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Il mio parco dei divertimenti
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di RobertRoger [user #10461] - pubblicato il 09 dicembre 2007 ore 11:25
Verso i 16 anni formai la mia prima band. Bei tempi. Era un modo di approcciarsi alla musica più scanzonato, il cui scopo era quello di divertirsi per qualche oretta, e basta. E ci si divertiva.Il problema maggiore però per un gruppetto di adolescenti imberbi, era la motorizzazione. La patente non ce l'aveva nessuno, quando ci andava di lusso in sala prova ci accompagnava la sorella carina del bassista (in 5 sul Pandino con gli strumenti, grazie ancora Serena...) ma per lo più ci si affidava ai trasporti urbani o ai piedi.A causa di ciò, non solo il recarsi in sala prova, ma anche operazioni ora semplici come acquistare strumentazione, corde, cavi, plettri e quant'altro, diventavano per noi adolescenti non motorizzati delle imprese semi-titaniche che richiedevano pomeriggi interi, per cui andavano coordinate con la massima cura tattica.Immaginatevi quindi la nostra grande soddisfazione e sopresa quando un giorno, per caso, scoprimmo che avevano aperto un negozietto di strumenti a due isolati da casa mia.L'ho chiamato negozietto, ma non rende l'idea. Prima mi pare ci fosse un barbiere, per cui immaginatevi le dimensioni. Ma era lì, e c'era tutto quallo che poteva servirci, finalmente a portata di scarpe.Entrammo tutti e quattro, io e i miei amici, per esplorarlo la prima volta. Il proprietario era il Signor R., un uomo di mezza età, tranquillo, sorridente, aveva quall'aria di chi non ti ha mai visto prima ma ti stava aspettando per mettere su il caffè.Noi, 4 ragazzini dalle mani unte, abituati come eravamo a farci trattare a calci nel culo un po' da tutti ma dai negozianti in particolare, timidamente gli chiedemmo se potevamo dare un' occhiata veloce alla mercanzia. Ci rispose in una maniera che mai avevamo sentito dirci, e che mai ci saremmo aspettati. Ci disse "Fate, toccate, provate tutto quello che volete. Rimanete pure quanto vi pare".
Dopo quell'attimo di smarrimento in cui cercavamo di capire se avevamo sentito bene, cominciammo a fare, toccare e provare tutto quello che aveva in negozio. Ma proprio tutto tutto, no limits. Esempio "Mi piacerebbe tanto provare la SG in vetrina (Gibson, non di qualche sottomarca ignota)" Rispondeva "e che aspetti a prenderla?" E via così tutto il giorno, e andammo avanti così praticamente per tutta un estate. Un giorno ero rimasto in negozio con lui, approfittando di un attimo che non c'era gente glielo chiesi.
"Signor R. , ma perchè ci lascia fare tutto ciò, tutti i giorni? Non le rompiamo i coglioni?"
Rispose: "No, preferisco che stiate qua dentro a divertirvi piuttosto che im mezzo alla strada a fare gli imbecilli".Sul momento presi atto di quello che disse senza farci troppo caso, ma solo ora capisco bene cosa il Signor R. ha fatto.Il Signor R. ci aveva inquadrato subito, quando entrammo per la prima volta nel suo negozio.
Avere 16 anni, d'estate, significa cominciare a giracchiare per il quartiere, a stare un po fuori di casa, magari ti metti per la prima volta una sigaretta in bocca... Il quartiere dove vivevamo non era il Bronx, ma neanche il più esclusivo e tranquillo della mia città. Il Signor R. senza che noi lo sapessimo, ci aveva regalato un posto solo per noi, un parco divertimenti a circolo chiuso.
Un posto dove, a parte un graffietto quà e una corda che salta là, non potevamo combinare cazzate.Quell'estate finì. a Novembre finì anche il gruppo, col freddo passa la voglia, poi c'era la scuola...
Crescendo, con la patente in mano, cominciai a frequentare sempre meno il negozio del Signor R., ma ogni tanto gli facevo visita per salutarlo e fare due chiacchiere. Poi un giorno, passavo di lì in macchina, vidi che aveva chiuso. Ora c'è un ennesimo centro di telefonini...Un giorno avrò dei figli. Ho già programmato che a prescindere dal sesso, appena saranno in grado di reggersi sulle gambe gli metterò una chitarra a tracolla. Solo che loro putroppo quando avrenno 16 anni, non avranno la fortuna che ho avuto io di conoscere il Signor R.
Li porterò in sala prova con me, ho deciso. E se mi chiederanno il perchè lo faccio, gli rispondero con le stesse parole che il Signor R. mi ha insegnato quel pomeriggio 10 anni fa.
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Verso i 16 anni formai la mia prima band. Bei tempi. Era un modo di approcciarsi alla musica più scanzonato, il cui scopo era quello di divertirsi per qualche oretta, e basta. E ci si divertiva. Il problema maggiore però per un gruppetto di adolescenti imberbi, era la motorizzazione. La patente non ce l'aveva nessuno, quando ci andava di lusso in sala prova ci accompagnava la sorella carina del bassista (in 5 sul Pandino con gli strumenti, grazie ancora Serena...) ma per lo più ci si affidava ai trasporti urbani o ai piedi. A causa di ciò, non solo il recarsi in sala prova, ma anche operazioni ora semplici come acquistare strumentazione, corde, cavi, plettri e quant'altro, diventavano per noi adolescenti non motorizzati delle imprese semi-titaniche che richiedevano pomeriggi interi, per cui andavano coordinate con la massima cura tattica. Immaginatevi quindi la nostra grande soddisfazione e sopresa quando un giorno, per caso, scoprimmo che avevano aperto un negozietto di strumenti a due isolati da casa mia. L'ho chiamato negozietto, ma non rende l'idea. Prima mi pare ci fosse un barbiere, per cui immaginatevi le dimensioni. Ma era lì, e c'era tutto quallo che poteva servirci, finalmente a portata di scarpe. Entrammo tutti e quattro, io e i miei amici, per esplorarlo la prima volta. Il proprietario era il Signor R., un uomo di mezza età, tranquillo, sorridente, aveva quall'aria di chi non ti ha mai visto prima ma ti stava aspettando per mettere su il caffè. Noi, 4 ragazzini dalle mani unte, abituati come eravamo a farci trattare a calci nel culo un po' da tutti ma dai negozianti in particolare, timidamente gli chiedemmo se potevamo dare un' occhiata veloce alla mercanzia. Ci rispose in una maniera che mai avevamo sentito dirci, e che mai ci saremmo aspettati. Ci disse "Fate, toccate, provate tutto quello che volete. Rimanete pure quanto vi pare".
Dopo quell'attimo di smarrimento in cui cercavamo di capire se avevamo sentito bene, cominciammo a fare, toccare e provare tutto quello che aveva in negozio. Ma proprio tutto tutto, no limits. Esempio "Mi piacerebbe tanto provare la SG in vetrina (Gibson, non di qualche sottomarca ignota)" Rispondeva "e che aspetti a prenderla?" E via così tutto il giorno, e andammo avanti così praticamente per tutta un estate. Un giorno ero rimasto in negozio con lui, approfittando di un attimo che non c'era gente glielo chiesi.
"Signor R. , ma perchè ci lascia fare tutto ciò, tutti i giorni? Non le rompiamo i coglioni?"
Rispose: "No, preferisco che stiate qua dentro a divertirvi piuttosto che im mezzo alla strada a fare gli imbecilli". Sul momento presi atto di quello che disse senza farci troppo caso, ma solo ora capisco bene cosa il Signor R. ha fatto. Il Signor R. ci aveva inquadrato subito, quando entrammo per la prima volta nel suo negozio.
Avere 16 anni, d'estate, significa cominciare a giracchiare per il quartiere, a stare un po fuori di casa, magari ti metti per la prima volta una sigaretta in bocca... Il quartiere dove vivevamo non era il Bronx, ma neanche il più esclusivo e tranquillo della mia città. Il Signor R. senza che noi lo sapessimo, ci aveva regalato un posto solo per noi, un parco divertimenti a circolo chiuso.
Un posto dove, a parte un graffietto quà e una corda che salta là, non potevamo combinare cazzate. Quell'estate finì. a Novembre finì anche il gruppo, col freddo passa la voglia, poi c'era la scuola...
Crescendo, con la patente in mano, cominciai a frequentare sempre meno il negozio del Signor R., ma ogni tanto gli facevo visita per salutarlo e fare due chiacchiere. Poi un giorno, passavo di lì in macchina, vidi che aveva chiuso. Ora c'è un ennesimo centro di telefonini... Un giorno avrò dei figli. Ho già programmato che a prescindere dal sesso, appena saranno in grado di reggersi sulle gambe gli metterò una chitarra a tracolla. Solo che loro putroppo quando avrenno 16 anni, non avranno la fortuna che ho avuto io di conoscere il Signor R.
Li porterò in sala prova con me, ho deciso. E se mi chiederanno il perchè lo faccio, gli rispondero con le stesse parole che il Signor R. mi ha insegnato quel pomeriggio 10 anni fa. |
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