L'Uni-Vibe Shin Ei è uno degli effetti che hanno reso leggendari brani come "Breathe" e "Machine Gun". Nato per emulare l'effetto Doppler dei Leslie per organo, è finito per diventare un effetto unico a sua volta.
, abbiamo voluto approfondire la conoscenza del più vecchio Uni-Vibe nato negli anni '60 e dalle dimensioni ben più generose dell’attuale. Chi meglio dei due genialoidi di potevano raccontarci i segreti che si nascondo nel grosso case di metallo?
Scrivono Emanuele e Andrea di Tefi Vintage Lab: tra i tanti effetti a pedale storici revisionati, abbiamo avuto solo due occasioni per mettere le mani su questo raro gioiellino elettronico.L'Uni-Vibe è nato per simulare l'effetto caratteristico degli amplificatori rotativi prodotti da Leslie: si sfrutta l'effetto Doppler che si crea ascoltando una sorgente in movimento avendo l'illusione che la frequenza emessa cambi durante il moto. Per comprendere meglio, il tipico esempio è quello della sirena dell'ambulanza la cui tonalità viene percepita diversamente in dipendenza della distanza relativa sorgente in movimento-uditore. Essendo di natura puramente fisica, l'effetto Doppler ancora oggi è difficilissimo da riprodurre fedelmente senza l'ausilio di strategie meccaniche. Il tentativo di Shin-Ei fu quello di emulare le potenzialità del pesantissimo amplificatore Leslie con una scatolina a portata di mano.
L'audace esperimento di emulazione non fu dei più brillanti, ma mise comunque l'Uni-Vibe sul piedistallo degli effetti più innovativi.
Se analizziamo lo schema, notiamo che il cuore è rappresentato dai quattro stadi sfasatori passatutto con ingressi a bootstrap. Ognuna delle celle, però, è dimensionata per una diversa frequenza centrale di sfasamento. Quest'ultimo piccolo particolare è in realtà quello che differenzia l'Uni-Vibe dai comuni Phaser che tipicamente usano stadi tutti uguali e ognuno ha la stessa frequenza di sfasamento (sempre se il relativo VCR a FET che lo governa ha tolleranze ragionevolmente simili).
Nell'Uni-Vibe, inoltre, i VCR sono realizzati con quattro fotoresistenze controllate simultaneamente dall'accensione di una lampadina al centro, pilotata da un oscillatore sinusoidale.
Il concetto di base dell'effetto è relativamente semplice, ma bisogna considerare anche fenomeni che ne arricchiscono il funzionamento. Per esempio l'inerzia ottica della lampadina in parte contribuisce al risultato sonoro, sopratutto alle alte velocità. Infine, il segnale sfasato viene poi sommato in due rapporti diversi con il segnale Dry e, a seconda di quanto prevalga l'uno sull'altro (deviatore), scegli se privilegiare il "vibrato" o il "chorus".
Purtroppo non abbiamo avuto ancora occasione per provare il moderno MXR JHM3 Jimi Hendrix. Non vogliamo emetter sentenze anticipate ma, avendo visto le dimensioni ridotte di questo modello, ci aspettiamo una realizzazione di diverso concetto dalla clonazione componente per componente. Crediamo che in questo caso più che di "clonazione" bisogna parlare di "emulazione": un emulatore di organo Hammond può esser realizzato con molteplici soluzioni circuitali/software ma non darà mai la sensazione di suonare un vero Hammond. Stessa cosa per L'Uni-Vibe: se non è fatto con quel circuito, non suonerà mai come un Uni-Vibe, ma ciò non toglie che si possano ottenere comunque risultati interessanti, seppur differenti dal suono originale.