È proprio così: il singolo postumo dei Beatles - tanto atteso dai fan e tanto discusso dalla critica - già non mi entusiasmava al primo ascolto e ora, a distanza di un mese buono dal lancio, posso dire che mi annoia ai livelli dell’ennesimo tormentone.
Quando si cercano di introdurre i Beatles alle nuove generazioni, la premessa che va per la maggiore è “devi contestualizzarli”.
I quattro di Liverpool sono stati un fenomeno di costume gigantesco, ma hanno soprattutto il merito di aver fatto da traino a tutta una serie di innovazioni stilistiche e tecnologiche su cui ancora oggi tantissimi artisti continuano a marciare.
La fusione tra sintetizzatori e strumenti da banda, sperimentazioni multitraccia, sovraincisioni, nastri mandati avanti e indietro, strapazzati per creare effetti prima di allora impensabili. E poi ancora le contaminazioni orientali, il modo unico che Ringo Starr ha avuto di scandire il tempo (i suoi groove su “Come Together” e “Tomorrow Never Knows” sono semplicemente visionari), fino a trovate di produzione folli come il mantra interrotto di colpo in “I Want You (She’s So Heavy)”.
È tutta roba bella da ascoltare di per sé, nulla da eccepire, ma che diventa stellare solo se si ragiona sul momento storico in cui è nata.
Persino l’aggressivissima “Helter Skelter”, rivoluzionaria alla sua comparsa, oggi si perderebbe nel mucchio di canzoni rock neanche chissà quanto violente, tutto sommato.
E qui veniamo a “Now And Then”.
Il brano, ultimo singolo dei Beatles presentato il 2 novembre 2023, ha fatto discutere a lungo.
Nasce come un esperimento stimolante per gli appassionati di tecnologie e si porta dietro una storia affascinante per qualsiasi fan.
Tutto parte da una cassetta demo che John Lennon incise nel 1977, con solo voce e pianoforte. Dopo la sua morte, il nastro - che riportava l’etichetta “per Paul” - fu recapitato a McCartney nel 1994. Subito l’idea fu di portare il lavoro a termine, sfruttando l’incisione originale nel prodotto finito. Si arrivò anche a ottenere le parti di chitarra e un assolo di George Harrison, ma il progetto non vide mai compimento. I diretti interessati spiegheranno che le tecnologie non erano ancora a un livello tale da permettere di recuperare l’audio originale in maniera decente.
Bisogna attendere il 2022 perché, grazie ai software basati su Intelligenza Artificiale, la voce di Lennon possa essere estratta in maniera eccellente, al punto da tornare a sedere in una produzione tutta nuova, un singolo la cui gestazione è durata quasi mezzo secolo.
È una storia da film e gli appassionati hanno atteso con trepidazione l’uscita del nuovo singolo. Anche le radio hanno dimostrato enorme interesse, tanto da mandarlo immediatamente in onda, tutte. E poi di nuovo, e ancora. L’effetto, però - almeno su chi scrive queste righe - non è affatto quello aspettato: non ho l’impressione di riascoltare un grande classico di quattro geni, come accade ogni volta che un vecchio successo dei Beatles passa in radio, bensì una canzone un po’ datata senza alcuna scintilla. E, passata l’emozione iniziale, mi annoia terribilmente.
Non c’è che dire, è stimolante l’applicazione per l’isolamento e trattamento di tracce audio sfruttando la potenza delle Intelligenze Artificiali. Non che siano stati i primi a fare uso delle AI, ma dimostra un interesse ancora vivo da parte dei Beatles verso le nuove tecnologie.
Al netto di ciò, resta un brano bello ma già vecchio di qualche decade, in cui è fin troppo facile leggere un’operazione nostalgia grossa quanto una casa. |