Come adattare le strade "vecchie" alle esigenze del traffico moderno. Il risultato: una PRS dal sapore "stratoide" di nome Silver Sky.
Ho deciso di scrivere questo articolo al fine di poter rilasciare un piccolo feeback per chi, magari, come me sta valutando o ha valutato l'acquisto di questa chitarra, ma anche per aver uno scambio di opinioni a confronto.
Finalmente, dopo otto mesi di attesa dalla presentazione ufficiale a Londra della nuova PRS Silver Sky, sabato ho ritirato questo gioiello con la fortuna di essere stato uno tra i primi 500 a ordinarla e avere la versione Limited Edition con Case commemorativo.
In questi mesi, nell'immaginarmi come sarebbe stato lo strumento, mi son imbattuto su Youtube nelle interviste ufficiali del chitarrista pluripremiato Grammy John Mayer, sulle motivazioni che lo hanno spinto a creare con PRS una chitarra del genere, oltre che a essermi appassionato alle varie linee di pensiero anche discordanti sul presente strumento.
Così a colpo d'occhio, appena ho abbracciato la chitarra, l'impressione che ho avuto è di aver in mano una Strat pre-CBS con tutte le specifiche di inizio anni '60 sfiorando al tatto una serie di raffinatezze modeste ma significative. In breve uno strumento dal sapore vintage filrato attraverso la visione estetica e moderna di Paul Reed Smith.
Personalmente ho deciso di lanciarmi sul modello color Tungsten, un po' in richiamo anche al nome Silver Sky o anche perché è la prima che ho visto in mano a Mayer. Sempre restando sulla parte estetica, il body e il suo effetto "3D" della spalla mancante inferiore tipico di PRS rilascia un effetto visivo appagante.
Non mi ha lasciato così sconvolto la paletta PRS, poiché di fatto è una PRS a tutti gli effetti e sin da subito si percepisce che non è semplicemente una Strat rimarchiata.
La vericiatura del body in ontano (leggerissimo) è ben fatta e vari dettagli si interpongono quasi naturalmente all'ergonomia del musicista. Si percepisce lo studio accurato di chi apporta modifiche non solo per creare uno strumento diverso bensì per renderlo più confacente e apprezzabile all'uso.
Il manico risulta scorrevole grazie alla verniciatura nitro e la tastiera p morbida grazie al palissandro indiano utilizzato. Va da sé per la parte di intarsio "small birds", tipico inlay by PRS. Nota cruciale sul manico, a mio avviso la più importante è la tecnica utilizzata del c.d. "Scarf Back", ovvero manico e paletta disposta in due sezioni finalizzate a creare un angolo. C'è chi lo considera un elemento discriminatorio quale tecnica utilizzata su modelli più economici, a mio avviso è una modalità di alta liuteria per mantenere maggior accordatura e intonazione senza l'ausilio dei tendi corda tipicamente presente sui cantini di alcune Strat.
In ogni modo, anche il radius 7.25" e il profilo del manico ricordano a tutti gli effetti le caratteristiche vintage di una Strat '63/64.
Eccoci finalmente a casa, pronti per l'utilizzo. Scaldo bene il mio Deluxe Reverb e la provo.
I pickup nella consigurazione SSS 635JM (acronimo che cela nella sua sigla il significato della chitarra, ovvero un mix tra le principali caratteristiche del '63/'64) mi ricordano i Big Dipper montati sulla Strat JM Signature, o più comunemente si avvicinano a dei Bottom Gray '65 un po' meno spessi dei CS '69 Custom Shop Strat. Insomma, come vengono definiti in gergo dagli specialisti, round and full.
Il suono è potente e rotondo, ma nel contempo dolce e non invasivo. Tra l'altro è facilmente saturabile giocando un po' con il volume: si avverte sin da subito il timbro dell'artista e soprattutto quel sound early '60.
Anche per la parte hardware le meccaniche sono precise al tatto, in stile vintage con impugnatura più moderna, così come il ponte in pieno stile vintage Strat. A tratti più preciso e marcato.
La regolazione di fabbrica è pressoché perfetta: anche dopo ore di utilizzo, lo strumento resta perfettamente accordato, l'intonazione sulla tastiera è pazzesca, la torsione al manico eccezzionale.
Tirando le somme in merito al setup: manico veloce, nessuna frittura di nessun genere sino al 22esimo tasto e single coil perfettamente settati in ordine alla distanza tra i medesimi e le corde, dando un ottimo attacco e sustain senza perdere in dinamica.
È piacevole, e non scontato, ritirare uno strumento perfettamente settato: non sempre mi è capitato anche su chitarre di fascia medio-alta.
Da ultimo, per curiosità, mi imbatto nel wiring dello strumento. Un po' stupito mi rendo conto che non si tratta dei classici cablaggi con cavi cerati e condendatori carta e olio, tipici generalmete degli strumenti Custom Shop. Tuttavia non ne resto deluso considerato nel compesso la modernità dello strumento.
Tracciando un verdetto finale personale, prendendo come benchmark altri marchi di chitarre della medesima fascia medio/altra di prezzo, ritengo sia uno strumento eccezionale e dignitosamente possa rientrare nel valore anche economico che gli viene attribuito. Non è una Strat (ci si accorge impugnandola, chiudendo gli occhi e sunandola, a ognuno la sua considerazione) e non è nemmeno la classica PRS a cui siamo abituati, con tutti i crismi del caso e le comuni prerogative che racchiude. È semplicemente, nella sua articolazione complessiva, qualcosa di nuovo. Non è una semplice Signature JM, bensì una chitarra frutto del mix tra il meglio del vintage e la praticità del moderno, la visione di un artista come John Mayer il quale ha saputo - grazie alla collaborazione con PRS, alla sua capacità, professionalità vocazione artistica e dedizione per la chitarra - creare un nuovo strumento veramente unico nel suo genere.
Non rilascio un voto in merito, il classico 4/5 per intenderci, ma una sensazione: la classica sensazione che ognuno di noi prova quando prende in mano uno strumento e si accorge di non voler smettere di suonare dicendo tra sé e sé "mi piace, ho fatto la scelta giusta". |