Al grido di "you wanted the best, you got the best", guardare un concerto dei Kiss è uno spettacolo a tutto tondo fatto di musica, luci ed effetti scenografici che fanno impazzire ogni fan ma che non possono lasciare indifferente nessuno.
Ok lo ammetto prima ancora di andare oltre nel racconto: non sono mai stato un grande fan dei Kiss, non perché non mi siano mai piaciuti, semplicemente perché non li ho mai ascoltati con attenzione. Eppure lo scorso 11 giugno mi sono ritrovato all’interno dell’Arena di Verona per assaporare l’unico concerto italiano di questa band-leggenda, concerto all’interno di un tour per celebrare i loro quarant'anni di carriera, evento sold out in uno dei posti più belli della Penisola. Insomma la sfortuna di un amico (che si è rotto la gamba) è stata la fortuna mia, quindi biglietto e viaggio gentilmente donati, abbigliamento da viaggio e via in direzione della bellissima città veneta.
Quando ci fanno entrare (sono le 19 circa) lo staff ci regala una sacca di tela personalizzata, contenente un poster celebrativo del tour, la maglietta recante il mitico logo insieme alle quattro figure dei componenti della band, un pass vip e una fantastica scatoletta, marchiata Dunlop, con dentro una serie di plettri recanti le effige stilizzate dei componenti della band (tutto donato a un amico vero fan dei KISS, non come me insomma, che per tutto il giorno mi sono sentito quasi un ladro nei confronti di chi ama a dismisura questa band, e questo articolo serve anche a espiare questa colpa!).
Da un lato mi sono detto "sarebbe una carognata scrivere di una band senza conoscerla a fondo", dall’altro ho pensato che il punto di vista di un neofita al quartetto newyorkese avrebbe avuto un approccio diciamo più genuino nei confronti dello spettacolo che ho assaporato. Quindi non me ne vogliate se non sarò dettagliato nella descrizione della scaletta, citando anno di pubblicazione e retroscena delle canzoni suonate. Cercherò di trasmettere, tramite le mie parole, la sensazione di "grande evento" che trasudava dal palco.
Bisogna subito dire una cosa, quello a cui ho assistito è stato uno spettacolo con la "S" maiuscola, un vero e proprio tripudio di suono ed esagerazione tipica delle band americane che hanno raggiunto il culmine negli anni '80. È qualcosa che non ti fa tirare mai uno sbadiglio o guardare l’ora ma solo dire, alla fine, "ma come? È già finito?". Sì, perché fin dall’inizio si resta a bocca aperta, con la band che compare a sorpresa da dietro un telone recante il loro logo, attorniata da fuochi d’artificio e fiamme alte come un palazzo di tre piani, con la batteria posta su una pedana mobile all’altezza di una decina di metri, abbigliati come degli alieni truccati come i personaggi di una tragedia giapponese, con delle zeppe altissime, le chitarre esagerate e il fumo basso che copre tutto il palco. E la voce di Paul Stanley che, dopo i primi tre pezzi (dove gli accenti più marcati della batteria sono sempre sottolineati dai botti dei fuochi d’artificio), dice "siamo solo all’inizio! Il meglio deve ancora venire!".
La scaletta, a detta dei miei vicini, contiene tutti i loro classici. Il pubblico non smette mai di cantare le loro canzoni. Loro quattro si concedono all’arena solcando le passerelle che li portano a un soffio dai loro fan (molti vestiti o truccati come loro, anche i bambini!). Certo la voce di Stanley non è quella brillante di trent'anni fa, ma la sua forma fisica e il carisma compensano ampiamente la lieve nota rauca nelle sue linee vocali.
Gran parte della scena è, ovviamente, dominata dall’istrionico Gene Simmons, che passa l’80% del tempo con la lingua di fuori facendo le sue mitiche facce diaboliche in direzione del pubblico, o leccando le corde del suo basso nero. A un certo punto rimane da solo al centro del palco, armato del suo basso a forma di ascia, in un contesto di luci che privilegia il verde, mimando quasi una possessione diabolica, rumoreggiando con il basso carico di distorsione e delay. Qui comincia a sputare sangue dalla bocca, e il pubblico è in delirio. Ma il vecchio volpone, sapendo benissimo come gestire il pubblico, non ha ancora sfoderato la sua carta vincente! Sì perché ad un certo punto dispiega le ali da pipistrello della sua tenuta e vola, letteralmente, fino a una pedana sul tetto del palco per cantare una canzone! Ovviamente la sensazione è quella di stare vivendo un momento magico. Ma è solo lo show business, e i Kiss lo sanno fare molto bene! Un’altra cosa va detta: Gene Simmons canta benissimo, con una voce profonda e sempre intonata!
Chitarristicamente parlando il loro solista Tommy Thayer, sempre armato di Les Paul (una bianca e una nera, ma è la prima a fare da prima donna) se non per una canzone dove sfodera una Explorer, ha uno stile e un chitarrismo da manuale. Niente colpi di testa, niente sfuriate di note, niente suoni alieni ma tanto rock, tanti lick pentatonici e tanto sangue e buon gusto.
Il palco è pulitissimo, non si vedono amplificatori o monitor (penso sia tutto processato e microfonato nelle retrovie) ma il suono non è finto, anzi! Unico mio dubbio: probabilmente, nei momenti più incisivi delle canzoni, le parti di basso e di chitarra ritmica erano registrate! Ma questo non toglieva smalto a uno show che stava rasentando la perfezione.
Lo show finisce dopo novanta minuti, sulle note del loro cavallo di battaglia "I wanna rock and roll all night", sotto una coltre infinita di coriandoli bianchi, sparati per tutta la durata del pezzo e tenuti in aria da giganteschi ventilatori, in mezzo alle note scorrevoli di questo inno in favore del RnR, con un contorno di fiamme e fuochi d’artificio (come tutto non abbia preso fuoco non lo so), mentre al centro del palco una gigantesca palla da discoteca specchiata rimandava i raggi delle luci puntate su tutti gli spettatori dell’arena. Insomma un finale gigantesco per uno show gigantesco.
Me ne torno a casa felice di aver assistito a uno spettacolo che ha un che di grandioso e maestoso, fatto da chi il palco lo conosce alla perfezione, dando una sonora sberla a tutti i rocker dell’ultimo decennio che possono solo imparare da questi arzilli signori di mezza età (Simmons ha 65 anni, Stanley 63) che sembrano divertirsi di fronte al loro pubblico che non ha veramente età (dai bimbi ai loro coetanei c’erano tutte le fasce d’età intermedie).
Come ha detto la voce fuoricampo all’inizio dello show "avete voluto il meglio? Avete il meglio! La più calda band della terra... i Kiss!", e così è stato! Auguro loro altri quarant'anni così.
ndr: foto Barley Arts Promotion, guarda la .