Durante la mia visita al suo negozio sono state due le rarissime chitarre presentatemi da Steve, il proprietario di Austin Vintage Guitars. Avevo appena lasciato andare una bellissima e intonsa Stratocaster del gennaio del '57, uno strumento con un suono grintoso e incredibilmente moderno, ma quella che vi vado a raccontare è qualcosa che ho sempre e solo visto in foto, ossia una rarissima Fender Nocaster del 1951 che può vantare un solo proprietario.
Per dovere di cronaca, è giusto dire che la Nocaster in realtà è uno strumento che "non esiste", nel senso che questo nome gli è stato affibbiato dai collezionisti in seguito a una specifica vicenda, ed è anche giusto aggiungere che la Nocaster è in realtà una Fender Broadcaster ma senza questa scritta sulla paletta.
La storia penso che la sappiamo tutti, ma è giusto ripassarla, facendone un piccolo riassunto, per entrare nel vivo dello strumento.
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Correva l’anno 1951, Leo Fender aveva appena lanciato la sua creazione, quella che sarebbe poi diventata la Telecaster. L'aveva chiamata, in origine, Broadcaster in onore al trend del momento, ossia la televisione: broad è la contrazione di "Broadcast", ossia trasmissione televisiva. Era lo strumento su cui stava puntando tutte le sue forze e le sue risorse, quello con cui era deciso a invadere il mondo. Era una chitarra che non fischiava, con un look accattivante, un suono che bucava lo spettro sonoro e, particolare non trascurabile, una realizzazione semplice e adatta all’imperversante moda del consumismo. Peccato che Gretsch, colosso del tempo nel campo degli strumenti musicali, costruiva un kit di batteria denominato "Broadkaster". Non passò molto tempo quindi che Leo si vide recapitare in azienda una lettera da Gretsch che gli faceva "notare" che il nome era troppo simile al loro kit, e che il loro nome era già stato registrato. Leo avrebbe anche potuto intentare una causa, ma aveva paura di perdere con un'azienda gigantesca come Gretsch, armata di buoni avvocati e ingenti risorse. Ha preferito quindi, di fretta e furia, tagliare la dicitura Broadcaster dalle decal già pronte, finire e consegnare gli strumenti già in ordine, e nel mentre pensare a una soluzione che lo potesse rimettere in carreggiata quanto prima.
Sapeva che il suo prodotto non sarebbe stato affossato da una bega legale o da una piccola defiance dovuta a un errore banale, quindi nei primi mesi del 1951 un numero imprecisato di strumenti (tra i 275 e i 400, fondamentalmente delle Broadcaster) uscì dalla fabbrica col solo logo Fender sulla paletta. Nessuna dicitura rimandava al modello di riferimento. Da qui, i collezionisti, negli anni le hanno denominate Nocaster.
Se dal punto di vista sonoro e costruttivo siamo a pochi millimetri da una Telecaster (il nome scelto dopo un'attenta riflessione, anche qui con chiaro tributo alla televisione) e da una Broadcaster, da quello collezionistico siamo di fronte al "Gronchi Rosa" degli strumenti musicali.
La chitarra è diventata l’ossessione per alcuni proprio per la rarità e quel velo di incertezza e paura con cui era stata assemblata. Immaginate il panico che si doveva essere scatenato ai vertici Fender! Tutte le ambizioni sarebbero potute crollare in un attimo se solo una costosa e lunga bega legale avesse rallentato, in favore di altre grandi marche, la corsa allo strumento solid body definitivo (per il tempo). Sono piccoli aspetti che un collezionista guarda con attenzione quando stringe tra le mani una testimonianza di un’epoca come una rarissima Nocaster. Ironia della sorte? Adesso Fender possiede Gretsch! Quindi la storia ha sempre dei risvolti da romanzo.
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Quella che mi sono trovato davanti, oltre che una chitarra rara, è anche una chitarra che ha avuto, dal 1951, un solo proprietario. Il boss di Austin Vintage Guitars ha comprato questa chitarra dalle mani della figlia di colui che, fin quando la morte non è sopraggiunta, l’ha usata quasi giornalmente. Le condizioni sono quelle di uno strumento che ha suonato, e suonato, e suonato, ma sempre nelle stesse mani! La tastiera è quasi scavata in alcuni punti (uno scallop naturale oserei definirlo). Il manico (quello delle prime Broadcaster e quindi pure delle Nocaster) era noto per essere una specie di mazza da baseball, grosso e con una bella sezione a U eppure, passandoci il pollice per delle decadi, si è leggermente assottigliato.
Il peso è quello di una piuma. La suonabilità non è facile, sia chiaro. Ma, una volta presa la mano, diventa un piacere.
L'elettronica è molto particolare, perché il circuito delle Nocaster-Broadcaster è leggermente diverso da quello delle Telecaster. Alla posizione 1, quella più vicina alla paletta, abbiamo il solo pickup al manico con il filtro dei bassi inserito. È un suono che in molti definiscono
muddy, fangoso, scuro. Originariamente era stato concepito per i chitarristi che dovevano imitare le linee di basso, supportando con degli accordi ogni tanto. È stato però quasi un flop, perché quasi nessuno lo usava: troppo cupo e troppo basso nel mix generale. La seconda posizione, quella intermedia, ha invece il pickup al manico diretto all’uscita, senza il controllo di tono attivo. La terza posizione attiva il pickup al ponte, e quello che conosciamo come il controllo di tono è in realtà un controllo del mix tra il pickup al manico e quello al ponte (blend). Una soluzione geniale (che andrebbe rivalutata su qualche replica secondo me) ma che è stata soppiantata da quella che conosciamo ormai tutti sulle Telecaster, anch'essa geniale visto che permette gli swell col tono, nel tentativo di imitare una lapsteel.