Maurizio Solieri: " Troppo artisti per farci da manager"
di redazione [user #116] - pubblicato il 31 agosto 2018 ore 13:30
Nell'estate di 30 anni fa, Vasco è nel pieno del successo di "C'è chi Dice No", uscito l'anno prima.
Però, il pezzo che impazza tra radio e televisione, vero tormentone di quella stagione, è "Alzati La Gonna" della Steve Rogers Band, gruppo formato proprio dai musicisti di Vasco, capitanati dalla sei corde di Maurizio Solieri.
Inauguriamo gli appuntamenti con Maurizio Solieri festeggiando un compleanno importante, quello di "Alzati La Gonna". Successo discografico e tormentone estivo del 1988, fu il più popolare singolo della Steve Rogers Band. La band era stata formata da Vasco Rossi nel 1980 che voleva un gruppo di musicisti fidati che lo accompagnasse in studio e dal vivo.
"Alzati La Gonna" è il secondo disco della Steve Rogers Band che rinuncia anche all'apporto di Vasco come songwriter e confezionava un album pregevole.
Dopo anni di tour e incisioni con Vasco, i musicisti sono rodati e affiatatissimi: gli arrangiamenti sono freschi e suoni e playing il meglio di quanto si potesse, allora, ascoltare in ambito rock in Italia. Rispetto alla produzione di Vasco, in "Alzati la Gonna" si respirava un piglio più scanzonato e irriverente e, soprattutto la chitarra di Maurizio Solieri, si esprime più disinibita e irruenta. Nonostante "Alzati La Gonna" sia il pezzo più popolare, il vero capolavoro di quell'album rimane "Bambolina", una ballad equlibrata e perfetta in scrittura, suoni e arrangiamenti. Con la chitarra di Solieri che sfoggia il meglio del suo mondo sonoro e musicale.
A proposito della Steve Rogers Band, una delle domande che ci si fa più di frequente e perché non ci sia stato un seguito al grande successo di “Alzati La Gonna”. Era un gran disco e voi una grande band.
Eravamo troppo artisti per essere dei bravi manager di noi stessi...
Non avevate la consapevolezza del successo che vi stava investendo?
Quando è esplosa la popolarità della Steve Rogers Band sono iniziati i nostri tour, la promozione radiofonica, televisiva, avevamo le fan che ci seguivano, suonavamo la nostra musica, slegati da Vasco. Figurati se stavamo a pensare a contratti, diritti, edizioni…Non avevamo nemmeno gli strumenti per gestire quel tipo di faccende perché ci stavamo letteralmente inventando - formando sul campo - nel mondo musicale professionista. Nessuno di noi conosceva a priori, quel mondo, quel sistema.
Però avevate Guido Elmi, che si era staccato da Vasco per seguire voi come manager…
Sì, ma sai, Guido non era diverso da noi. Anche lui si era creato quel ruolo all’interno della situazione Vasco, Steve Rogers Band. ma era un ragazzo che si era laureato in Scienze Politiche e per un periodo aveva gestito un pub dove faceva panini…
Tutti noi siamo diventati professionisti piano, piano, negli anni. Io, Vasco, Massimo Riva (che tra l’altro aveva 10 anni meno di me) Mimmo Camporeale di SIAE, Diritti d’Autore non sapevamo nulla, non capivamo nulla. È stato un bagaglio di esperienze che abbiamo conquistato nel tempo, che io ho iniziato a capire dopo anni…
Quindi, da questo punto di vista, ti sei formato totalmente da solo?
Sì, mi sono fatto da solo. E Vasco uguale del resto. Lui veniva dal collegio, aveva fatto un po’ di università…ma nessuna formazione musicale autorevole. Ci siamo semplicemente incontrati, accomunati dalla passione per la musica a lavorare in una radio.
La tua famiglia ti supportava?
Vengo da una famiglia tradizionale, dove nessuno mi ha mai aiutato dal punto di vista musicale. Del resto appartenevo a una generazione i cui genitori avevano visto e fatto la guerra. Mio padre proveniva da una famiglia di contadini ma era diventato medico e questo faceva sì che a casa stessimo bene. Quindi, in quella mentalità, prendere una laurea, avere il famigerato pezzo di carta era il traguardo più ambito che un genitore potesse auspicarsi per il proprio figlio. Lo vedo nel confronto con il mio, che oggi ha 13 anni e suona la batteria. Da quando ne aveva cinque, lo osservavo al ristorante che con coltello e forchetta gioca sui piatti, facendo ritmi. Io da piccolo facevo lo stesso ma nessuno ha mai assecondato questa mia passione.
Per voi, quindi, c’era solo musica, nessuna strategia...
Per noi suonare era il massimo della vita: non pensavamo ai soldi, non ce ne fregava niente.
Io lo dico sempre: già agli inizi con Vasco, prima del successo, noi ci sentivamo come se fossimo stati i Rolling Stones.
Quando salivamo sul palco non ci preoccupavamo nemmeno di piacere al pubblico; volevamo piacere a noi stessi, tanto si amava quello che stavamo facendo.
Erano anni di gavetta pesante ma che si affrontava con il sorriso sulle labbra.
Davvero non pensavate al successo?
È questa la differenza con i ragazzi di adesso che vogliono il successo immediato. A noi non importava. Poi il successo con Vasco è arrivato, improvvisamente, e ci ha travolti. Ma fino ad allora noi si viveva quella gavetta - anche se dura - sempre entusiasti. Per noi non era qualcosa di accessorio alla popolarità. Eravamo felici di suonare. Ci facevamo tutte le Feste dell’Unità, dell’Avanti nelle zone di provincia di Modena, Ferrara, Bologna, Reggio…e salivamo sul palco euforici di poter suonare i nostri pezzi. Ci bastava quello. In quel periodo io sfoggiavo una testata e cassa Marshall e quasi me lo portavo a letto! Era già il massimo della vita!
E adesso?
Adesso se qualcuno vuole informarsi su cos'è un contratto discografico va su Google e trova tutto. Allora erano altri anni...