Inauguriamo un nuovo ciclo di lezioni dedicate al lavoro del chitarrista in studio di registrazione.
Max Rosati, dal suo studio, ci guiderà all’interno di una sessione di registrazione per affrontare, di volta in volta, vari temi e argomenti. Ogni volta si affronterà un aspetto esecutivo differente: gli ottavi, gli arpeggi, gli accordi... Ciascuno di questi temi offrirà il pretesto per aprirsi a ventaglio su una serie di elementi tecnici legati alla loro esecuzione e registrazione (utilizzo degli effetti, ascolti, dritte esecutive…).
Iniziamo parlando degli ottavi.
Gli accompagnamenti in ottavi sono tra i portamenti più praticati negli arrangiamenti per chitarre elettriche pop e rock. Suonare delle linee in ottavi efficaci è molto più impegnativo di quanto possa sembrare: non per niente, una buona parte ritmica in ottavi - solida e portante - è uno degli aspetti su cui più spesso i produttori sono esigenti in fase di registrazione.
Per suonare bene gli ottavi è necessario un timing efficace e una proiezione di suono omogenea e controllata: elementi che richiedono studio e pratica dedicata che invece, per via della loro apparente facilità, molti chitarristi trascurano.
Per prima, nel video, Max Rosati evidenzia le tre principali tipologie di approccio all’esecuzione degli ottavi.
Questi possono essere suonati in maniera totalmente lineare, senza dare alcuna enfasi ritmica a nessun accento.
Oppure, possono essere accentati, generalmente marcando l’inizio di ogni battuta.
Quindi, pur mantenendo un’esecuzione ritmicamente sempre uniforme, si possono eseguire ritmiche in ottavi creando, con l’utilizzo degli accenti, un disegno/pattern ritmico.
Sarà l’arrangiamento del brano e, di conseguenza, il ruolo che la chitarra in ottavi ricoprirà nell’economia del pezzo, a suggerire quale di questi approcci sarà più funzionale.
Nell’esempio di ritmica proposta da Max, gli ottavi sono eseguiti con un portamento ritmico lineare.
Ecco la parte suonata. Siamo in tonalità di C e ci muoviamo tra due power chord di C5 e A5 che sottintendono un C e un Am. (Ricordiamo che i power chord, interessano esclusivamente l’esecuzione di Fondamentale e Quinta dell’accordo, omettendo la Terza o Modale, nota che ne determina, appunto, il carattere maggiore o minore).
Tra i due accordi, sul quarto movimento della seconda e quarta battuta, c'è un bicordo di C5 con il B al basso che rende più legata e armoniosa la ritmica.
Altro aspetto decisivo, ricorrente nelle registrazioni delle ritmiche in ottavi, è la prassi di doppiare la parte.
La ritmica è suonata due volte, ricalcando esattamente quanto eseguito nella prima take.
Questa prassi richiede non solo grande accuratezza a perizia ritmica ma anche la totale consapevolezza di quanto si è suonato a livello di parte, suono, portamento e intenzione.
Doppiare una parte permette di offrirne una proiezione sonora stereofonica.
Le ritmiche, infatti, sono tenute aperte nello scenario sonoro dell’ascolto, avvolgendo letteralmente sia l’ascoltatore che sta al centro, sia gli strumenti dell’arrangiamento che si vorranno enfatizzare ponendoli al centro dell’ascolto.
Per chiarire visivamente questo concetto, aiutiamoci con qualche immagine estrapolata dalla schermata di una sessione di Protools, software di registrazione.
In questa immagine abbiamo la traccia della prima chitarra registrata. Il PAN indicato dalla freccia viola indica la disposizione della parte suonata nello spettro d’ascolto del mix. In questo caso, la chitarra è sullo 0, perfettamente centrale; immaginandoci seduti perfettamente in mezzo alle due casse che riproducono la chitarra registrata, avremo la sensazione di avere il suono proprio in mezzo agli occhi, centratissimo o, come si dice in gergo, "in faccia".
Nella seconda immagine compare la chitarra doppiata. Ora, come indicato dalle frecce gialle, il PAN è totalmente aperto. Una chitarra quindi, esce sulla cassa destra, l’altra sulla sinistra. Immaginiamoci seduti della stessa posizione: ora le due chitarre ci avvolgeranno letteralmente nell’ascolto.
Nel video, è messo in risalto un altro aspetto interessante. Per quanto la nostra performance di doppiaggio sia irreprensibile (perfetta nel ritmo, tocco e intenzione) affioreranno comunque piccole, quasi impercettibili sfasature e differenze. Queste saranno un valore aggiunto che contribuirà ad accrescere l’effetto stereofonico dell’ascolto e a donare un leggero e accattivante chorus alla parte.
Max Rosati è uno dei apprezzati chitarristi italiani. Da 25 anni si alterna tra insegnamento, lavoro in sala di registrazione, televisione e performance live. Inoltre svolge l'attività di autore e produttore artistico. Tra le tantissime collaborazioni non si possono non ricordare quelle con Gino Vanelli, Youssou N' Dour, Patti Smith, Massimo Ranieri e Nada. Siamo orgogliosi di ospitarlo tra queste pagine con un suo esclusivo ciclo di lezioni. (Gianni Rojatti) |