È un periodo davvero speciale per Ringo Starr. Alla fine dell’anno scorso ha pubblicato il suo 19esimo album in studio, Give More Love, con la collaborazione di innumerevoli amici di vecchia data. Il 20 marzo scorso ha ricevuto il cavalierato dal Principe William, Duca di Cambridge, diventando finalmente Sir, una ventina di anni dopo l’ex compagno di band Paul McCartney. Da poco più di un mese è partito un tour intercontinentale che lo vedrà impegnato fino a fine settembre e il 7 luglio scorso ha festeggiato il suo 78esimo compleanno con un concerto a sorpresa al Hard Rock Café di Nizza, circondato dalla famiglia e dagli amici e colleghi più cari.
Sir Richard Starkey non suonava in Europa dal 2011 e i fan erano ansiosi di scoprire quale sarebbe stata la lineup del gruppo che lo avrebbe accompagnato in questa nuova impresa live. Nata da un’idea del produttore David Fishof e attiva dal 1989, la All Starr Band è giunta al suo tredicesimo cambio di formazione, accogliendo sempre tra le sue file alcuni tra i più leggendari musicisti degli ultimi decenni, tutti legati a Ringo da una profonda amicizia. Quest’anno, oltre ai già presenti Steve Lukather (Toto - chitarra e voce), Gregg Bissonette (batteria, cori), Gregg Rolie (Santana, Journey – tastiere e voce), Warren Ham (Bloodrock, Kansas, AD – sassofono, armonica, flauto, percussioni, tastiere e voce), Starr ha dato il bentornato a Colin Hay (Men at Work, chitarra e voce) e il benvenuto a Graham Gouldman (10cc – basso, voce).
Ogni concerto di Ringo, quindi, è una grande festa tra amici prima ancora che un evento musicale. Sicuramente così è stato in occasione della sua prima data italiana, l’8 luglio al Lucca Summer Festival, e sostanzialmente in questo risiede la chiave di lettura dei suoi live.
Mentre i concerti di Paul McCartney sono incentrati sulla figura di un performer eccezionale che non fatica a riempire la setlist di successi scritti di proprio pugno, attingendo dal proprio repertorio solistico oltre che da quelli dei Beatles e dei Wings, Ringo gioca tutt’altre carte. Diversamente da quello che ci si potrebbe aspettare, il suo show non è un nostalgico revival di successi dei Fab Four (se ne sentono tre o quattro, dalla prima canzone scritta da Ringo, “Don't Pass Me By”, ai classici da lui interpretati “Yellow Submarine” e “With a Little Help From My Friends”, eseguita come gran finale), ma un concerto che, oltre a qualche brano solistico di Ringo, presenta tante cover di altri artisti, soprattutto di quelli che lo affiancano sul palco: le splendide “Rosanna” e “Hold the Line” dei Toto, “Down Under” e “Who Can It Be Now?” dei Men at Work, la mozzafiato “I’m Not In Love” dei 10cc, “Evil Ways”, “Black Magic Woman/ Gypsy Queen” e “Oye Como Va” nelle versioni di Santana e altri classici.
Da un punto di vista esecutivo, lo spettacolo poggia indubbiamente sulla backing band (a tratti Ringo esce addirittura di scena). Tutti i musicisti suonano e cantano davvero bene e ognuno porta egregiamente la sua storia sul palco. Dal momento in cui si palesa, però, non c’è dubbio sul fatto che il band leader sia soltanto uno. Eppure Ringo non è un frontman carismatico nel tradizionale senso del termine. Ciò che suscita è sicuramente più simpatia che fascino, ma pendevamo tutti dalle sue labbra in piazza Napoleone. In parte questo è dovuto alla sua incredibile capacità empatica e alla sua innata simpatia, che lo portano a comunicare tantissimo con il pubblico e a farlo ridere tanto (ma tanto davvero). E quando Ringo ripete «Peace & Love», intende sul serio! Will Hermes di Rolling Stone lo ha chiamato “Eternal-Optimist Emeritus” del rock e trovo che la definizione sia calzante. Inoltre, è un’icona che riflette ancora parte dell’incanto di un’epoca ormai lontana, in un periodo in cui se ne sente il bisogno. Ma, al contrario di quello che la stragrande maggioranza della gente continua a pensare, Ringo è un musicista e con uno stile inconfondibile. Non sono pochi i batteristi che lo reputano un riferimento (da Dave Grohl a Stewart Copeland a Gregg Bissonette, che è il suo side drummer) e sentirlo suonare è splendido.
Il concerto è unico perché presenta una formula vincente: una formazione che lascia avvicendarsi dei talenti di prima grandezza, una scaletta che cambia in base a chi sale sul palco ma che non presenta che grandi classici, l’opportunità di sentire leggende della musica suonare e cantare brani altrui e di vedere Ringo cantare, suonare e intrattenere il pubblico come solo Ringo sa fare.
Long live Sir Ringo and the All Starr Band!
Setlist Lucca:
Matchbox (Carl Perkins)
It Don't Come Easy (Ringo Starr)
Dreadlock Holiday (10cc)
Evil Ways (Willie Bobo)
Rosanna (Toto)
Down Under (Men at Work)
Boys (The Shirelles)
Don't Pass Me By (Beatles)
Yellow Submarine (Beatles)
I'm Not in Love (10cc)
Black Magic Woman (Peter Green)/ Gypsy Queen (Gábor Szabó)
You're Sixteen (Johnny Burnette)
Anthem (Ringo Starr)
Who Can It Be Now? (Men at Work)
The Things We Do for Love (10cc)
Oye Como Va (Tito Puente)
I Wanna Be Your Man (The Beatles)
Hold the Line (Toto)
Photograph (Ringo Starr)
Act Naturally (Buck Owens)
With a Little Help From My Friends (The Beatles) / Give Peace a Chance (Plastic Ono Band) |