Fuzz Machine: devastazione al germanio secondo Formula B
di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 20 ottobre 2016 ore 07:30
Dei transistor NOS al germanio accoppiati come si deve sono alla base del progetto Fuzz Machine. Formula B ci ha messo dentro un suono vintage che raggiunge una distorsione impressionante quando si accoppia a valvole già sature, come negli anni d'oro. Ed è quello che abbiamo fatto.
Il fuzz è un circuito elementare, su carta. Spesso si pensa, erroneamente, che la semplicità della sua costruzione renda chiunque buono ad assemblarne uno. In effetti è vero, i fuzz in stile vintage sono i pedali con cui spesso gli appassionati di fai-da-te muovono i primi passi nell'autocostruzione. Realizzarne uno come si deve, però, è un'altra cosa.
Da tempo sono convinto che un buon fuzz non si giudichi dal suono in sé, ma dalla sua capacità di interagire con la strumentazione in cui è immerso, di mandare in crisi un amplificatore e di trovarsi a sua volta arricchito dalla saturazione delle valvole, ma che conservi sempre la capacità di pulirsi con un tocco più leggero o abbassando il volume della chitarra. In questo, il Fuzz Machine dell'italiana Formula B è semplicemente da manuale.
Il Fuzz Machine è un fuzz basato su transistor al germanio NK275. Marco Bovelli, il suo costruttore, li sceglie e li accoppia da riserve NOS per ottenere quella risposta organica che ha permesso a pedali come i Fuzz Face degli anni psichedelici di affermarsi fino a diventare uno standard per il tono della chitarra rock.
Ha due soli controlli di Fuzz e Level, ovvero saturazione e volume, e come ogni circuito al germanio è caratterizzato da una distorsione non estrema, ma calda e mai zanzarosa.
Un fuzz di questo stile è una bestia difficile da interpretare. La capacità del Fuzz Machine di rispecchiare il carattere dell'amplificatore a cui è collegato lo rende camaleontico, e il suo suono può cambiare in maniera importante a seconda che lo si colleghi a un valvolare di stampo americano o britannico. Ma non è sede questa di confronti (ci sarà modo di fare anche quelli), quindi per il test ho deciso di collegarlo a una piccola testata artigianale di scuola british, con cui il pedale restituisce un timbro nasale e presente in maniera impressionante, ben diverso dal suono più liquido e ricco di bassi che talvolta si riscontra accoppiando un fuzz del genere con una 6V6. Per quella, vi rimando al breve clip proposto da Formula B.
La EL84 del piccolo Twiggy contribuisce a un gusto ruvido e non per tutti i palati, ma che gli amanti del fuzz puro sapranno apprezzare. Se preferite una saturazione ben educata, facile da suonare e vellutata all'orecchio, affidatevi pure a un semplice overdrive. Qui si parla di gain selvaggio e cafone, di un rombo croccante che si sgretola quando si ruotano le manopole in senso orario.
Se lo si usa su un amplificatore pulito, il sustain che si ottiene non è molto, ma in compenso si può contare su una certa riserva di volume per farsi sentire in qualunque condizione.
La musica cambia quando il gain dell'amplificatore si alza e le manopole sul fuzz si avviano verso fine corsa. In fondo, il fuzz nasce per spingere l'amplificatore oltre i suoi limiti naturali, e il modo "giusto" per suonarlo è spremere le valvole come si deve, tirare su le manopole e accenderlo. Il controllo Fuzz aggiungerà sporcizia e ingolferà deliziosamente il tutto, quello del Level spingerà ancora di più il gain dell'amplificatore, e ci penserà il volume della chitarra a tenere a bada tanta distruzione sonora.
È impressionante il modo in cui, anche con un amplificatore in crunch e con entrambi i potenziometri a fine corsa, quando si è ben oltre la soglia del puro rumore, basti tirare giù il volume dalla chitarra per tornare a un pulito dolce e suonabile, per niente ingolfato né cupo.
Il Fuzz Machine è in vendita direttamente sul sito ufficiale a questo link a un prezzo decisamente umano per un pedale artigianale e potrebbe rappresentare un'interessante alternativa ai soliti riferimenti del mercato se si desidera un tocco di germanio nel proprio suono e si apprezza il valore aggiunto del made in Italy. Se poi lo scopo è piazzarlo in un amplificatore già imballato per muoversi tra The Yardbirds e Jimi Hendrix, la vostra ricerca può considerarsi giunta al termine, o quantomeno ha raggiunto un checkpoint molto interessante.