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Alessandro Rossi: è la musica che vince sempre!
Alessandro Rossi: è la musica che vince sempre!
di [user #116] - pubblicato il

Abbiamo raggiunto presso gli studi di Bode a Milano Alessandro Rossi per un'intervista riguardo il suo setup, ma soprattutto riguardo gli Em4ncipation, il quartetto in cui Alessandro è affiancato da Andrea Lombardini al basso, Massimo Imperatore alla chitarra e Massimiliano Milesi al saxofono.
Alessandro Rossi è un giovane batterista molto talentuoso, considerato tra i più eclettici dell'attuale scena jazz italiana. Con il suo quartetto Em4ncipation ha pubblicato il suo secondo album. Proprio in occasione dell'uscita di questo LP lo abbiamo intervistato per farci raccontare qualche news sul nuovo lavoro in studio, che trovate nel video e qualche dettaglio sul suo modo di vedere la batteria e la musica. 

Come scegli il tuo set? È sempre lo stesso o lo plasmi di volta in volta in base alla situazione?
Non ho un set sempre uguale, lo adatto alle situazioni. Non uso sempre un set regolare soprattutto per quanto riguarda i piatti. Se suono in un conteso jazz tradizionale uso piatti adatti alla situazione, tendenzialmente raid, a volte piccoli quindi da venti entrambi. Se suonoin  piano trio o quartetto acustico con contrabbasso dove ho anche bisogno di suoni abbastanza facili da controllare oppure ogni tanto da quel tipo di set mi piace mettere un suono che esca fuori quindi un piatto bucato oppure gli stack piatti uno sopra l'altro. Nei contesti più elettrici, con basso e chitarra elettica dove magari uso dell'elettronica, oso un po' di più e quindi metto anche piatti con un volume più impegnativo, stack tantissimi, o due charleston messi uno uno a destra e uno a sinistra completamente open in modo che anche all'ascolto risulti questo gioco di pan, di stereo. Per quanto riguarda i fusti tendezialmente prediligo misure grosse. Cassa da 20, e tom 12, 16 per quando suono in contesti elettrici più moderni. Opto invece per il classico jazz kit casse da 18, 12, 14  nei contesti più ridotti dove necessito che la batteria sia più un elemento melodico. Queste le due dimensioni. In entambi i casi mi piace lavorare su set preparati utilizzare i vari piattini, splash, gong, oggettini che metto sopra i tamburi sopra i piatti. Cerco di stupirmi creando sonorità alternative e/o emulando suoni elettronici con degli aggeggi in modo che il discorso della batteria preparata sia più interessante.

Alessandro Rossi: è la musica che vince sempre!

Tendenzialmente li uso dove metto suoni abbastanza convenzionali e cerco di creare il mix senza che l'elettronica sia invasiva ma cerco di usarla come un colore. Crearsi il proprio kit di strumenti extra fa in modo che ovunque vada tu abbia il tuo suono particolare, io negli anni ho codificato ua serie di strumentini che faccio girare o cambio e questo fa si che tu sia sicuro che ovunque andrai ti adatterai, anche nelle situazioni dove la batteria a disposizione non è proprio eccezionale. A volte non hai la tua batteria e quindi avere strumentini extra aiuta.



Ci racconti qualcosa riguardo l'accordatura? E' uno dei grandi misteri della batteria...
È un mistero che prima o poi deve essere sfatato perchè poi ognuno ci arriva all'accordatura. Anche per l'accordatura mi adatto alla situazione. Mi piace averne una medium-low ma anche averla molto tirata mi diverte nel contesto jazz proprio per utilizzare i fusti come fossero una nota. Uso una quarta o una quinta tra un tom e un timpano, quasi sempre uso un tom e un timpano e utilizzo queste due accordature. Se posso scegliere uso una accordatura più scura che per me è più interessante. Dipende da quello che suoni, credo che la musica detta ad ogni musicista quello che deve fare ma questo mediato dal buon gusto. Ci sono batteristi jazz che suonano con batterie molto scordate.
È un percorso l'accordatura in una batteria, strumento non intonato, è una cosa delicata che a volte devi adattare anche al luogo in cui suoni. Ci sono accordature che in un posto ti funzionano e in un altro no. Bisogna essere attenti e sperimentare ma si possono creare delle strade diverse con lo stesso strumento ma con diverse accordature.
Tendenzialmente le pelli sono un po' la chiave dell'accodatura quando il set apparentemente non suona allora basta dare un giro sotto quindi bisogna stare attenti. Io uso pelli Evans e mi trovo bene perchè ho una serie di pelli che cambio in base a quello che devo fare e non mi sono mai trovato nella situazione di dire “adesso non ne esco fuori” perché la scelta è ampia. Dipende un po' da cosa bisogna fare, dipende dalla musica questo è il segreto, bisogna utilizzare l'orecchio sempre e mai imporre troppo una visione perché se è fuori luogo non funziona, è la musica che vince sempre.




Il rapporto tra basso e batteria è molto importante, raccontaci il tuo...
Il rapporto tra basso e batteria è stato da sempre una sorta di sodalizio che ha fatto storia e ci sono delle sezioni ritmiche che sono perfette. Come tutti i batteristi quando trovo un bassista che mi va a genio è bellissimo. La sensazione è quella di guidare una macchina senza marce, non devi fare fatica, va tutto liscio. Quando trovi un bassista con cui non riesci ad andare d'accordo dal punto di vista musicale, perché banalmente non si hanno gli stessi ascolti o non si sente il tempo alla stessa maniera si fa un po' a botte. Magari sono entrambi musicisti fantastici, ma spesso non basta. Nel mio caso ultimamente mi sono legato musicalmente a Lombardini con cui lavoro molto bene sia sul palco che fuori. Abbiamo molti ascolti in comune, una comune visione della musica e lo stesso modo di vedere il comping, sia dal punto di vista dell'improvvisazione che della composizione. 
Credo sia molto interessante perseverare con una "coppia ritmica" perché quando si trova il bassista giusto e viceversa bisogna andare ad esplorare tutti gli ambiti in cui si riesce a suonare. Quando si parla e si pensa allo stesso modo la musica ne giova e anche i musicisti con cui andrai a suonare se ne accorgeranno. Auguro quindi a tutti i batteristi di trovar eil bassista giusto, perché è una cosa davvero importante!

Parlaci della tua esperienza come batterista leader di un jazz quartet..
Mi piaceva l'idea di scrivere musica per mettere in pratica un gusto mio personale del jazz. Ho messo insieme vari ascolti, influenzati da diverse esperienze, allo stesso modo ho cercato così nella lista di musicisti con cui ho suonato per trovare quelli giusti. Prima di tutto ho scelto il bassista, poi ho completato la sezione con il chitarrista e infine il solista al sassofono. Ho portato io la musica per primo, ma essere il leader di un progetto vuol dire si creare un repertorio ma non vuol dire che i componenti siano esenti dall'arrangiare e comporre. Nel mio caso è stato bello condividere e ricevere critiche positive o osservazioni sempre in maniera costruttiva. Essere leader ha anche altri problemi. Tu diventi il parafulmine di tutte le cose, ti devi esporre e magari compensare anche a spese extra che si presentano. Essere il leader quindi ha due facce, ricevi più attenzioni, sei più coinvolto, ma dall'altra parte ci devi mettere la faccia in prima persona. La ritengo un'epserienza inevitabile per un musicista. Chiunque si senta pronto a dire la sua deve provare a essere il leader di una band. E una cosa bella, formativa, che ti fa crescere. Migliori anche il tuo lavoro futuro da sideman perché apprezzi di più le cose, capisci il ruolo del "capo" e capisci come e perché agisce in una certa maniera.

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alessandro rossi andrea lombardini bode em4ncipation evans
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