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Il british sound che mancava si fa in casa
Il british sound che mancava si fa in casa
di [user #34535] - pubblicato il

Internet trabocca di schemi dei più grandi amplificatori di tutti i tempi e, di certo, non mancano i posti in cui acquistare il necessario per una riedizione casalinga con un carattere personale. Basta avere le idee chiare, manualità e... un amico che sappia il fatto suo.
Internet trabocca di schemi dei più grandi amplificatori di tutti i tempi e, di certo, non mancano i posti in cui acquistare il necessario per una riedizione casalinga con un carattere personale. Basta avere le idee chiare, manualità e... un amico che sappia il fatto suo.

Ho sempre prediletto il suono pulito degli amplificatori Fender, sia in abbinamento con i single coil di Stratocaster e Telecaster, sia con gli humbucker. Mi mancava un ampli più cattivello, rigorosamente valvolare e dal suono britannico tipico delle finali EL34.
Parlando con un collega e amico di mio fratello, elettronico industriale per mestiere e maniacale appassionato di amplificazione valvolare per hobby, gli ho buttato lì una nuova sfida: replicarmi un Marshall JCM800 2204. Non se l’è fatto ripetere due volte e con tutta la calma, maestria e precisione che lo contraddistingue, è partito.

Il british sound che mancava si fa in casa

Gli ho fornito lo chassis di alluminio, piegato da mio padre, oltre a un paio di schemi elettrici reperiti sul web, che ha analizzato e confrontato, per poi passare al reperire i componenti e realizzare il cuore pulsante della testata.

A me è spettato costruire tutto il vestito, che ho voluto fosse più piccolo e completamente diverso dallo standard Marshall.

Il british sound che mancava si fa in casa

Per quanto riguarda il mobiletto, nulla di particolarmente complicato, perché si tratta di un parallelepipedo con soli quattro lati, aperto davanti e dietro. Per fare le giunzioni negli angoli come ho fatto io serve un minimo di elettroutensili, ma in mancanza di questi si può benissimo unire le pareti al tetto e al fondo avvitando un quadrello di legno all’interno negli angoli alti, e con viti da sotto per gli angoli bassi, assieme a un buon incollaggio.
Per il materiale, ho impiegato il solito multistrato di betulla spessore 18, che a mio avviso è sempre il top per compattezza e stabilità ed è pure bello, se non si vuole ricoprire il mobile col tolex. Poi l’ho tinto con mordente ciliegio e verniciato con trasparente all’acqua steso a tampone.

Il british sound che mancava si fa in casa

La chiusura frontale è sempre in multistrato ma spessore 10, ricoperto di un pezzo di tela di iuta. Volevo che avesse un aspetto vintage e quella tela è perfetta, oltre che semplice da applicare.
Completa il frontale un filetto bianco che contorna il perimetro, e il tutto è fissato all’interno del mobile con due angolari di alluminio.
Il filetto bianco è un articolo commerciale, comprato appositamente assieme a:
- maniglia in pelle
- paracolpi angolari in metallo
- piedi in gomma
- la griglia di aerazione posteriore
- tutta la componentistica elettronica.

Il british sound che mancava si fa in casa

L’ampli vero e proprio è cablato su uno chassis ricavato su misura, con una piegatrice, da una lamiera di alluminio. La lamiera era protetta da pellicola in plastica quindi, una volta tolta, era esente da rigature e perfetta per essere "serigrafata" manualmente con pennarello di vernice nera. Non ho foto dell’interno del cablaggio, ma vi posso assicurare che era alquanto ordinato. Quando uno è preciso, si vede.
Il tutto è fissato da sotto con viti passanti e nascoste, quattro sul lato anteriore e quattro sul posteriore.

Per la chiusura posteriore che consente l’aerazione delle valvole, ho dovuto realizzare in collaborazione con mio padre il telaio metallico, verniciato con smalto resistente al calore, sul quale ho applicato la griglia forata commerciale, tagliata a misura. Con sei fori e altrettante viti si fissa al retro del mobiletto.

Il british sound che mancava si fa in casa

Il pannello anteriore della testata prevede due ingressi: il Low con una buona riserva di pulito e che va in leggero crunch alzando il gain, poi un High che è una vera esplosione, caldo, valvolare, e che va da un overdrive spinto a un distorto micidiale sempre a seconda della posizione del Gain.
Il Master aiuta a gestire un volume notevole, che con l’ingresso High è comunque sostenuto, ma è il suo bello: intorno alla metà fa tremare i vetri.
I controlli Treble, Mid, Bass e Presence gestiscono l’equalizzazione, per 50 W di una pasta sonora direi unica.
Il pannello posteriore prevede la presa per il cavo di alimentazione, due fusibili, uno sulla presa e uno esterno da pannello. Infine ci sono l'uscita jack per il cavo di potenza e un selettore per variare l’impedenza tra 4, 8 e 16 Ohm.
È stato un po’ un salto nel buio, ma ne è valsa la pena e questo è il risultato, che mi soddisfa molto.


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