di redazione [user #116] - pubblicato il 20 maggio 2015 ore 13:30
Cesareo continua a parlare del suonare in una band e ci dice che è importante allenarsi a tenere il tempo autonomamente, anche quando si suona con gli altri. In particolare, delegare al batterista la responsabilità del beat e affidarsi e appoggiarsi completamente a lui, potrebbe riservare brutte sorprese.
E questo non certo per sua incapacità: il batterista ha il compito di tenere il tempo ma anche di interpretarlo; un bravo batterista arrangia una pulsazione vestendola con un portamento più elegante, strutturato e originale che, di sicuro, è più interessante e musicalmente funzionale ma non necessariamente più facile da seguire. Né più, né meno di come facciamo noi chitarristi che difficilmente eseguiamo gli accordi base della canzone ma suoniamo il nostro arrangiamento della parte e quindi sostituzioni, rivolti, slash chords, riff…
Supponiamo che il bassista voglia scandire l’armonia di un brano senza averla ben chiara in testa ma solo appoggiandosi o doppiando il nostro arrangiamento che – come detto – magari sottintende senza scandire in maniera univoca gli accordi. La frittata sarebbe assicurata!
Per questo bisogna affinare la capacità di una pulsazione ritmica efficace e autonoma anche quando si suona con gli altri. In particolare, questa capacità di camminare ritmicamente sulle proprie gambe, potrà rivelarsi una vera ancora di salvezza mentre il batterista si lancia in qualche break o fill particolarmente complesso. Momenti nei quali, da dietro le pelli, il nostro collega di band spezza e scompone il tempo, volteggiando volutamente in maniera inafferrabile tra i beat della pulsazione.
Non da ultimo, una consapevolezza autonoma del tempo può aiutarci a sentire quando lo stesso batterista – o un altro membro della band – inizia a tirare avanti o indietro. E a quel punto, potremmo decidere consciamente se assecondarlo o riportarlo in griglia sul beat.