Il suo indie rock, contaminato da un sound elettro-pop, è spesso in contrasto con le tendenze del panorama chitarristico moderno, in cui si è ormai costantemente alla ricerca della tecnica perfetta; il playing di St. Vincent è infatti ricco di dissonanze, bending stonati e riff volutamente sporchi e imprecisi.
L’album che secondo me rappresenta al meglio la cantautrice è Actor, pubblicato nel 2009. Caratterizzato da arrangiamenti orchestrali e fiabeschi, che si alternano e si fondono a suoni estremamente assordanti e caotici, il disco permette di cogliere tutte le sue contrastanti sonorità. Esemplare è il brano “The strangers”, il cui preludio ricorda un mondo magico delle fiabe. Non bisogna però lasciarsi ingannare dalla sua dolcezza, perché nel bridge l’arrangiamento pacifico si unirà a una chitarra aggressiva satura di fuzz.
Eclatante è la canzone “Black rainbow”: un unico crescendo estremizzato, il cui finale trasmette ansia e inquietudine. Se siete curiosi, consiglio l’ascolto del brano “Marrow” per trovare il massimo caos presente in quest’album (minuto 2:10).
Addentriamoci ulteriormente nel playing della chitarrista statunitense analizzando alcuni suoi fraseggi. Ognuno di questi ha un carattere unico.La particolarità sarà dovuta principalmente alla scelta degli effetti e alle tecniche utilizzate.
Il primo riff è l’introduzione di “Just the same but brand new” dall’album Actor. È costituito da un piacevole arpeggio di Emaj7 (E, G#, B, D#) e di F# (F#, A#. C#). Ne deriva la tonalità E lidio (E F# G# A# B C# D#). La tecnica del fingerstyle unita a quella del tapping rende la breve cascata di note morbida e fluida. Lo schema delle pizzicate consigliato è T I T M (thumb, index, thumb, middle finger), in italiano PIPM (pollice, indice, pollice, medio), seguito da un tapping sulla corda di B.
Gli effetti d’ambiente scelti da Annie creano una coda ben presente che lega ancor di più la melodia. Al suono clean è necessarioaggiungere molto riverbero simil shimmer e un delay, entrambi con un volume presente.
Più saturo è il riff del ritornello di “Cruel” da Strange Mercy. Si sviluppa sulla scala pentatonica maggiore di F# (F# G# A# C# D#). Seppur all’ascolto è molto orecchiabile, non è così semplice come sembra. La ritmica è singolare, in quanto gli attacchi delle varie frasi non sono mai in battere, bensì sempre in levare; questo dona alla melodia un buon groove. Anche in questo caso non viene utilizzato il plettro, ma il pollice e l’indice della mano destra. La difficoltà sta nel non creare dei ring together quando si salta da una corda all’altra. Il timbro è dato da un fuzz piuttosto saturo, tipico del sound di St Vincent, e da un octaver che aggiunge l’ottava bassa e alta. St Vincent, mentre suona spensierata questo riff, canta il ritornello. La melodia della voce è semplice, ma ritmicamente diversa dalla chitarra. Una sfida è provare a canticchiare il ritornello mentre si suona: si noterà che non è per nulla facile.
Ecco che la stravaganza di Annie prende il volo nel solo finale di “Rattlesnake”, brano dell’album St Vincent. Come spesso accade nei suoi fraseggi, l’assolo viene suonato interamente su una corda, in questo caso la corda di G lungo la scala di Bb misolidio (Bb C D Eb F G Ab).
Per avere un risultato simile alla chitarrista, la mano sinistra dovrebbe utilizzare solamente un dito eccetto che per i bending finali, così da eseguire tantissimi slide consecutivi, che lei durante le performance live spesso esaspera ed esegue intenzionalmente male per rendere la melodia più dissonante. Può risultare complesso terminare gli slide nei tasti giusti; in realtà non si vuole cercare la perfezione, più l’intensità dell’esecuzione. Sono presenti inoltre dei vibrati e dei bending da suonare con convinzione. Per ricreare il suono noisy di Annie sono indispensabili un compressore, un fuzz e un octaver.
In conclusione credo che St. Vincent sia un’artista molto amata, ma in parte anche incompresa. La prima volta che ho avuto il piacere di ascoltarla è stata in un’intervista di Matt Sweeney.Personalmente ho scoperto un nuovo approccio allo strumento, che non avevo mai visto prima. Annie riesce ad esprimersi suonando d’istinto, in modo grezzo, dando poca importanza alla precisione tecnica, affidandosi più all’effetto sonoro desiderato.
Ci sprona a tentare di uscire dagli schemi seguendo la propria voce, il proprio gusto e a suonare con animo, indipendentemente dalle nostre capacità che possono essere sviluppate in base a ciò che nascerà.
Questa lezione ci ha permesso di scoprire e conoscere una giovane e brillante chitarrista, Chiara Carcano. Versatile e preparata Chiara è un musicista che ci auguriamo di rileggere presto tra queste pagine. (Gianni Rojatti) |