di redazione [user #116] - pubblicato il 15 febbraio 2019 ore 11:30
Jackson propone da sempre strumenti dall’attitudine metal e con la Monarkh non è da meno. Una single cut con la paletta tagliente, i pick up cattivi e il ponte fisso, perfetta per tutto ciò che è estremo.
La Monarkh è una chitarra senza compromessi. Il body single cut in mogano con top in acero marezzato, ospita il set-in neck in un unico pezzo di acero dal profilo slim. Rinforzato con barre in grafite nascosti dalla tastiera a 22 tasti in ebano con radius compound da 12’’ a 16’’.
Grazie alle barre di rinforzo al manico è garantita una stabilità estrema, in grado di resistere alle variazioni di temperatura e umidità senza battere ciglio. Le meccaniche autobloccanti 3+3 sono realizzate da Jackson e danno subito l’impressione di essere stabili e precise.
La colorazione alien burst si sposa alla perfezione con i segnatasti Ghostfin, una sorta di dente di squalo in trasparenza, realizzati in madreperla bianca.
Il ponte di tipo tune-o-matic completa con la giusta solidità l’hardware di questa chitarra che, non lo nasconde, fa del metal il suo territorio di caccia abituale.
L’elettronica è affidata a Seymour Duncan. Nello specifico sulla Monarkh vengono montati un JB e un ’59, un’accoppiata che sa dire il fatto suo anche quando il gain supera la soglia di guardia.
Lo strumento non è particolarmente leggero. Il mogano e l’acero insieme si fanno sentire, ma è comodo da imbracciare. Lo scasso al manico permette di arrivare fino al 22esimo tasto con facilità e il profilo sottile non affatica. La scala da 24,75’’ rende le 0.010 montate di serie belle morbide e, complice l’action molto bassa, anche quasi troppo morbide. Si potrebbe passare tranquillamente a una scalatura superiore senza problemi.
Sulle prime bisogna abituarsi ai tre potenziometri, due per volume e uno per il tono, messi un po’ lontani rispetto a dove li si cercherebbe, ma basta farci un po’ l’abitudine.
Il sound clean della SCQ è quello che conosciamo bene. Nonostante l’aspetto aggressivo e la verniciatura marziana, sa essere gentile, ma senza mai diventare fredda, pecca che spesso si riscontra in strumenti metallari.
Se si alza il gain non si tira indietro. I due Seymour Duncan, con la buona dose di output che si ritrovano fanno il loro dovere. Collegata a un Fractal non fatica a diventare in un attimo perfetta per il djent. Il sound preciso con molto attacco è perfetto nelle ritmiche, ma sa farsi falere anche quando si accende il delay e ci si lancia in un bell’assolo.
Con un prezzo che si aggira intorno ai 900 euro la Monarkh risulta avere un ottimo rapporto q/p. È realizzata con cura, assemblata con buoni materiali e, nonostante l’aspetto da cattiva, sa essere una chitarra versatile e pronta a tutto.