di redazione [user #116] - pubblicato il 22 gennaio 2019 ore 07:30
La Dinky in effetti non se n’era mai andata, ma la DK3 della serie PRO porta di nuovo al top le caratteristiche che hanno reso celebre la HSS con la paletta più affilata del mondo. Tre pick up Seymour Duncan e radius compound la rendono una vera macchina da corsa.
Le Dinky sono sempre state chitarre estreme, ma questa reincarnazione smussa un po’ il carattere aggressivo ma solo nel look. Il body di questa “metal monster” come la descrivono sul sito ufficiale, è realizzato in frassino, lasciato respirare dalla finitura natural, sottilissima, che ne mette in evidenza le venature.
Il manico avvitato con scarf joint e tre sole viti, per un’accessibilità eccezionale fino al 24esimo tasto. La tastiera in ebano ha un radius che va da 12 a 16 pollici. Sotto la tastiera in ebano troviamo un rinforzo in grafite e, al tacco, la comoda rotella per regolare il trus rod.
Incastonati alla perfezione nel legno troviamo un terzetto di pick up Seimour Duncan, per la precisione un TB4 e due SSL6.
Il ponte è un Floyd Rose, immancabile su uno strumento del genere. Il sistema double locking è settato alla perfezione, così come l’action rasoterra, per uno strumento, già performante appena estratto dalla dalla scatola.
La DK3 è uno strumento che mette subito a proprio agio. Leggero e ben bilanciato, si fa apprezzare fin da subito per il manico sottile, ma con un profilo abbastanza arrotondato. Da velocisti si, ma con abbastanza sostanza da mettere sotto le dita.
L’ebano sotto le dita regala un’ottima sensazione di scorrevolezza e il radius compound unito all’ottimo setup di fabbrica rendono la DK3 uno strumento performante già appena estratto dalla scatola. Ottima anche la finitura del manico che lascia una piacevole sensazione di legno.
La Jackson è un “metal monster” e non lascia dubbi fin da subito. I tre magneti sono potenti quanto basta per mettere subito in crisi la cristallinità dei puliti del Fractal per spostarsi subito verso il crunch. Nonostante la voglia di correre subito verso distorsioni esagerate, è proprio sul crunch, sui suoni non troppo distorti, che la DK3 stupisce.
Anche se la vocazione sarebbe quella di metallara cattiva, quando ci si lancia in fraseggi più fusion ci si trova subito a proprio agio. È questa la sua vera anima. Quando però si abbandona il singolo al manico per passare all’hambucker al ponte la situazione si fa ben più calorosa.
Il TB4 lo conosciamo davvero bene. Il suo timbro carico di basse ma sufficientemente spinto come output da ottenere il massimo anche quando la manopola del gain è solo poco oltre la metà. Con un sacco di sustain è il supporto perfetto anche negli assolo e quando si ha bisogno anche di note infinitamente lunghe con la giusta pacca.
Con un prezzo che si aggira intorno ali 800€ la DK3 Pro è uno strumento con tutte le carte in regola per essere messo nelle mani di un professionista. Una metal machine, che sa il fatto suo anche quando non ci si muove in territori prettamente metallari.