensioni di altro tipo. Sentirsi suonare la chitarra "in pancia" è il primo piacere con una semihollow, ma è inutile negare che l'aspettativa maggiore è riposta nella resa dell'elettronica.
Presi singolarmente, i pickup si confermano validi. Nessuno dei tre spicca per vastità della gamma di frequenze, ma nell'insieme riflettono alla perfezione lo spirito del modello. Una chitarra come la H78 deve avere quel suono un po' gommoso che si può ascoltare in centinaia di registrazioni di metà secolo scorso, dal blues elettrico nero al pop britannico. Un suono troppo brillante o con bassi eccessivamente profondi stonerebbe di sicuro. Fa piacere invece accendere l'amplificatore e trovare quel pickup al ponte un po' nasale, ma cicciotto e tutt'altro che sottile. Spostando al centro, si ottiene una voce più profonda, sensibile ai cambi di tocco e decisamente votata alle derivazioni in fingerpicking della scuola di Nashville. I pickup sono a bobina singola, ma la Airline non rischia di sfociare nei clean vetrosi di alcune chitarre da "twang finito male". L'output consistente e la gamma traslata verso i medi ricordano più la risposta di un P90, e il pickup al manico ne è la riprova. Qui si è un po' ovattati, a tratti ingolfati. Finché si resta su puliti di stampo fenderiano, sembra quasi naturale accennare qualche fraseggio jazzistico, per quanto non si raggiunga il calore di una jazzbox. Quando usato in combinazione con quello al ponte, il pickup ritrova quella punta di acuti che sembrava mancare. Un risultato felice è ottenibile attivando insieme quello al ponte e dosandone il volume in relazione all'incisività che si vuole ottenere, come se fosse un controllo di Presence sul pickup al manico. La faccenda si complica, ma diventa anche più spassosa, proprio quando si gioca con gli switch.
La "posizione Telecaster", con pickup al manico e al ponte insieme, com'è facile immaginare ricorda più una 335 con P90. Miscelato con il pickup centrale, invece, quello al manico risulta ancora un po' smussato, non reattivo come sarebbe nella posizione corrispondente su una Strat ma più morbido. Una vera esplosione di "nasalità" si ottiene mischiando posizione centrale e al ponte. Molte chitarre, in questa configurazione, tirano fuori la loro anima funk, e la H78 estremizza quel carattere già annusato con i due pickup usati singolarmente. Gli amanti del soul ringrazieranno.
Attivare tutti e tre i pickup insieme è una bella scoperta. Nel caso della H78, è difficile trovare un riferimento nel mondo elettrico o semiacustico. Piuttosto, per capire cosa accade, potrebbe essere utile immaginare di microfonare un'acustica da tre posizioni diverse e miscelare il tutto: c'è la punta di medio-alti del pickup al ponte, ci sono i bassi gutturali del centrale e c'è il calore di quello al manico. Il dettaglio sonoro guadagnato senza che ne risulti un timbro impastato offre spazio a sperimentazioni anche e soprattutto in distorsione. Il suono finisce per sembrare anche "troppo" se si provano a eseguire riff o parti solistiche e non riesce a sedere nel mix con facilità, ma potrebbe essere tutto quello di cui ha bisogno un arpeggio crunch per riempire i buchi di una formazione più scarna, in un power trio o in una band di rock alternative.
Inaspettatamente, la Airline mostra di sopportare piuttosto bene un overdrive. Il blocco centrale fa il suo lavoro ma l'impronta semiacustica è evidente e, se al ponte il suono non può essere definito in altro modo se non "croccante", ideale per accordi sgranati e riff rock'n'roll, al manico sembra chiamare blues elettrico a ogni nota. Ora il suono leggermente intubato e scuro che si può avvertire con i puliti acquista maggior senso, guadagnando in compattezza e spinta.
Con tre pickup a disposizione miscelabili in qualunque modo venga in mente non sarebbe stato possibile esplorare in video ogni sfumatura, abbiamo quindi preferito offrire una carrellata rapida attraverso tutte le combinazioni dei selettori tra le mani di Ciro Manna. Approfondire la conoscenza della bella riedizione marchiata Eastwood sta al chitarrista che, fattosi forza per un acquisto al buio purtroppo tuttora necessario in Italia, difficilmente si pentirà della fiducia dimostrata.
Dopo aver provato la Airline H78, qualunque appassionato di strumenti retrò non può fare a meno di chiedersi per quale assurdo motivo le chitarre Eastwood siano ancora così poco diffuse nel nostro Paese. L'azienda pratica un tipo di distribuzione diretta con i rivenditori rivolgendosi al mercato europeo dal quartier generale britannico, che permette tra le altre cose di contenere i costi per l'utente finale. La rete è attualmente in crescita, ma purtroppo ancora non abbastanza fitta da coprire tutto il territorio. Se si ha la fortuna di incrociare il loro "nuovo vintage", un giro è d'obbligo. Anche solo per concedersi un salto negli anni '60 del primo rock, della british invasion e del rhythm and blues con una spesa tutto sommato irrisoria.
Per il test è stato utilizzato un DV Mark Multiamp. L'amplificatore ci ha colpito per la qualità dell'audio e la risposta dinamica, e abbiamo scelto di adottarlo come banco di prova per le recensioni insieme a Ciro Manna. Ciò garantirà una maggiore uniformità tra i test e permetterà agli Accordiani di confrontare strumenti diversi su un suono di base simile, eliminando le variabili introdotte dall'utilizzo di amplificatori, casse o microfoni differenti. Clicca qui per la recensione del Multiamp.