Tutto è cominciato con un articolo di giornale inviatomi via email da un amico. Oggetto dell'email: "Guarda un po' questa..."
Nell'articolo in questione si parlava di una persona coraggiosa (soprattutto di questi tempi) che, perso il proprio lavoro, aveva deciso di prendere il toro per le corna, mettere a frutto vent'anni di esperienza nella costruzione di chitarre elettriche e aprire il proprio laboratorio di liuteria. In Italia. Nel 2016 o giù di lì. Un prodotto originale e artigianale. Un coraggioso pazzo, ho pensato leggendo l'articolo.
Quella persona era Emanuele Chiarlone e, a quel tempo, non potevo immaginare né che gli avrei commissionato uno strumento né che saremmo diventati ottimi amici (cose che succedono quando si condivide la passione di una vita). Al di là del profondo inchino per la capacità di correre consapevolmente dei rischi, quel che mi aveva colpito parecchio era l'originalità dello strumento unita all'incredibile cura dei dettagli e all'impatto del marchio: Arrogantia.
Non ci sono dubbi: una cosa del genere non lascia spazio alle vie di mezzo. La cosa incredibile è che poi Emanuele è una persona umilissima e disponibile, ben disposta all'ascolto delle altrui opinioni, aperta. Tutto l'esatto contrario dell'arrogante, ma il nome che ha scelto per il suo progetto riassume in un'unica parola - che va intesa nel senso più positivo possibile del termine - tutta la sua filosofia: ho fatto delle scelte ben precise, con delle motivazioni ben precise, e queste scelte sono confluite nel mio progetto. Se la filosofia di questo progetto fa per te, sei il benvenuto. Altrimenti sei il benvenuto lo stesso, ma il mondo è pieno zeppo di altre chitarre.
In oltre 34 anni con una chitarra addosso, ne ho conosciuti di liutai italiani davvero in gamba, alcuni sono diventati amici (a partire da uno che di liuteria elettrica ne capisce, cioè quel Galeazzo Frudua i cui strumenti ancora affascinano parecchio e che mi ha insegnato molto a proposito del prendersene cura). Eppure questo non è bastato a farmi fare quel salto, dalla sicurezza delle forme e delle soluzioni conosciute verso l'ignoto senza rete (o quasi). Poi ho incontrato Emanuele, ci siamo scritti, abbiamo parlato a lungo, gli ho spiegato perché il suo progetto mi piace e cosa volevo trovare nel MIO strumento, così il progetto ha preso forma: quando le cose procedono spedite, vuol dire che la scelta è giusta.
Ho deciso di sacrificare uno strumento di pregio (che suono poco e niente) per avere il budget necessario e ho commissionato a Emanuele la mia Arrogantia: una Pandora con doppio humbucker, tastiera a doppia ottava e tutta una serie di altre opzioni per le quali ricordo bene di avergli detto "ricordati che alla fine tu mi odierai". Quello che volevo ottenere era una singola chitarra che contenesse il più possibile le caratteristiche di tutti gli strumenti che ho avuto, che ancora possiedo e soprattutto che suono (di quelli che non suono, cosa me ne faccio?): Fender Stratocaster e Telecaster, Gibson SG e Les Paul, Ibanez RG, Kramer Baretta, PRS e chissà che altro.
Una follia? Può essere, ma almeno dal mio punto di vista penso che ci siamo riusciti.
La base di partenza è proprio la Pandora : quando Ema ha realizzato la Pandora mi ha dato il colpo di grazia perché le sue proporzioni mi sono congeniali. A questa già ottima base di partenza, un po' per scelta e un po' per colpi di fortuna (o sfortuna, nel caso di Emanuele che ha poi dovuto fare il lavoro), si sono aggiunte una serie di cose che, nel loro insieme, hanno prodotto il gioiello che mi sono portato a casa.
Vediamole più in dettaglio.
Body in unico pezzo di padouk stagionato 27 anni: non c'è una sola goccia di umidità in questo legno, l'igrometro non la rileva nemmeno. Questo ciocco di legno è "colpa" del papà di Ema, che lo ha reperito presso una falegnameria locale e "colpa" anche di Ema, che lo ha lasciato in bella vista il giorno che sono andato a trovarlo. "Quello cos'è?", ho chiesto. "È padouk", ha risposto. "Ora sono c...i tuoi" ho concluso, e così è stato.
Cosa gli sia costato lavorarlo (fa una polvere rossa micidiale che macchia come vernice e che non è esattamente salutare da respirare) e verniciarlo/lucidarlo (ha pori piuttosto aperti e si beve la vernice), lo sa solo Ema. La realtà è che le chitarre di padouk che si vedono in giro, molto spesso, non hanno un top in acero incollato sopra e sono quasi sempre finite a olio o simile, a poro aperto. Qui non ci siamo fatti mancare niente. Soprattutto i moccoli.
Top in acero marezzato bookmatched, verniciato talmente bene che la linea di giunzione la si deve cercare con la lente di ingrandimento.
Manico in acero marezzato tagliato di quarto con tastiera incassata in ebano africano a doppia ottava e segnatasti dot.
Per i tasti ho colto lo spunto datomi da un amico che vive a Tokio e ha un liutaio giapponese pazzo: ho scelto dei Jescar EVO Gold in lega di rame e credo ottone. Sono bellissimi da vedere (dorati) e la loro durezza/resistenza all'usura è intermedia tra i tasti tradizionali in nickel/argento e gli stainless steel (che trovo eccessivamente brillanti). Per mettere la ciliegina sulla torta, ho chiesto dei jumbo per la prima ottava e dei narrow jumbo per la seconda. Con una tastiera a scala corta (che si fa apprezzare da morire) e a doppia ottava, i narrow nella seconda ottava si sono rivelati un'ottima idea, soprattutto per uno che ha le mani grandi come le mie e alle volte pena un po' nelle zone alte della tastiera. La sonorità resta molto calda e rotonda, bella definita e precisa e senza alcun eccesso di brillantezza.
Hardware Schaller completamente dorato (scelta obbligatoria visti i tasti, volendo evitare contrasti cromatici tipo pugno in un occhio). Ottime le meccaniche bloccanti, strepitoso il ponte Vintage, praticamente tutti i pregi del Floyd Rose uniti alla maneggevolezza di un ponte tradizionale a sei sellette.
Per i pickup nessun dubbio, ho scelto MAMA. Come ho detto personalmente a Claudio Malerba, hanno fatto un salto qualitativo spaventoso negli anni. Su sua indicazione (e ci ha azzeccato, in base alle sonorità che andavo cercando e alle caratteristiche dello strumento) mi sono orientato sullo strepitoso Exploder Custom per il ponte e su un ottimo Tex Fire per il manico, entrambi in Alnico5 ed entrambi della loro serie OMNIA. Personalmente, non ho mai sentito degli humbucker splittarsi in single coil in questo modo. Non sono degli humbucker dimezzati, sono dei veri singoli, senza cali drastici di volume, senza perdita di ciccia e senza sacrificio di frequenze. Valgono ogni centesimo. In full humbucker sono perfetti: aggressivi, dinamici, definiti (il matrimonio col padouk è riuscito), caldi e mai e poi mai eccessivi. Si ripuliscono col volume in modo strepitoso.
Emanuele usa esclusivamente battipenna custom fatti da Silvano Pulice di Battipenna.it e la mia Pandora non fa ovviamente eccezione. Ho scelto un bel tartarugato scuro su cui Silvano ha magistralmente inciso il kanji "chikara", che significa precisamente Forza, intesa come forza interiore, perseveranza, resilienza, caparbietà. Non credo si potesse trovare di meglio per esprimere, con la sua semplicità elegante, il concetto alla base di questo progetto.
Da un punto di vista puramente fisico e meccanico, la chitarra risulta un capolavoro di ergonomia e comodità.
Di legno ce n'è in abbondanza, è più spessa e massiccia di una Les Paul, non ci sono camere tonali eppure il peso resta molto più che accettabile (4 kg).
Le smussature ricavate nel body per il corpo e l'avambraccio destro permettono di suonarla da seduti come se si fosse in piedi e viceversa e si può andare avanti per ore, perché non si avverte alcuna fatica. Sembra quasi di non averla addosso, eppure il legno è ben tangibile.
Il manico è un altro elemento la cui presenza è tutt'altro che trascurabile, eppure è di una comodità estrema e la scala corta si fa veramente apprezzare alla grande, soprattutto con la tastiera a doppia ottava.
Lo Schaller Vintage lavora benissimo, morbido, preciso, sensibile alla minima sollecitazione e, grazie alla combinazione con le meccaniche bloccanti, il capotasto in TUSQ ben sagomato e lo zero fret, la chitarra resta sempre accordata e perfettamente intonata, anche dopo venti minuti di dive bomb.
Dire che tutta 'sta roba messa insieme suona benissimo è ovvio e banale, ma è così: suona benissimo.
Il sustain generale è tantissimo, l'attacco micidiale e i bassi sono i più fermi e controllati che abbia mai sperimentato (e ce ne sono di bassi qui). Armonici ovunque come se piovesse. La prossima settimana potrò provarla in un contesto di gruppo, per cui potrò avere conferma di una precisa impressione: questo strumento ha tutte le carte in regola per bucare qualsiasi mix. Il set di pickup MAMA rende piena giustizia allo strumento e le combinazioni possibili permettono una notevole versatilità: col selettore in posizione centrale (ponte+manico) e la possibilità di scegliere se splittare il pickup al ponte o quello al manico, si possono ottenere sfumature tutte validissime (tra cui un suono tipo Telecaster con singolo al ponte e humbucker al manico).
Le sonorità di questo strumento non sono immediatamente riconducibili a questo o a quello poiché le sue caratteristiche costruttive ne fanno una chitarra con una sua precisa e spiccata personalità e questo, ovviamente, si riflette sui suoi suoni. I pickup fanno un lavoro eccellente, non si impongono mai e lasciano che lo strumento restituisca al 100% tutto ciò che riceve, nel bene e nel male (una chitarra senza pietà, che non fa sconti di pena: se cappelli, si sente di brutto).
Qualcuno potrà ritenerlo un difetto, ma io penso sia l'esatto contrario: non volevo una chitarra strana che suonasse come una Stratocaster o come una Les Paul: quelle chitarre le ho già, che me ne sarei fatto? Volevo uno strumento ergonomico che avesse i suoni che ho in mente ma che li restituisse a modo suo ed è esattamente quello che ho avuto.
A questo proposito, tuttavia, le parole servono a poco ed è meglio lasciar parlare un video: abbiamo fatto qualche ripresa al volo in laboratorio, per cui perdonate la qualità e soprattutto le innumerevoli cappelle esecutive.
È tutto molto genuino e casareccio, al volo e buona la prima: la cosa importante è che si senta come suona questo strumento, o meglio che si sentano alcuni dei modi in cui può suonare. A casa la collego a un rack composto da Marshall JMP1, Alesis Quadraverb GT e Marshall Valvestate 8008 su cassa Blackstar 2x12 e il dettaglio degli effetti come chorus e delay è impressionante, non escono così con nessun'altra delle mie chitarre!
Per il setup, niente di esoterico: testata Blackstar HT-5 Metal (canale clean) con cassa Blackstar 1x12, pedaliera Boss GT-1, un Boss DS-2 e un MXR Carbon Copy. Niente altro, tutte cose di comune reperibilità e dal costo contenuto.
Sono veramente soddisfatto di questa scelta: ho deciso di correre un rischio e mi ritengo premiato. Ci si mette pochissimo a familiarizzare con questo strumento, ma non per questo si può dire che sia una chitarra facile. Ha un carattere tutto suo, bisogna imparare come vuole essere suonata, assecondarla. E lei ricambia.
Non è uno strumento banale né per tutti. Bisogna avere le idee molto, molto chiare su ciò che si vuole quando si decide di farsi realizzare uno strumento su misura. Se uno ha in mente il momento in cui rivenderà e quanto potrebbe ricavare, sta già sbagliando l'inizio. E poi, naturalmente, occorre incontrare la persona giusta col progetto giusto, con cui stabilire in primis un rapporto di reciproco rispetto e collaborazione, che vada al di là degli aspetti che legano un cliente a un produttore (ci sono anche quelli, ci mancherebbe). Alla fine, se tutto procede come si deve, bisogna essere felici e soddisfatti in due. E qui direi che ci siamo riusciti e anche alla grande. Consiglio a chiunque si sia liberato/a dal paraocchi e dal paraorecchie e voglia sperimentare strumenti davvero fuori dal comune di farsi un bel giro nel laboratorio di Emanuele, per conoscerlo e per provare i suoi prodotti. Le possibilità di personalizzazione, se ragionevoli, argomentate e condivise, sono moltissime: mi viene sempre in mente il paragone con un abito di alta sartoria, che deve calzarti a pennello perché tu voglia indossarlo per anni e anni. Se potete andate a provare con mano e orecchie, Perché è del tutto inutile parlare se prima non ci si è fatti un'idea oggettiva delle cose. |