di redazione [user #116] - pubblicato il 13 novembre 2015 ore 12:00
Cover e tribute band si amano o si odiano. Si fanno cover per lavoro, per piacere, per vocazione, o non si fanno affatto per questioni di principio. Se ci si ferma a ragionarci su, però, quasi tutti i musicisti che ci circondano fanno cover. È il tema del primo appuntamento con Giorgio Terenziani.
Bassista affermato, esperto in comunicazione e music coach, Giorgio Terenziani si presenta ai lettori di Accordo nella posizione scomoda del musicista pronto a "scaricare secchiate gelide" sugli aspiranti professionisti. Musica è prima di tutto fare arte, ma se si vuole trasformare la propria passione in un lavoro è necessario avere ben presenti alcuni aspetti che muovono il mercato e determinano la carriera, bisogna spogliarsi di ogni presunzione e mettersi faccia a faccia con le proprie capacità, con il pubblico e con tutti i protagonisti e meccanismi del sistema-musica. Giorgio ha una discreta esperienza in questo campo e, un po' scherzando e un po' stuzzicando anche su temi più delicati, ha deciso di condividere le proprie riflessioni con noi per stimolare lo scambio di opinioni come la crescita artista e professionale. Nel primo appuntamento di una serie dedicata alla professione del musicista oggi, Giorgio va dritto al punto e colpisce una delle categorie più spesso al centro delle discussioni tra appassionati: c'è chi lo fa per piacere, chi per dovere, chi si rifiuta a priori, ma nessuno resta indifferente quando si parla di cover. Perché, a ben vedere e persino chi ne dice peste e corna, quasi tutti i musicisti fanno cover.
Come nasce l'idea di queste pillole? Lavorando da un po' con FullShow, cercavo un modo per far capire cos'è e come può essere il coaching a livello musicale stimolando la curiosità e la capacità critica di tutte quelle persone che sentono di avere bisogno di una prospettiva diversa al loro approccio e alla gestione della vita musicale. Io personalmente volevo mettermi in gioco su temi scottanti, temi di cui si parla sempre poco o "di nascosto" e volevo farlo con una forma rapida che lasciasse spazio alla discussione. Quindi l'idea è quella di presentare l'argomento, andare in maniera veloce e forse un po' brutale al punto centrale e lasciare che ognuno assorba e rielabori gli spunti proposti.
Alla luce di quali competenze ed esperienze hai deciso, da musicista, di metterti dall'altra parte della cattedra? Domanda difficile, il tutto parte dalla mia Laurea in Scienze delle Comunicazione (specializzazione Comunicazione dei Massa). Nel tempo, mi sono sempre interessato alla comunicazione e al mercato del mondo della musica, prima in relazione al live e poi successivamente a i meccanismi discografici specialmente per quanto riguarda le band emergenti. Non è stato un percorso obbligato, ma una scelta costante di studio e aggiornamento per tenere sempre attuali competenze che ritenevo importanti prima di tutto per me. Mi sono trovato quindi già dal 2007 a tenere corsi di Self&Band Management senza la pretesa di onniscienza, ma cercando di dare una visione chiara, po' brutale e piena di dati misurabili di un mondo meraviglioso che troppo spesso confonde il lato artistico ed espressivo con quello professionale.
Abbiamo visto la scaletta dei temi che tratterai: più che pillole sembrano tirate d'orecchie ai musicisti? Ma sono davvero così sprovveduti? I temi sono volti a muovere gli istinti e a farci ragionare su quelle cose che sappiamo... cose che a volte sono ovvie, ma non abbiamo il coraggio di dire. È un percorso che affronto anche io tutti i giorni e ovviamente è molto più difficile applicare le soluzioni di buon senso a me rispetto a gli altri. Perché questo? Non perché il musicista sia sprovveduto, ma perché che si tratti di una cover o di un brano tuo, quando abbiamo lo strumento in mano siamo mossi da una passione che ci rende completamente ciechi e a volte anche sordi che è peggio! La passione, che è indubbiamente la linfa più bella di questo mondo è anche il velo che produce più frustrazione e atteggiamenti autodistruttivi nei musicisti. Tirate di orecchie... sì dai, o forse anche secchiate di acqua fredda.
C'è una particolare tipologia di musicisti o band a cui pensi le tue pillole siano rivolte? I temi che tratterò spaziano su un orizzonte abbastanza largo, credo quindi che il target sia duplice: i ragazzi più giovani che si stanno affacciando con tutta l'energia che hanno in corpo alle prime vere sfide del mondo musicale e il cosiddetto "prosumer". Il concetto di dopolavorista non mi piace a priori, preferisco vedere degli ottimi musicisti che, per scelta o per necessità, associano alla loro attività musicale anche un altro forma di lavoro volta spesso a liberare il tempo necessario a suonare senza troppe rinunce. Visto però le prime reazioni spero proprio di raggiungere più persone possibili e di far partire un bel confronto.
La Top 3) della cazzate più clamorose che un musicista compie nella gestione della sua attività live/promozionale senza rendersene conto! Top3?? No, non ce la posso fare! Diciamo che il mondo musicale cambia così velocemente che gli errori che si facevano cinque anni nemmeno esistono più. A oggi le cose peggiori che vedo sono probabilmente: - acquisto di like, views etc senza un minimo di credibilità. Quindi band che saltano da 600 like a 70mila in due giorni oppure video con 1.500.000 di view e trenta commenti... Ecco, questo è fastidioso perché sembra proprio una presa in giro. Il problema è che se ne accorgono subito proprio quelle persone che dovrebbero essere gli interlocutori privilegiati per la crescita futura della band/artisti - l'odio verso i promoter, le label, le testate giornalistiche e la credenza che esista un "governo mondiale" della musica che in impedisce proprio a te di fare quel successo che tanto meriti. Loro sono cattivi e ti stanno boicottando per ignoranza, perché non sanno, perché devono reprimere quello che potrebbe essere il nuovo futuro della musica. Se c'è un atteggiamento che, secondo me, non porta da nessuna parte è questo - il non pensare alla band, o al circuito musicale, ma solo al proprio piccolo orto. Il chitarrista che non abbassa il volume sul palco perché "quello è il suono", la band che non pensa allo show perché "tanto suoniamo bene". Nel momento in cui chiedi un compenso e ancora di più la fiducia del pubblico o sei davvero un Artista fuori scala con una capacità comunicativa geniale oppure... ecco, oppure meglio evitare questi errori!