di biggiorgione [user #43441] - pubblicato il 27 maggio 2016 ore 11:00
Stringere tra le mani una L1 del 1911 fionda in un tempo lontano, dove a reggere la tensione delle corde erano i manici più grossi senza trussrod e le archtop avevano una buca al centro. La voce unica di una L1 originale è profondamente diversa rispetto a quella di qualunque riedizione.
La macchina del tempo virtuale su cui vi faccio salire ci porta a gli inizi del ventesimo secolo, precisamente nel 1911. A Belfast, in Irlanda del Nord, viene varato il Titanic: costruito dai cantieri Messrs Harland and Wolff, lungo 300 metri e largo 30, è il più grande transatlantico del mondo. Pesa 46,328 tonnellate contro le 45,124 della "sorella" Olympic (che aveva sbaragliato il precedente record del Mauretania, 31,738). Affonderà miseramente l'anno seguente entrando nella leggenda e lasciandosi dietro uno strascico di polemiche non indifferenti, nonché la chiacchiera che ci potrebbe anche essere stato un truffone all'assicurazione giacché esisteva una nave gemella con svariati "problemini" e c'è chi sostiene che sarebbe stata proprio questa ad affondare. Tutto il mondo è paese!
Noi, nel frattempo ci impelaghiamo nella guerra in Libia grazie al primo ministro Giolitti che ci crede un sacco e, nelle mire espansionistiche, un sacco di Italiani ci lasciano le penne.
In America intanto nasce il vecchio Ronald Reagan, alla fine a mio avviso uno dei migliori Presidenti che gli Stati Uniti abbiano avuto, ma questo è solo il mio parere e non ho la pretesa di convincere nessuno. Ma soprattutto in quell'anno nasce Chevrolet Motor Company, brand al quale sono molto affezionato, che va a contrastare lo strapotere di Ford il quale, grazie al suo fondatore Henry, ha messo in produzione già dal 1908 il modello T che sta Ford e all'America come la Fiat 500 sta all'Italia, nel senso che fu il modello che mise gli americani in macchina, soppiantando carrozze e cavalli. Sempre in quell'anno la Colt del signor Samuel Colt brevetta la pistola modello 1911 A1 in calibro 45 ACP, la prima arma moderna, un super classico ad oggi ancora in produzione sostanzialmente invariato. D'altra parte si sa che gli Americani sono piuttosto conservatori.
In questo allegro contesto, dagli stabilimenti di Kalamazoo nel Michigan esce questa piccola regina, destinata a far cantare e ballare migliaia di persone.
A differenza delle L1 costruite dopo la metà degli anni '20, questa è una nobilissima archtop e vi dirò di più, come si può evincere dalle foto, anche archback.
Mogano e abete sono le armi di questa parlor. Il possente manico fat V quasi non si cinge e di truss rod non se ne parla. La tastiera è di un ebano scuro e tosto con binding bianco oggi ancora perfetto. Il modello è in produzione già dal 1902 e resterà invariato fino al 1926, anno nel quale diventerà una flat top a mio avviso meno accattivante, seppur molto interessante. Stiamo citando verosimilmente la chitarra utilizzata da Robert Johnson, o per lo meno quella che si vede su una delle sue immagini più conosciute.
Ma non è assolutamente la sola opera d'arte. Chitarra oggigiorno piuttosto rara sebbene non costosissima, si può trovare a seconda delle condizioni tra i 1500 e i 3mila euro (parlo di chitarre non riparate, modificate o con parti sostituite). Ha un attaccacorde molto bello con la parte superiore in falsa tartaruga e un ponticello in ebano dalla forma singolare, come potete vedere in foto.
La vera rarità, e qui vi sfido a trovarne uno in primis e soprattutto nelle condizioni quasi perfette del mio, è l'astuccio: pezzo di super lusso originalissimo in cartone pressato rivestito in cuoio lavorato, con apertura basculante dal fondo e interni quasi perfetti in vellutino giallo.
Sull'esterno spiccano i marchi del vero cuoio e della pelle primo fiore, così come venivano impressi all'epoca. Si tratta di una Bull's Head case.
Da una chitarra Parlor di piccole dimensioni e costruita con tecniche archtop, ossia con tavola bombata scavata dal pieno, non dovete aspettarvi un suono roboante e ricco come capita con le Dreadnought. Qui il suono è medioso con cantini vispi, non squillanti ma definiti, e bassi precisi senza la minima sbavatura. La chitarra nasce per un songwriter e non per un'orchestra. Non ne ha la forza né tantomeno la pretesa. Si parla di una chitarra con un timbro a sé stante come oggi non se ne vedono e sentono più.
Di estrema eleganza, quando la si estrae dal suo astuccio di cuoio è un'immediata eye catcher, ne percepisci la storia, ne puoi apprezzare le sinuose forme, il profumo dei legni ormai più che stagionati e lo spirito della tradizione di casa Gibson.
Il top ambrato tendente al caramello ha asciugato il sottile strato di vernice semi lucido con quel sapore vintage che solo chitarre di razza ti fanno gustare in questo modo. Fasce e fondo di mogano sono verniciate con un rosso scuro che ricorda la trasparenza del Chianti filtrata dalla luce.
La scala è ovviamente corta e il manico a sezione V è perfetto nonostante gli anni. Al contrario di quanto si potrebbe pensare, la tastiera è scorrevole e accessibile in tutta la lunghezza. Le corde si mantengono basse su tutto il loro percorso, caratteristica tipica della casa di Kalamazoo, che non rende necessario un reset del manico come spesso accade su strumenti antebellum quando si vuole attualizzarli. Richiede corde non molto grosse, sull'ordine delle 0.09, perché la struttura fu progettata per reggere corde di questo tipo. Il suono, forse un po' piccolo, è tuttavia ideale per accompagnare un balladeer alla Dylan o per un fingerpicking alla John Fahey.
Decisamente bluesy per vocazione, è comunque piuttosto versatile.
Vi faccio ascoltare un signore che seguo su YouTube (che sa quel che fa!) mentre si cimenta con una L3, parente stretta e coeva, leggermente più rifinita, che vi dimostra cosa aspettarsi da questo tipo di chitarra.
Tuttavia, pur senza essere virtuosi delle sei corde, qualcosa alla Robert Johnson si può tirare fuori.
Negli ultimi anni, Gibson ha riproposto la L1 in varie versioni, ma tutte flat top. Seppure ottime chitarre, il timbro è totalmente differente e aggiornato alle esigenze di chitarristi di oggi.
Alcuni di voi penseranno che il suono delle nuove è migliore, a mio avviso semplicemente rispecchiano il loro tempo ed esaltano caratteristiche differenti. Forse bisognerebbe averle tutte per trovare pace, ma fortunatamente non si può, e così abbiamo tempo per parlarne, scambiare opinioni e ci rimane sempre il tempo per sognare e viaggiare ancora nel tempo, almeno con la fantasia.